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Di mammografie, diagnosi precoce, e delle insopportabili uscite di Grillo

Ci ho pensato molto, prima di scrivere questo post sulla pessima uscita di Grillo contro Veronesi e contro l’eccesso di prescrizioni di mammografie che, secondo il nuovo genio comico dell’oncologia italiana, non servono, se non per biechi interessi, in particolare di Veronesi.  Poi, per metterci una pezza, ha dichiarato che non intendeva dire che la mammografia non serve, ma che può dare falsi risultati positivi inutilmente allarmanti, e che ce l’aveva con chi pensa che fare la mammografia previene il cancro al seno. Ah sì? C’è qualcuno che pensa questo?

Dunque, sì, ‘sto post lo devo proprio scrivere, anche se ovviamente ci sono state già tante repliche, come questa http://www.wired.it/scienza/medicina/2015/05/11/grillo-efficacia-mammografia-tumore-seno/, a cui volentieri rimando per approfondire gli aspetti più propriamente scientifici.

Il fatto è che bisogna sempre fare chiarezza su questo tema, perché stiamo parlando di cose serie, di messaggi che non devono proprio passare, di cialtronerie che un uomo pubblico non può permettersi di comunicare.

Prima di tutto, signor Grillo, credo che nessuna donna che si sottopone a mammografia possa credere che in questo modo eviterà di avere il cancro. E nessuno ci ha mai indotte a pensare questo. Caso mai è esattamente l’opposto. La mammografia serve a scoprire se si ha un tumore, anche in fase iniziale, quando altri strumenti diagnostici meno invasivi come l’ecografia, o la semplice palpazione, possono non essere sufficienti a individuare un piccolissimo maledettissimo nodulo. Scoprire questo significa fare diagnosi precoce, quindi aumentare enormemente la possibilità di curare il cancro e guarire.

Ma so che a Grillo questa storia degli screening oncologici proprio non va giù, infatti anni fa ho pescato nel programma del M5S questa roba qui: “Informare sulla prevenzione primaria (alimentazione sana, attività fisica, astensione dal fumo) e sui limiti della prevenzione secondaria (screening, diagnosi precoce, medicina predittiva), ridimensionandone la portata, perché spesso risponde a logiche commerciali

Grillo quindi sta continuando in maniera assolutamente coerente a perseguire l’obbiettivo di ridimensionare il valore della “prevenzione secondaria” – screening e diagnosi precoce – “perché spesso risponde a logiche commerciali.”

Ma lui lo sa quante persone hanno scoperto e curato tumori proprio grazie agli screening gratuiti che vengono offerti dalle Regioni? Lo sa che, piuttosto, bisognerebbe permettere anche alle più giovani di potersi controllare gratuitamente, perché sono tante, troppe, le donne sotto i quarantacinque anni che non hanno potuto avere una diagnosi precoce, e per questo sono morte?

Se la mia diagnosi, nel 1999, fosse stata precoce, probabilmente dopo sei anni non avrei avuto due metastasi al fegato. E se quelle metastasi non fossero state avvistate in tempo, grazie a quella che invece, per fortuna, è stata una diagnosi assai precoce, probabilmente ora sarei morta.

E quindi, Grillo, le consiglio di cambiare il vostro ridicolo programma sulla salute, e smettere di andare in giro a straparlare su cose tanto importanti, di cui lei, evidentemente, non sa proprio niente.

Il termine “prevenzione”, certo, può generare qualche confusione. Ma le assicuro che le persone intelligenti sanno benissimo che uno stile di vita sana può impedire l’insorgere di molte malattie, anche il cancro. Ma se la malattia c’è, e silenziosa inizia a divorare il corpo, bisogna stanarla. E poi curarla.

Preferisco che si facciano troppe mammografie, piuttosto che troppo poche.

Preferisco che qualcuna si prenda uno spavento inutile, ma qualcun’altra si salvi la vita.

E gli interessi economici sono ovunque. Perché, lei, signor Grillo, non li ha?

Guardare come brucia un uomo?

Non esiste un motivo valido per cui un sito d’informazione, come Servizio pubblico, debba pubblicare integralmente – o anche solo pubblicare, in effetti – il video contenente l’orrore dell’esecuzione di un uomo, chiuso in una gabbia e dato alle fiamme. Perché assecondare la spettacolarizzazione che i carnefici del califfato vogliono fare delle loro gesta mostruose? Non è censura, perché l’informazione puoi darmela correttamente anche solo con le parole, anzi, le parole possono essere molto più efficaci, se l’intenzione è quella di informare e forse anche, com’è giusto, per fenomeni gravi e pericolosi come questo, suscitare indignazione, reazione civile. Non dovrebbe essere questo il compito del giornalismo? Andare a vedere quello che accade nel mondo e raccontarlo. Utilizzare un video prodotto consapevolmente per diffondere orrore, terrore, eccitare violenza e fanatismo sadico e dire ecco, vedi, ti sto informando, guarda anche tu cosa succede al povero pilota giordano arso vivo, non è giornalismo. Oppure, guarda, ora sai anche tu come i boia vestiti di nero tagliano la testa all’ostaggio di turno. No, io non voglio guardare. E certo che non sono obbligata a farlo, ci mancherebbe, ma subito prima dell’avviso “Attenzione. Queste immagini possono urtare la vostra sensibilità” si dice: “non possiamo voltarci dall’altra parte: l’assuefazione – se non peggio, l’indifferenza – non è permessa”. Dunque, se non guardo il video significa che sono indifferente a una tragedia che si sta compiendo sotto ai miei occhi (perché le immagini sono lì, pronte a scorrere, la carne a bruciare, le teste a saltare, il sangue a scorrere…), e l’indifferenza non è permessa.

Peccato che, se guardi il filmato – ho letto, perché non mi sono fatta impressionare dalla minaccia di essere una indifferente al male – ti becchi pure un po’ di pubblicità, perché quella, invece, è sempre permessa, scuote le coscienze, impedisce l’assuefazione.

 

L’aiuto e le trappole della rete

Il post di Sissi su Oltreilcancro, e poi quello di Wolkerina, affrontano un tema cruciale che mi è capitato di toccare durante una tavola rotonda sulla comunicazione tra medico e paziente in oncologia organizzata dal Dipartimento di psicologia  dei processi di sviluppo e socializzazione della Facoltà di Psicologia di Roma: l’utilità e i rischi di un potente motore di ricerca come Google per chi si ammala di cancro e cerca informazioni sulla propria malattia, sulle cure, sulla prognosi, sulla chemioterapia, eccetera eccetera.

Per me, per chi di noi frequenta la rete da anni e grazie alla rete ha costruito relazioni, progetti, spazi di comunicazione e discussione che abbiamo considerato parte integrate del nostro percorso di cura, è quasi scontato considerare Google, come dice Sissi, uno strumento “amico”. Eppure di storie come quella di Kim Thinkham, morta perché si era affidata a una presunta cura alternativa alla chemioterapia trovata facendo ricerche su Internet, forse ce ne sono più di quante sospettiamo. Anche per questo abbiamo fatto nascere Oltreilcancro, specificando sulla home page che “non è un forum sul cancro, bensì un metablog che raccoglie post apparsi sui blog degli autori, in cui si raccontano esperienze con il cancro”, e che “Oltreilcancro non promuove, non appoggia, non pubblicizza e non intende essere cassa di risonanza per alcun tipo di terapia, convenzionale o meno. Unicamente per questo motivo, ogni commento orientato contro questa posizione verrà rimosso dagli autori.”

Chi mi conosce e ha letto i miei post relativi al periodo in cui mi curavo le metastasi epatiche scoperte alla fine del 2005 sa che non mi sono accontentata della medicina tradizionale, ma ho cercato con ottimi risultati di integrarla con tutto ciò che ritenevo potesse contribuire a curarmi, o almeno a farmi stare meglio. Ma né il medico cinese insegnante di Qi gong, né la guaritrice che mi ha insegnato a meditare sui chakra si sono sognati di mettere in dubbio le terapie oncologiche che avrei iniziato di lì a poco. Perché se è fondamentale l’integrazione delle risorse, altrettanto fondamentale è la fiducia nel proprio medico e nella cura che ci propone.

E invece, come per qualunque argomento, in rete circola di tutto, la buona e la cattiva informazione, i saggi e i ciarlatani, consigli preziosi e idee pericolosissime. Lo ripeto, anche per questo abbiamo fondato Oltreilcancro, perché da una ricerca su Google fosse più semplice imbattersi nelle diverse esperienze che ciascuna di noi stava raccontando nel proprio blog, e poterne ricavare qualche genere di aiuto, o di incoraggiamento.

Anche perché, come ho cercato di spiegare durante la tavola rotonda, ci sono molti aspetti importanti per un paziente oncologico che sfuggono alla comunicazione che avviene con i medici, o con il medico, se si ha la fortuna di avere un solo oncologo di riferimento, e che invece sono raccontati e dibattuti ormai diffusamente da chi ha scelto di condividere la propria condizione in rete, dai forum, ai blog, ai social network. Inutile cercare di impedire a chi scopre di avere il cancro di fare qualche ricerca su Internet, utilissimo invece sapere che tra i risultati di quelle ricerche potrà trovare non solo la cura miracolosa di un ciarlatano radiato dall’ordine dei medici o addirittura finito in galera, ma risorse in più per affrontare al meglio il percorso terapeutico che, certo, non può essere Google ha impostare, ma una struttura oncologica che talvolta sì, proprio Google può suggerire, attraverso siti di associazioni, portali informativi o scientifici dedicati alla salute (vedi l’ottimo Salute seno, per tutto ciò che ruota attorno alla prevenzione e alla cura del cancro della mammella), persone in carne ed ossa che hanno avuto una buona esperienza di cura e, possibilmente, di comunicazione.

Credo che i miei interlocutori medici della tavola rotonda abbiano accolto il mio invito accorato a considerare con un atteggiamento diverso il paziente che naviga in rete, e a considerare la possibilità di affacciarsi essi stessi al mondo dei cyberpazienti, cancer blogger, narratrici e narratori di esperienze di malattia.

“Ma ci verresti a parlare di queste cose con le mie pazienti?” mi ha chiesto alla fine il professor C.

Che dite, ci vado? 😉

Salute seno. Un nuovo aiuto per le donne

Da ieri è online su D Repubblica un portale  integralmente dedicato al tumore del seno.

Si chiama Salute seno, e il modo migliore per presentarlo è farlo con le parole utilizzate da chi lo ha pensato e costruito: “in questo sito trovate tutto quello che c’è da sapere sul male che colpisce in media 1 donna su 9 in Italia. I dossier informativi su ogni aspetto della malattia e della cura, le schede delle associazioni e degli ospedali dove curarsi, gli esperti pronti a rispondere ai vostri dubbi, le video testimonianze delle donne che raccontano la loro malattia e come ce l’hanno fatta. I testimonial eccellenti che spiegano perché investono se stessi in questa battaglia. E poi ancora le notizie giorno per giorno che riguardano le nuove scoperte e le iniziative e tanti articoli che aiutano a capire come riuscire a non sentirsi “solo” delle malate, a Vivere una vita normale prendendosi cura di sé, ritrovando l’armonia con il partner e scegliendo il modo giusto per vivere anche questa esperienza con i figli.”

Conosco alcune delle giornaliste che ci stanno lavorando, con passione e grande competenza e anche per questo ho deciso di partecipare a questo bel progetto con la mia testimonianza e segnalando tra le associazioni Annastaccatolisa.

Oltre a costituire un supporto qualificato per le tantissime donne che si ammalano di cancro al seno, il progetto ha l’obbiettivo ambizioso di far raddoppiare entro il 2016 il numero dei centri di senologia specializzati (oggi 30 in tutta Italia).

Mi sembra giusto dare il benvenuto a questo nuovo aiuto per le donne.

Giovani donne in preda all’ansia?

Giovedì sera sono intervenuta telefonicamente alla trasmissione Radio3 Suite, che in occasione dell’8 marzo, insieme a Radio3 Scienza, si occupava di prevenzione del tumore al seno. Ripeto: prevenzione del tumore al seno. In realtà l’invitata, insieme agli altri tre ospiti, era Anna/Widepeak, che però di questi tempi per lei parecchio duri non ce la fa a reggere fino a tarda sera, e così ha passato la palla a me. E io, come sapete, difficilmente mi tiro indietro, soprattutto quando c’è da spiegare il senso e l’importanza del cancer blogging e da supportare iniziative sulla prevenzione.

Prima di proseguire devo chiedervi di ascoltare il podcast della trasmissione, magari saltate l’aria di Mozart, oppure no, perché è tanto bella. http://www.radio.rai.it/podcast/A42427970.mp3 (oppure http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-1761033e-1711-4065-9c41-680f8157e307.html)

Ecco, avete sentito? Si parlava di prevenzione, e il dottor Claudio Andreoli, direttore della Scuola italiana di senologia, oncologo con un curriculum straordinario e impegnato in modo particolare nei programmi di prevenzione e di diagnosi precoce del tumore alla mammella, non ha fatto altro che ripetere che in giro c’è troppo allarmismo, troppe giovani donne sono coinvolte in programmi di controllo che condizionano in modo negativo la loro qualità di vita, spinte da raccomandazioni non giustificate, visto che giovani donne che si ammalano di cancro al seno sono eccezioni rarissime.

Lo avete sentito, no? E avete capito quanto fossi scioccata da quelle parole? Non avete letto le mail furibonde che mi hanno scritto alcune cancer bloggers quando ho diffuso il podcast, praticamente quasi tutte incappate in leggerezze da parte di medici che le ritenevano troppo giovani per avere il cancro ritardando con conseguenze gravissime l’inizio delle cure. E pure io, porca miseria, non me lo dimentico che avevo 32 anni e, nonostante la familiarità materna, mi sentii dire che quel nodulino era una sciocchezza dovuta all’allattamento e lasciai trascorrere così mesi preziosi per fare una diagnosi precoce che probabilmente mi avrebbe salvato i primi linfonodi e quindi evitato la successiva metastatizzazione epatica.

E poi vorrei capire dove stanno tutte queste giovani, sotto i 35 anni, che vivono nell’ansia dei controlli. Vi prego, facciamo un esperimento, se siete sotto i 35 anni e passate da queste parti lasciate la vostra testimonianza: fate controlli periodici di prevenzione del tumore al seno? E se lo fate, la vostra qualità della vita è condizionata negativamente? Purtroppo invece in Italia l’incidenza del tumore al seno, e in particolare nelle donne giovani, è aumentata. E di questo credo debbano tener conto i programmi di screening offerti dalle Aziende sanitarie alle donne a partire dai 50 anni. Per carità, nessuno chiede di sottoporre a mammografia tutte le donne dai 25 in su, ma una visita senologica all’anno abbinata ad una innocua ecografia che male farebbe? Tanto per dire, al senologo che mi ha operato è bastato visitarmi per capire che quel nodulo – di cui mi sono accorta alla sacrosanta palpazione – comunque andava tolto.

Ieri ho fatto sentire il podcast della trasmissione ad alcuni dei componenti del Comitato scientifico di Annastaccatolisa –  che, detto per inciso, ha deliberato l’istituzione di una borsa di studio da 20.000 euro di cui a breve verrà preparato il bando.

Anche loro erano stupefatti.

Mi piacerebbe che il dottor Andreoli mi spiegasse, e spiegasse a tutte noi “eccezioni rarissime”, il senso di quella che lui stesso definisce una sua “battaglia che spera un giorno di vincere”.

Perché il messaggio che ha dato durante quella trasmissione, e che mi auguro di essere riuscita almeno un poco a contrastare, è un messaggio pericoloso, che con la prevenzione non mi pare abbia proprio niente a che vedere.

Cominciamo bene!

Martedì sono arrivata agli studi della DEAR accompagnata da Sten, dopo una notte insonne e un violento temporale al mattino. Ero agitata, due occhiaie profonde, la pancia sottosopra, il vestito di lino già tutto stropicciato. Ma dopo pochi minuti mi sono ritrovata in sala trucco, accanto alla mamma di Vic Arrigoni, che doveva prepararsi in fretta perché era la prima ospite, a commuovermi raccontandole che avevo seguito suo figlio attraverso Facebook, prima che venisse ucciso. La mia preoccupazione è scivolata via osservando il dolore composto e l’orgoglio di questa donna. Troppo poco il tempo per dirsi qualcosa in più, se non rispondere al suo “e adesso come stai?”. Sto bene, sto bene.  Poi è stata chiamata per la prova microfono, e io sono rimasta sola con la truccatrice, anche lei con il peso di un lutto di cui mi ha messo al corrente una volta capito che tipo di “ospite” fossi. Mentre trafficava sul mio viso coprendo le occhiaie, mascherando le rughe, illuminando gli occhi e lucidando le labbra mi raccontava e le raccontavo, mentre da lontano sentivo arrivare da un monitor acceso le voci della signora Beretta, la madre di Vittorio. La trasmissione era cominciata. Dopo un veloce passaggio dalla parrucchiera, ero pronta per scendere nello studio, accompagnata sempre da lei,  la maga del maquillage, visto che la persona con cui avevo parlato per preparare l’intervista dove seguire i vari ospiti, dal giudice Caselli, a Giovanni Impastato, al documentarista etiope Dagmawi Ymer. Sten era già dentro, tra il pubblico, io invece ho aspettato ancora un po’ dietro le quinte, sono stata “microfonata”, ho sbirciato nello studio tentando di seguire parte del programma, Sten mi ha fatto ciao con la mano dal suo posto in prima fila e finalmente qualcuno mi ha detto di non preoccuparmi, mi ha mostrato le due sedie dove si sarebbe svolta l’intervista e, puf! Mi sono trovata davanti la bella faccia sorridente di Arianna Ciampoli mentre Giovanni Anversa introduceva l’argomento. A quel punto quello che è successo lo potete vedere qui, a partire più o meno dal 50° minuto.

Durante la seconda parte, dedicata al coraggio di chi denuncia le mafie,  mi sono seduta accanto a Sten, e la signora del pubblico che avevo accanto mi ha chiesto, pure lei, “e adesso come sta?” Bene, bene. “E la chemio è tanto brutta vero?” Ho trattenuto un moto di fastidio, mi sono forzata a sorridere: “non è la chemio ad essere brutta, ma il cancro, che la chemio cura.”

Alla fine, prima di andare via frastornata e contenta, sono riuscita a rivedere la signora Beretta, e le ho regalato una copia di Come una funambola che, per rettificare la scheda fatta passare durante l’intervista, non è edito dal Gruppo editoriale l’Espresso,  ma è stampato attraverso il sito Ilmiolibro.it ed è ancora alla ricerca di un editore…

Devo ammettere che questa volta non posso fare la solita criticona verso me stessa, e quasi quasi ci faccio un pensierino sull’intraprendere una strada nuova, come qualcuno mi ha suggerito 😉

Tornando con i piedi ben piantati sulla terra, e chiusa questa bella, intensa, parentesi televisiva, oggi ho iniziato a fare i controlli del semestre, che si chiuderanno martedì con la tac.

 

Coraggiosa?

Spero che molti di voi siano già in vacanza. Ma so che molti altri lavoreranno. Io invece mi prendo un giorno di ferie perché sono stata invitata a partecipare al talk show del mattino di Rai 3, Cominciamo bene Il tema della puntata è il coraggio, e come per la trasmissione Invincibili, fatico un po’ ad essere considerata portatrice di un valore così grande.  Ma visto l’effetto positivo che ha avuto affrontare il tema in televisione, ho deciso di buttarmi anche questa volta, pure se ho una gran fifa della diretta.

Ma sono molto felice di avere questa opportunità soprattutto perché potrò conoscere Egidia Beretta, sindaco di Bulciago e madre di Vittorio Arrigoni, il volontario pacifista italiano ucciso a Gaza il 15 aprile scorso. Lui sì, era un uomo coraggioso.

 

Invincibile?

Il 22 giugno di cinque anni fai mi è stata somministrata l’ultima infusione di chemio per debellare le metastasi che avevano attaccato il fegato a sei anni dalla prima diagnosi di carcinoma al seno.  Da allora sto bene, immagino anche grazie alla terapia ormonale che continuo ininterrottamente da allora.

Chi mi conosce e conosce questo blog sa perfettamente che non mi sentirete mai cantare vittoria, e che la metafora scelta per dare un titolo alla mia storia è quella del funambolismo. La precarietà di una vita in bilico non corrisponde alla retorica dell’eroe invincibile. Per questo quando mi hanno contattata dalla redazione del programma condotto da Marco Berry, che si chiama proprio Invincibili, ho traccheggiato, spaventata da questo titolo, temendo che potesse pure portarmi sfiga… Alla fine però, come ho già raccontato, mi sono fatta con-vincere. E così succede che mercoledì prossimo, il 22 giugno, a cinque anni esatti dall’ultima seduta di chemio, andrà in onda il servizio in cui  io, Romina e Rosi parleremo della nostra esperienza di invincibili in quanto non vinte dal cancro, di cancer blogging e di Oltreilcancro.it.

Allora sì, forse posso essere definita invincibile, soprattutto dopo aver sentito la definizione che ne ha dato Erri de Luca, ospite fisso della trasmissione, durante la prima puntata: “Invincibili sono quelli che non si lasciano abbattere, scoraggiare, ricacciare indietro da nessuna sconfitta, e dopo ogni batosta sono pronti a risorgere e a battersi di nuovo. Chisciotte che si tira su dai colpi e dalla polvere, pronto alla prossima avventura, è invincibile.”


Un portatore di pace

Avevo iniziato tempo fa a conoscere il suo impegno per il popolo palestinese, ero iscritta alla sua pagina facebook, che ci aggiornava sulla sua attività di portatore di pace a Gaza.

Ieri è stato rapito da un gruppo integralista salafita per ottenere il rilascio di detenuti nelle carceri di Hamas. Non hanno rispettato nemmeno il tempo dell’ultimatum, e l’immagine del filmato circolato ieri, con la benda nera e il sangue che colava sul volto, non faceva presagire niente di buono.  Io e Sten abbiamo navigato fino a tardi per avere notizie, firmare e diffondere appelli. Qui ancora non lo avevo fatto.

Adesso è tardi.

Posso solo piangerlo, come ho fatto stamattina quando ho saputo dalla radio che lo avevano assurdamente ucciso. Uccidere è sempre assurdo. Ma uccidere quell’uomo che aveva fatto volontariamente lo scudo umano per proteggere pescatori e contadini palestinesi nelle zone proibite da Israele, è scandalosamente assurdo. Mostruoso.

Ciao, Vittorio Utopia.

Alla faccia di mister c.

Chiara ha intervistato qualche tempo fa me, Anna e Anna Lisa, perché quando ha scoperto i nostri blog – e tutti quelli che animano Oltreilcancro.it – ha pensato che le nostre storie dovessero essere raccontate. Ieri su Vanity fair è uscito il suo articolo “Alla faccia di mister c.”, con le foto di Marta Sarlo.

Mi è piaciuto molto, come mi era piaciuto il nostro incontro, a casa di mia madre per evitare il contatto con la gatta a cui Chiara è allergica, un po’ di corsa nell’intervallo tra la danza di Lula e la mia. Poi però lei ha sfidato il lungo pelo della mia Pippi ed è venuta qualche giorno dopo ad accompagnare la fotografa proprio nella tana della felina… Mentre parlavamo nel salotto di mamma, bevendo il tè, mi sembrava che avesse gli occhi lucidi, e quella commozione mi ha fatto capire quanto ci tenesse a scrivere quel pezzo, anche se lei sul suo blog affronta temi molto diversi dal cancro, legati soprattutto alla sua esperienza di giovane madre che quando ha scoperto di essere incinta ha esclamato “ma che davvero?”. E quel ma che davvero è diventato il titolo del suo blog, amatissimo e molto seguito.

Ieri Anna era in ospedale, Anna Lisa invece festeggiava il suo compleanno. E’ stato bello leggere le nostre storie intrecciate sfogliando la rivista che in genere leggo dal dentista. Ritrovare il senso più profondo delle nostre esperienza nelle parole di chi ha appena iniziato a conoscerci.

Grazie, Chiara.


Come una funambola

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