Archive for the 'Arte' Category

Maremma

26 agosto 2021

Io e Caterina abbiamo attraversato la campagna maremmana mentre il sole ancora alto iniziava appena a declinare verso i monti dell’Uccellina.

Sulla destra il disco volante-trebbiatrice era atterrato davanti a un agriturismo che costeggiava la strada.

Dall’altra parte della strada la distesa brulla s’inerpicava verso l’altura su cui svettava il celebre braccio di Goldrake, col pugno chiuso, che spuntava dalla terra come un totem.

Ci siamo avvicinate prima al disco volante e poi, calpestando sterpaglie e respirando la terra alzata da un paio di fuoristrada che ci anticipavano attraverso i campi, abbiamo raggiunto il totem. Quando siamo arrivate noi, gli altri visitatori se ne andavano, lasciandoci libere di girare attorno al braccio di Goldrake, maestoso, e di ammirare la baia di Talamone con l’inconfondibile profilo della Rocca, l’isola del Giglio sullo sfondo.

Da lassù, una nuova prospettiva di luoghi a me noti e cari, amplificata dalla straniante presenza delle due installazioni.

(Anche se a me i cartoni giapponesi non piacevano, non ho mai visto una puntata di Atlas Ufo Robot, ma conoscevo solo la sigla, che a 11 anni canticchiavamo tutti.)

[Le insatallazioni sono di Mara Ricci, per Hypermaremma 2021]

Battiato

Ho riletto quasi tutti i post di agosto scorrendo l’archivio del blog, sperando di trovare traccia del concerto di Battiato a Grosseto. Ma niente, anche nei momenti più prolifici l’estate scrivevo poco.

Da quando stamattina ho saputo della sua morte penso a quella sera d’agosto, l’unica volta che l’ho ascoltato dal vivo. Non riesco a ricordare quando è stato, ero sicura di esserci andata con Sten, ma lui non se lo ricorda. Se lo ricorda invece Alessandra, l’amica delle vacanze maremmane e ispiratrice di questo blog, perché forse eravamo andate insieme. Ho scoperto che altre amiche erano lì, la stessa sera. Ma nessuno ricorda quando è stato. No, non ditemi il 1982. Non era così in là nel tempo. Ma di altre date grossetane in rete non c’è traccia. Sicuramente Lula era nata, e a questo punto posso pensare che anche lei ci fosse. Dovrò chiederglielo.

La morte di Battiato mi ha fatto pensare anche alle lezioni di greco al liceo, perché la professoressa Leto divagando tra una lettura di Saffo o di Eschilo un giorno ci chiese cosa pensassimo dei testi astrusi di Battiato, che a suo figlio piaceva molto, e lei non capiva perché. Voglio pensare che col tempo abbia cambiato idea.

La cura

A Genova

Tre giorni pieni e intensi a Genova, il mio regalo di compleanno a Sten. È stata una bella sorpresa, anche se non avevo dubbi sul fatto che una città di mare e di cultura non avrebbe potuto deludermi.

Abbiamo camminato tanto, visitato i palazzi di Strada Nuova, le chiese, una bella mostra di Andy Wahrol a Palazzo Ducale, l’Acquario, il borgo marinaro di Boccadasse (con la “finestra a un passo dal cielo blu” che ha ispirato Gino Paoli e dove Camilleri immagina che abiti Livia, la fidanzata del commissario Montalbano), baciati dal sole e scaldati da un clima primaverile, a tratti estivo.

A Genova non abbiamo sentito il terremoto che continua a ferire il centro Italia, ma dal numero di messaggi arrivati al risveglio, domenica, abbiamo capito che doveva essere stato ancora più spaventoso del precedente. E la notte scorsa, qui a Roma, mi sono svegliata con la certezza che fosse arrivata una scossa. Sono rimasta a letto, al buio, rannicchiata accanto a Sten che invece dormiva. Sapevo che la terra stava tremando, e da qualche parte in modo ben più spaventoso. La terra trema, e continuerà a tremare. Qui siamo al sicuro, ma inizio a comprendere meglio il senso di destabilizzazione esistenziale di chi vive in zone sismiche.

 

10 a Palermo (e Favignana)

Abbiamo festeggiato il primo decennio di matrimonio a Palermo, una città che desideravo conoscere fin dai tempi dell’università, quando studiavo la sua arte, la particolare architettura e la decorazione musiva delle sue chiese normanne e, più tardi, il barocco e gli stucchi di Serpotta.

Come immaginavo sono rimasta affascinata subito dalla bellezza impreziosita dall’aria di mare, dal sole che improvvisamente abbacina negli spazi vasti di una piazza che ospita un gigantesco ficus, dalla natura rigogliosa accanto a un palazzo fatiscente, e più in là la facciata di una chiesa restaurata, la sorpresa di un palazzo nobiliare restaurato e visitabile, il polpo bollito da mangiare in piedi al mercato, l’antica focacceria di san Francesco che resiste al pizzo, il corteo nuziale tra i vicoli della Vuccirìa, la fuitina del cameriere di una trattoria di pesce, la cameriera incinta di sedici anni, la pace assoluta nel chiostro e nel giardino di San Giovanni degli Eremiti, il cielo azzurro che fa da volta alla chiesa dello Spasimo. E ancora ancora, i contrasti, il degrado accanto alla cura, il colore di Ballarò, la gentilezza generosa, il cibo irresistibile, gli alberi con i fiori viola.

In autobus fino a Trapani, un aliscafo per Favignana, e due giorni sulla barca di un amico di Milva – sì, lei, la mia socia di cancro e di avventure associative e bloggeresche, ormai amica carissima. Troppo breve, solo un assaggio di esperienza da ripetere, e la felicità di vivere il mare come non mi capitava da tanti tanti anni.

Dieci anni dopo, e sono ancora qui a raccontarvi qualche mia faccenduola. Felice.

 

 

Di compleanni, studioli, luoghi cari

  Ho scavallato piacevolmente il mio quarantottesimo compleanno, anticipando un po’ il ponte del Primo maggio per fare una puntata a Urbino, che Sten non aveva mai visitato e per cogliere l’occasione culturalmente ghiotta di rivedere ricomposto lo studiolo del duca Federico da Montefeltro anche con i ritratti degli Uomini illustri. Ogni tanto è bello andare a ripescare nella memoria quel bagaglio di conoscenze che gli studi universitari di storia dell’arte mi hanno lasciato, la bellissima inutilità del sapere a cosa alludono gli oggetti rappresentati nelle tarsìe lignee o che la Flagellazione di Piero della Francesca forse nasconde un riferimento a un tradimento contemporaneo, alla guerra contro i Turchi, o a qualcos’altro su cui gli studiosi ancora discettano. Bello anche ricordare i corsi di musica antica che frequentavo da ragazzina proprio lì, a Urbino, d’estate. Che luogo magnifico, che aria buona si respira!

Il giorno dopo abbiamo attraversato gli Appennini, e siamo andati nella vecchia cara Maremma, nella speranza, delusa, di poter fare il primo bagno della stagione. L’aria di mare e il calore del sole non sono mancati, nonostante il vento, le nuvole di passaggio, e qualche goccia di pioggia. Ho festeggiato insieme a persone care, con cibo genuino e un buon bicchiere di Morellino. E anche di questo sono felice.

In questo periodo continuo a canticchiare dentro di me il canto carnascialesco di Lorenzo de’ Medici:

“Quant’è bella giovinezza

che si fugge tuttavia!

Chi vuol esser lieto sia

di doman non c’è certezza.”

 

 

 

Gipi e Zerocalcare: narrare a fumetti

Ieri sono andata all’Auditorium per sentire la chiacchierata tra due fumettisti italiani, Gipi e Zerocalcare, invitati alla festa del libro “Libri come”. In realtà conoscevo solo quello più giovane, Zerocalcare, di cui ho letto molte delle storie pubblicate sul suo blog, l’ultimo dei suoi libri, una storia di famiglia biografica e surreale a fumetti, bellissimo come il titolo (Dimentica il mio nome), e lo strepitoso reportage su Kobane pubblicato su Internazionale

La prima sua storia che mi è capitato di leggere è una roba esilarante sui “vecchi che usano il pc”. Chi di noi non ha dovuto affrontare i problemi informatici di un parente, diciamo così, poco esperto, esemplificabili nell’evergreen “non mi trovo più google?”

Insomma, dopo averlo scoperto Zerocalcare si può solo amare.

Non avevo comprato il biglietto, i posti erano ovviamente esauriti e quando sono arrivata ero l’ultima di una lunghissima fila di persone senza biglietto che speravano di poter entrare comunque. E invece ho avuto una botta di culo, si è avvicinata una tizia e ha chiesto se ci fosse qualcuno da solo perché lei aveva un biglietto in più. Ero io. Quella da sola ero io. Sten stava in treno di ritorno da una puntata ai suoi lidi natii, Lula, a cui Zerocalcare piace tanto, era da qualche parte con una sua amica. Io invece c’ero, e mi sono beccata un posto fantastico in quarta fila.

Niente moderatore, molte domande dal pubblico, Gipi fresco di matrimonio, disinvolto e spassoso, Zerocalcare timidissimo, ma sempre pronto con battute fulminanti.

Gipi ha spiegato il successo di Zerocalcare nella sua capacità di essere un narratore/fumettista contemporaneo.  Sembra un’ovvietà esserlo, invece no, non lo è affatto. Bisogna essere capaci di esprimere se stessi nel mondo e interpretare ciò che il mondo ha da dirci.

E poi, quello che a me piace moltissimo di Zerocalcare, e chi mi legge qui capisce perché, è il dato di partenza biografico, del vissuto che si fa universale. Sia che si parli dei problemi piccoli e quotidiani, che di quelli personalissimi come un lutto da elaborare, o collettivi come quelli legati alla resistenza curda all’Is in Siria. Questo vale anche per Gipi, come ho scoperto ieri, e prometto che inizierò a leggere presto i suoi libri (in particolare La mia vita disegnata male e Una storia).

 

 

 

Il viaggio

I sogni ce l’hanno tutti: ciò che ci differenzia è l’intensità per raggiungerli o il destino che li raggiunge per noi

F. Pessoa, “Il libro dell’inquietudine”

 

10559654_10204373687773006_4714874214170781563_nErano anni che non facevamo un viaggio così, io e Sten, da soli, sempre in movimento, tappe brevi per vedere luoghi, girare per le strade, arrampicarci sui castelli o le colline di Lisbona e Porto, chiese, chiostri, miradouri (gli spettacolari belvedere di Lisbona), salire e scendere dal tram 28, percorrere i labirinti oscuri che conducono sul fondo di un pozzo iniziatico, e uscirne fuori attraversando grotte e conquistando torrioni. Il cielo così azzurro e le case così bianche, la distesa dell’Oceano e di una spiaggia immensa. Le paste alla crema, e il bacalhau in tutte le salse, tanto tanto pesce, il Porto a Porto, dove purtroppo Sten si è infortunato una spalla, rovinandosi un po’ questo bellissimo viaggio. I ponti, i fiumi, il portoghese, il fado viado in un minuscolo locale dell’Alfama, saudade, e allegria.

Proprio un bel viaggio. Di quelli che restano nel cuore e di cui si continuano a ricordare gli odori, i sapori. La luce.

 

Napul’è

Quattro giorni a Napoli con Sten, un lungo ponte ricreativo e romantico, il mio regalo per il suo compleanno.

Tranne transitarci l’anno scorso per andare a Ischia non mettevo più piede in questa città meravigliosa da quando ci ho lavorato facendo la pendolare, Lula piccolissima, tra i dieci e i sedici mesi, io affannata ogni mattina quando fuori era ancora buio, autobus fino alla stazione, il treno delle 6.10 per arrivare puntuale alle 8 a Castel Capuano. E poi fuggire alle due per tornare a Roma in tempo per andare a prendere la figlietta al nido, a meno che non erano giornate di lunga, allora arrivavo più tardi e la trovavo già a casa. Il tempo di stare un po’ con lei e Sten, cenare, andare a dormire prestissimo, sveglia alle 5, autobus, treno, eccetera eccetera. Un periodo faticosissimo, per fortuna durato poco, ma non così poco da non aver provocato danni.

Ma in questi giorni di vacanza, invece, che bellezza girare per Napoli senza fretta, entrare nelle chiese, visitare i musei, passeggiare per il lungomare, mangiare la pizza buonissima, ammirare le isole dalla certosa di San Martino o dal parco di Posillipo, chiacchierare a colazione con i proprietari del bed & breakfast impreziosito da un enorme giardino interno stupefacente… daposillipo

Certo, le contraddizioni e le disgrazie di Napoli sono lì, sotto gli occhi di chiunque, le tante bellezze mal curate – che rabbia trovare le sale chiuse al Museo archeologico nazionale e un pessimo sistema di segnaletica! – o depredate, come i libri antichi della biblioteca sotto sequestro giudiziario dei Girolamini, per non parlare della monnezza visibile e invisibile, in superficie o interrata, più o meno tossica, che fa tremare tutti noi al pensiero di quello che che mangiamo e abbiamo mangiato considerandolo il cibo più buono del mondo.

Napoli è anche questo, come molte altre parti d’Italia, piene di bellezza tradita e nascosta, attraversate da illegalità, indifferenza e scempio.

pitturaMa quando la bellezza la vedi e la respiri, e il passato si lascia accarezzare dal presente, allora dimentichi gli orrori, guardi il mare, un’isola lontana, una menade danzante proveniente da Pompei, e riesci ancora a non perdere la speranza.

Funamboli e scrittori-maratoneti

Capire la corsa è accordare il vento della camminata al soffio del cavo, senza porsi domande.

La corsa non è il modo per andare rapidamente da un’estremità all’altra del filo.

La corsa, ah ah! È il riso del funambolo

Philippe Petit, Trattato di funambolismo

 

Insieme a questo libro del grande funambolo francese, con prefazione di Paul Auster, due care amiche mi hanno regalato L’arte di correre di Haruki Murakami, uno dei miei scrittori preferiti.

Due libri inaspettati – il mio compleanno ormai è passato da mesi – ma desiderati, sfiorati da tempo. Petit ha sicuramente ispirato il titolo che alla fine ho scelto per il mio libro, e all’epoca passai  in rassegna le foto delle sue memorabili imprese cercando in rete immagini di funambolismo da utilizzare per la copertina. 

Il funambolismo di Petit e la corsa di Murakami come disciplina e metafora della sua scrittura credo abbiano molto in comune.

Nell’introduzione al Trattato, Paul Auster scrive: “il funambolismo è un’arte solitaria, è un modo di affrontare la propria vita, nell’angolo più oscuro di se stessi. Se letto nel modo giusto, il libro diventa la storia di una esplorazione, un racconto esemplare dell’umana ricerca di perfezione. Così, esso ha più a vedere con la vita interiore che con il funambolismo.”

E cosa scrive Murakami nell’introduzione al suo “diario incentrato sull’azione di correre”? “A quel punto mi è risultato chiaro che scrivere onestamente sulla corsa a piedi significa scrivere onestamente in una certa misura) sulla mia personalità.”

Ho bisogno di disciplina, metodo e quella giusta dose di pazzia per affrontare il cavo lanciato sul vuoto: “La traversata sarà una successione di equilibri: su un piede, poi sull’altro.”

 

 

Notizie da Firenze

Venerdì sono andata a Firenze per il Consiglio direttivo e l’assemblea dei soci dell’Associazione Annastaccatolisa, è stato bello rivedere mamma Roberta, che è anche la nostra Presidente, alcune delle amiche di Anna Lisa e poter dare il via libera, con orgoglio per il lavoro fatto, alla pubblicazione sul sito del bando per la borsa di studio, di cui vi prego di dare massima pubblicità soprattutto tra gli addetti ai lavori. Adesso è il momento di moltiplicare gli sforzi per la raccolta fondi, ricordando a tutti che anche una piccolissima cifra può essere d’aiuto, e che se volete organizzare un’iniziativa dedicata a questo scopo l’associazione in qualche modo cercherà di supportarvi. Un grande impulso è stato dato dall’uscita del libro “Toglietemi tutto ma non il sorriso”, che verrà presentato per la prima volta  il 28 aprile a Montecatini Terme (Salone storico delle Terme Excelsior, alle 17.30) e poi a maggio in un posto importante che quando avrò i dettagli vi dirò.

Con l’occasione mi sono fermata a Firenze una notte, grazie all’ospitalità di un’amica, così il giorno dopo ho potuto rivedere la città dove mancavo da tanti, troppi anni.  L’emozione è sempre grande, Firenze è Firenze, e sono stata felice di rispolverare i ricordi degli studi universitari.

Finalmente sono riuscita a visitare il Museo del Bargello, ospitato nel palazzo del Capitano del popolo e dove, tanto per capirci, si trovano il David di Donatello e il Bacco di Michelangelo.

Grazie ai mirabolanti poteri dell’Iphone, con cui scattavo foto che in tempo reale postavo su Facebook, un mio compagno di liceo che vive a Firenze e lavora agli Uffizi ha scoperto che ero lì e mi ha chiamata per salutarci e andare a fare un giro nella Galleria, almeno per rivedere i miei quadri preferiti.

Non ricordavo che le sale fossero allestite in modo tanto pessimo, troppo vetro a proteggerle, cattiva illuminazione, segnaletica sconcertante. Peccato, peccato perché invece la densità di capolavori è tale da meritare una cura ben maggiore per renderli fruibili e apprezzabili come si deve. Però il luogo è magnifico, e quando si esce sulla terrazza e ci si trova davanti la cupola di Brunelleschi e il campanile, non è possibile non gioire per la bellezza di tutto quello che si ha intorno.

Prima di ripartire ho fatto in tempo a visitare Santa Croce e la Cappella de’ Pazzi, che non so descrivere quanta emozione mi ha dato la sensazione di trovarmi al centro di uno spazio perfetto.


Come una funambola

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