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Languo. Ma quando riesco a mettermi in santa pace davanti al pc è ora di cena. Ci sono i vestiti per i balli di fine scuola da preparare, il cambio di stagione che incombe, il solito tran-tran.

Oggi è stato inaugurato il nuovo mercato coperto di Ponte Milvio, e con Lula ci abbiamo fatto un salto nel pomeriggio. E’ bellissimo e dentro c’è pure una libreria Rinascita. Finalmente si potrà fare la spesa anche di pomeriggio. Pare che stamattina il neo sindaco abbia ringraziato solo il municipio XX, la Confcommercio e i Vigili urbani. Silenzio sulla giunta precedente. Vabbè.

Prima c’era stata la traumatizzante puntata di Report sulla cementificazione a Roma, e sugli intrallazzi tra costruttori e Comune, con relative polemiche e querele.

C’è stato l’orrendo pestaggio-omicidio di Nicola Tommasoli a Verona, e le deliranti dichiarazioni di Fini.

Insomma  cose su cui riflettere e per le quali incazzarsi e/o deprimersi ce n’è in abbondanza. L’apertura del mercato è stata invece una bella cosa.

UNTITLED

Sbaglio strada per accompagnare Lula a scuola, confondo i giorni della settimana (continuo ad essere convinta che domani sia venerdì), mi sono divertita al cinema con i Simpson e Funeral party, non voglio ricominciare il coro, forse è stata colpa dell’equinozio di autunno e della luna piena mi dice un’amica per dare altre spiegazioni ai miei malumori, dovrei andare a darmi una sistemata ai capelli che fanno schifo, sarei tentata di fare una telefonata paranoica a Zeta per chiedergli se devo fare altri esami oltre ai soliti, ma non lo faccio, no non lo devo fare… Domani porterò Lula e due sue amiche a vedere il musical di Peter Pan, biglietti gratuiti grazie alla zia delle amiche, che botta di culo, davvero, le avevo promesso che saremmo andate, e stavo per non mantenere quella promessa. Battibecchi con Sten, che forse trema all’idea che questo stato d’animo possa durare fino alla fine del mese. Anticipare i controlli? Così mi tolgo il pensiero e la smetto con queste paranoie.

C’è poco da fare, uno sfoghetto ogni tanto su questo blog mi è indispensabile. Sì. Che magari faccio meno la cattiva con gli altri.

COSE SUCCESSE E LIBRI LETTI

Sono contenta che Hanefi di Emergency sia stato liberato. E che il gay pride di Roma sia andato bene. (Io ero al mare, però ci ho pensato spesso.)

Ho finito di leggere Trilogia della città di k. di Agota Kristof. Era da tempo che questa lettura mi aspettava, che ascoltavo o leggevo opinioni assolutamente positive su questo romanzo, che per scrittura e storia ti agguanta per le viscere senza mollarti più. Soprattutto la prima parte, dicevamo con un’amica passeggiando per un borgo maremmano. Sì, ma lo spiazzamento della seconda? E il doloroso non ritrovarsi della terza? Sono ancora un po’ scombussolata. Ecco, questo è uno dei libri da mettere nella lista dei capolavori.

Poco fa, aspettando che Lula terminasse la sua seduta di terapia per la voce, è entrato un ragazzo con la madre, avrà avuto quindici anni, più o meno. Si è seduto accanto a me e ha aperto Il maestro e Margherita di Bulgakov. Lo avrei abbracciato. Allora gli adolescenti non leggono solo Moccia? Forse era la lettura per le vacanze estive, chissà. Comunque gliel’ho detto che è stato il mio primo amore letterario, quando avevo la sua età, o forse anche prima. E che poi l’ho riletto. E che poi l’ho riletto. E che lo invidiavo perché lui lo stava leggendo adesso. L’invidia del lettore è una condizione emotiva particolare. Come le persone, i libri amati si vorrebbero tutti per sé, anche se inorgoglisce sapere che sono apprezzati e amati anche dagli altri.

Il problema è che sono così tanti i libri da leggere che la rilettura è un lusso che non sempre ho il coraggio di prendermi.

COSE

Non so bene come spiegare la goduria. Avevo dimenticato di mettere la sveglia, Sten alle sette e mezzo mi ha fatto saltare fuori dal letto. Avevo un mal di gola feroce, forse i postumi dell’umidità tiberina di sabato, gli occhi abbottati dalla stanchezza, ma avevo deciso di andare lo stesso al lavoro, e prima ancora di accompagnare Lula a scuola. Lei però mi ha guardata dopo l’ennesimo starnuto e mi ha intimato di restare a casa. “Mamma, hai gli occhi lucidi, mi sa che hai la febbre.”

Ora sono in giardino, c’è il sole, non ho la febbre e la gola dopo aver ingurgitato un po’ d’intrugli è quasi a posto. Sono in giardino, vorrei sottolinearlo… Con il mio nuovo portatile nuovo sul nuovo tavolo di legno d’eucalipto con tanto di sedie.  Che meraviglia!

Mi piacerebbe che questa non fosse un’eccezione, il compenso per un’influenzetta.  Dalla stanza del mio ufficio non si vede il cielo, non entra la luce naturale se non per poco tempo all’ora di pranzo. Si capisce che m’intristisce non poco stare lì?

Lula non ha più i noduli alle corde vocali, la logopedia foniatrica (e forse anche la terapia omeopatica a base di Causticum) ha funzionato, anche se ancora non si chiudono bene e il professore scherzando le ha detto “spero che non vorrai fare la cantante!”. No, no, per ora aspira a fare la ballerina (di danza contemporanea, dopo aver visto la David Parson company. A luglio poi andiamo a Venezia a vedere l’ultimo lavoro di Pina Bausch, dove tra le danzatrici c’è una mia cara amica d’infanzia che potrebbe contribuire a rafforzare quest’ispirazione.)

Mentre andavamo alla terapia, ieri, Lula mi ha ripetuto quel po’ di storia greca che la sua maestra ha iniziato a farle studiare in barba ai programmi morattiani. E’ stata fantastica nel descrivere a parole sue i limiti della democrazia diretta di tipo assembleare: “tutti parlano insieme e non si capisce niente…” Meglio la rappresentanza, quindi. Però dopo aver scoperto che donne, schiavi e stranieri non avevano diritti, si è scandalizzata moltissimo. Come ha storto il naso leggendo del bellicismo spartano, e della rigida educazione militare imposta ai bambini.

Io però continuo a commuovermi, quando penso a quello che succedeva ad Atene nel V secolo a.C.

 

ANCORA APERTO

Al mare abbiamo festeggiato i settant’anni di mio padre, e per l’occasione mi sono vestita carina e ho scoperto il capoccino con nonchalance, avendo perso l’orrendo colorito biancastro e incassato l’occhei convinto di Lula, che ogni mattina sosteneva di vedermi più capelluta. In spiaggia, dopo aver offerto susine ai daini della riserva e colonizzato uno dei capanni costruiti sulla spiaggia con i tronchi trasportati dalle mareggiate invernali, avevo provato l’ebbrezza di una vera nuotata, con immersione completa della testa.

 

Ieri abbiamo accompagnato Lula al suo primo campo estivo con il WWF, e devo ammettere che quando il pullman che li ha trasportati all’agriturismo è partito e lei, eccitata e contenta fino a pochi minuti prima, ci ha salutato con la manina trattenendo a stento le lacrime, mi sono commossa, e non ho osato togliermi gli occhiali da sole. Prima eravamo andati con lei a vedere il posto, e tentando d’inerpicarci sulla strada sterrata e ripidissima abbiamo pure bucato. Di domenica, con la prospettiva di dover tornare in autostrada con il ruotino di scorta a 80 km all’ora, è stata proprio una bella sfiga.

Tra poco mi telefonerà, poi se ne riparla domenica prossima, due giorni prima di andare a riprenderla. Dicono che è il modo migliore per facilitare il distacco e limitare gli attacchi di nostalgia.

Per fortuna non si è dimenticata di portare Ciccio, il suo gatto di peluche con cui dorme, fa colazione e va a fare la cacca. E poi ci sono due amiche e un compagno di classe. Ma sì, lei si divertirà un mondo.

 

Oggi sono tornata a lavorare, anche se stamattina ci stavo ripensando visto che il caldo, e forse un po’ di ansia materna, non mi avevano fatto dormire un granché. Invece mi ha fatto piacere, il comitato di accoglienza aveva anche preparato un’ottima torta di mele in mio onore, e non mi sono propriamente ammazzata dalla fatica. Avrò catalogato si e no tre libri, ma come primo giorno ci si può stare. Anche perché dovevo bonificare la mia intasatissima casella di posta e riprendere contatto con persone e cose.

 

Zeta mi aspetta lunedì prossimo, quando farà la notte in ospedale e nella quiete del reparto deserto (o quasi), potremo decidere cosa fare, adesso. Deciderà, dovrei dire. Ma il suo è una sorta di metodo socratico applicato alla medicina. Una maieutica oncologica. Questa cosa mi è venuta in mente adesso. Conoscendo i suoi interessi filosofici gli piacerà che definisco così le nostre chiacchierate.

 

Ci sarebbe ancora una cosa. Parlando con la mia amica Ila, sorella di Olivia, ho pensato moltissimo al libro di Safran Foer Molto forte, incredibilmente vicino (lo avevo letto mentre stavo in ospedale, prima di operarmi, e ne avevo scritto un po’, qui). Il bisogno disperato che l’evento tragico, la morte di una persona amata, sia reversibile è tutto in quei fotogrammi di un corpo che precipita dal World Trade Center l’11 settembre 2001, montati al rovescio alla fine del libro. “Le ho sfogliate velocemente e sembrava che l’uomo stesse alzandosi in cielo” scrive Oskar. Forse dovresti leggerlo, ma non ora, le ho detto.

DISBOSCARE

C’è un bel sole caldo, e ho disboscato il giardino. Chissà che vi credete, è un piccolissimo giardino, ma Sten, che ha un bel pollice verde, non fa caso allo strabordare eccessivo della siepe mista a erbe spontanee che rende ancora più arduo il passaggio nel vialetto laterale.

Ho riempito un enorme saccone, mentre la gatta mi osservava con l’aria più pigra che possono avere i gatti al sole, stesa sul tavolo tra le piante grasse, le cocche di Sten. Pippi

Come si può intuire, per ora gli effetti dell’ottavo ciclo di chemio che mi è stato somministrato ieri non si fanno sentire. Domani arriverà la stanchezza, ma vorrei riuscire a non mancare una cena sulla favolosa terrazza della casa nuova di un’amica che oggi compie gli anni (auguri a lei, e pure all’amica collega, e a ben due coppie di gemelli. Caspita, che giornata affollata di compleanni!).

E domenica si va a votare il Walter, che poveretto conclude la campagna elettorale in un letto di ospedale. Auguri anche a lui, e moltissimi a Rita Borsellino, speranza di Sicilia.

COSE CHE SUCCEDONO

Qualche giorno fa ho provocato un bel danno dentro casa, lasciando un rubinetto aperto. Sotto c’era una bacinella, io e Sten siamo andati a fare la spesa, e al ritorno l’acqua aveva attaccato il parquet del corridoio e della camera di Lula. Col passare del tempo il legno si gonfiava, le doghe si staccavano, o le staccavamo noi per riporle in una scatola che diventava via via più piccola per contenere tutto quel legno. Sten temeva che dovessimo rifare tutto il pavimento, era già molto vecchio e traballante, ma sembra che non sarà così. Nonostante l’emergenza venerdì Lula ha finalmente invitato la sua amica preferita a dormire, si sono divertite, e quando finalmente credevamo che si fossero addormentate Lula è comparsa per comunicarci che Ilaria russava. Le ho insegnato qualche trucchetto per farla smettere, e forse ha funzionato.

Sabato invece ho continuato ha sentirmi fiacca, e stanca. Talmente stanca che sono riuscita a dormire tre ore di fila, dalle quattro alle sette di sera, giusto in tempo per riprendermi e andare a cena da un’amica. Il risveglio è stato difficile, ho trovato la casa deserta, le luci accese, Sten doveva essere andato a prendere Lula, visto che io non avevo dato più cenni di vita. Non riuscivo a credere che fosse così tardi, e che avessi dormito e sognato per tutto quel tempo.

Alla cena chiacchieravo con un’amica di libri. Dei libri da leggere adesso, e dei libri che avremmo voluto rileggere. Mi è tornato in mente Il ragazzo giusto dell’indiano Vikram Seth. E poi ho pensato che prima o poi dovrò fare una lista. La lista dei libri che nella vita bisogna aver letto.


Come una funambola

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