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che fare?

 Bene. L’editor è soddisfatto di tutto quello che ho scritto e incoraggia il dottor Zeta a proseguire nelle sue "incursioni" all’interno del mio diario, che volendo potrebbe essere anche pubblicato così com’è. Però certo, riuscire a dar vita al contrappunto con il mio oncologo costituirebbe un valore aggiunto, un unicum nel suo genere. E allora tocca che Zeta si metta d’impegno e concluda la parte che gli compete. Mi ha appena promesso che lo farà, e poi a breve organizzeremo una serata romana a sei occhi, così E. spiega al dottore tutto quello che ha detto a me poco fa.
Detto questo, resta il punto interrogativo editoriale, visto che nonostante l’apprezzamento di uno dei responsabili di una prestigiosa collana bla bla bla, il genere non suscita un interesse sufficiente a dare l’ok. Insomma, lì il libro non me lo pubblicano. Allora che fare? Continuare a percorrere le strade classiche, inviando il fardello agli editori con la speranza che qualcuno si degni di rispondere? Scovare la piccola casa editrice che magari ti pubblica ma  poi lo distribuisce in dieci librerie in tutta Italia? Autopubblicazione in rete? 
Intanto inizio a fare un po’ di promozione in anticipo, e aspetto suggerimenti.

E DOPO C’ERA L’ARCOBALENO

Quando sono arrivata pioveva. Alle due precise precise, ho attraversato veloce tutto il piano terra con gli stand degli editori, e sono salita su, al primo piano, dove nella Sala Morante le tre editrici Untitl.ed stavano per iniziare a raccontare come e perché hanno scelto di lanciarsi nell’avventura di pubblicare libri di carta commissionandoli a bloggers di cui leggono la scrittura quotidiana in rete.

Mentre entravo usciva Anna (Untitled io), dentro invece ho riconosciuto Erica (Caracaterina) e Orietta (Fainberg), grazie alle foto fatte durante le varie presentazioni della casa editrice e dei libri pubblicati fatte in giro per l’Italia. (Ah, poi ho scoperto che c’è anche un quarto/primo uomo nel gruppo, Nicola). Loro invece non potevano sapere come sono fatta (l’occhietto non basta…), così mi sono presentata, col mio nome, che Erica ha immediatamente collegato al blog, e ci siamo abbracciate come vecchie amiche che non si vedono da tanto tempo. Quando si è avvicinata anche Orietta, come promesso le ho detto sono il vostro karma… E di nuovo abbracci e baci, e feste affettuose. Idem con Anna, anche se, delle tre, era quella che meno frequentavo in rete. Sono andata a sedermi, perché era ora di iniziare l’incontro. Non è che ci fosse molta gente, forse l’ora non aiutava, e il tavolinetto col vino rosso, ciambelle e formaggio è stato preso d’assalto solo dopo… Però chi c’era sembrava attento e curioso. Di bloggers, a parte la sottoscritta, forse ce n’erano solo un paio.

Io credevo di sapere molto del loro modo di lavorare, grazie ai racconti dell’ autrice n. 1, e a quello che trapela dagli appunti della redazione nel blog Untitl.ed. Quello che sicuramente mi sfuggiva era l’amore e l’entusiasmo che nutre e riveste il progetto. Quello che non avevo capito fino in fondo era il senso del loro commissionare il libro a un blogger e l’importanza dell’editing che non è il normale editing che si fa soltanto dopo la scrittura di un libro. No, da loro si fa insieme alla scrittura, e, come ha spiegato Orietta, rappresenta una sorta di feedback che ogni blogger normalmente riceve dai commenti dei suoi lettori. E serve soprattutto a far sì che l’autore non perda quella voce peculiare che si è espressa nel blog catturando le attenzioni delle editrici.

E quanto di voi (intendendo per voi il modo in cui voi scrivereste) entra nel libro, lavorando con questa continuità a fianco dell’autore?, ho chiesto, perché mi sembrava che quello fosse un nodo cruciale del loro lavoro. La risposta non è stata uniforme, però nella sostanza quello che tutte e tre, anzi, tutti e quattro, visto che anche Nicola a quanto ho capito fa l’editor dei testi Untitl.ed, ci tengono a spiegare è che il loro compito è soprattutto quello, se così posso dire, di dare quelle toccatine al timone perché la barca non vada fuori rotta. La rotta è realizzare un libro che si costruisca sul tono che è stato scelto, e il falsetto, come dicono loro molto efficacemente, non va bene. E invece all’inizio si ha sempre la tendenza a forzare la propria voce, non accettando, per esempio, che si è un contralto, e non un soprano, e che, quindi, è inutile tentare quelle note altissime che usciranno fuori strozzate e gracchianti…

Insomma, loro fanno l’operazione inversa a quella dei normali editori. Non vogliono manoscritti pronti, che per lo più non vengono letti o vengono respinti. Loro chiedono di scrivere un libro, lo commissionano appunto, non sulla base della personalità o della notorietà dell’autore, ma sulla personalità della sua scrittura.

Peccato che di tempo ce n’era poco, e il discorso si è dovuto interrompere un po’ troppo in fretta e fuori non s’è ripreso. Singolarmente sì, un poco con Orietta siamo riuscite e parlare, anche di cose private, che poi private qui non sono proprio.

Poi me ne sono andata al Caffè letterario di Fahereneit, dove si parlava del mistero sull’identità di Elena Ferrante, di cui si sarebbe presentato poco dopo il nuovo romanzo, La figlia oscura. Anche lì si è parlato del valore della scrittura che deve poter vivere anche senza una paternità (o maternità) riconosciuta.

Quando sono uscita c’era l’arcobaleno, avevo in borsa la seconda terna di libri Untiti.ed e un sacco di pensieri che mi frullavano in testa.

PIU’ LIBERI

Giovedì alle 14 finalmente andrò a conoscere loro alla Fiera della piccola e media editoria. E magari sarà l’occasione per fare altri incontri interessanti. Palesatevi, esponetevi, mostratevi in carne ed ossa.

DOVE ANDREI SE POTESSI

 

 

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Ecco, mi sarebbe piaciuto tanto andarci, soprattutto per andare a conoscere dal vivo le tre bloggers editrici Untitl.ed, sentir declamare qualche opera dadista, curiosare qua e là, incontrare un po’ di persone che certamente saranno lì, e ovviamente conoscere Genova, che, oddio che vergogna!, non ho avuto ancora il piacere di frequentare. Eh, sì, sarebbe stata una bella occasione, ma la convalescenza è ancora convalescenza, e richiede riposo, molto riposo, per recuperare le forze in vista delle battaglie dei prossimi quattro mesi. Insomma, a chi può consiglio caldamente di andare.


Come una funambola

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