Dopo un anno di vita nella pandemia da Covid-19 siamo ancora qui, a prepararci per l’ennesima chiusura, doppio salto da zona gialla a zona rossa, accompagnata dal contrasto tra l’abitudine a vivere in questo modo più o meno in qualunque colorazione, e l’accumularsi di mancanze e insofferenza. Per quanto tempo ancora? Quando raggiungeremo l’immunità e quindi la libertà? Quando potremo fare quelle piccole e grandi cose che ora ci sono precluse, o sconsigliate, o che semplicemente abbiamo smesso di fare per precauzione e senso di responsabilità?
Per molte persone, per il mondo complessivamente, il costo della pandemia è stato pesantissimo: la vita stessa, il lavoro, gli affetti, la sussistenza. In fondo io non mi posso lamentare, e quello che mi manca, per chi ha sofferto davvero, è irrilevante.
Lula invece, come tutti i giovani che hanno dovuto comprimere e sospendere le tante esperienze che normalmente vivono in un anno normale, stava iniziando ad accusare il colpo. Come per tutti, dopo il bilancio in fondo positivo del primo lockdown core a core in famiglia, e dopo la parentesi estiva di libertà, con l’autunno e l’inverno, il secondo Erasmus in Spagna saltato, il coprifuoco, le limitazioni alla vita sociale, l’ultimo anno di università a distanza, questa vita ha iniziato a starle davvero stretta anche se illuminata da una bella storia d’amore.
E così, proprio oggi, casualmente (ma fortunatamente) alla vigilia del passaggio del Lazio in zona rossa, la figlietta ha spiccato il volo ed è andata a vivere per conto suo. No, non da sola, ma insomma, è andata via di casa, e in linea di massima dovrebbe essere un passo definitivo. Magari dopo la laurea ci sarà un periodo all’estero, lo spero per lei, perché i suoi progetti la vedono cittadina del mondo. Di un mondo a questo punto tutto da ricostruire.
Quando ho aperto questo blog Lula aveva quasi sette anni e subito ne è diventata protagonista. Mi piaceva raccontare di lei, perché mi piaceva raccontare la mia vita in cui lei ovviamente occupava un posto fondamentale. È stato il puntello, insieme a Sten, che mi ha tenuta salda anche nei momenti più difficili, come sa chi mi leggeva un po’ di anni fa.
Per questo sono felice di dedicarle oggi qualche parola, perché negli ultimi tempi è stato difficile capirci, è stato un periodo duro, come spesso sono dure, e quasi crudeli, certe fasi dei rapporti tra madri e figlie. Come fosse ineluttabile lo scontro, la rabbia, la coazione a ripetere schemi, discorsi, pretese.
E ricordo quanto è stato importante il giorno in cui io sono andata via di casa, e sebbene avessi un po’ più dei suoi ventitré anni, i miei pensavano che fosse troppo presto e che stessi facendo un errore. Ma avevo un’amica con cui dividere la sua casa, e ho potuto vivere degli anni meravigliosi con lei, che ora non c’è più. Per questo ho compreso l’urgenza di Lula, alimentata da questo periodo che per le ragazze e i ragazzi è ancora più complicato, senza spazi in cui vivere le loro esperienze, insieme, lontani da noi, e accusati di infrangere troppo spesso le regole e di moltiplicare i contagi con i loro comportamenti.
Sono sicura che è giusto andare fuori casa, se si ha l’opportunità di farlo. Si vive più felici, e di questi tempi un po’ più di felicità non guasta. E si assapora quella libertà che è assurdo voler negare ai propri figli.
E quindi, Lula mia, goditi questo periodo, così nonostante il Covid che ancora non molla la presa, un’altra chiusura a distanza di un anno, lo ricorderai come una dei tanti passi avanti che avrai fatto nella tua vita. Auguri, tesoro mio!
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