Bene. Ho superato anche questi controlli che avevano un valore simbolico molto forte, come già anticipato. Ho varcato la soglia di altri sei anni libera dalla malattia, come si usa dire, senza incappare in spiacevoli sorprese.
Oggi Esse, il radiologo, mi ha detto che ogni anno passato deve far aumentare la mia tranquillità. Che possano esserci strascichi del cancro primitivo diventa sempre meno probabile, anche se la scaramanzia non è mai troppa, e so bene che me ne potrebbe venire uno nuovo, così, con la stessa probabilità che possa venire a chiunque. Ma io sento che questo non accadrà, voglio che non accadrà. Non accadrà. È così e basta.
Continuerò a tenere le ovaie a riposo, in attesa che ci pensi naturalmente il tempo biologico, continuerò a prendere la pasticca serale di Femara, l’inibitore dell’aromatasi, finché Zeta lo riterrà opportuno, continuerò ad avere momenti di insofferenza per questa menopausa precoce, a farmi i piantarelli e a sognare di poter azzerare questi dodici anni.
Ma la cosa importante è che sono qui, il mio tempo è ancora un presente stabile, il futuro è immaginabile, nel passato mi concedo qualche incursione per non dimenticare mai di cosa è fatta la vita, nel bene e nel male.
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Al tempo è stato dedicato il Festival della scienza di Roma, concluso ieri sera, e nell’incontro Raccontare il tempo e i tempi della scienza si è parlato anche di medicina narrativa, una nuova disciplina di cui avevo scritto in questo post, sollecitata da un articolo letto durante una delle tante attese in ospedale, aspettando di fare un controllo.
Mentre la sociologa Stefania Polvani raccontava in che modo si stanno realizzando in Italia esperienze di Medicina narrativa, è passata una slide con l’immagine del blog di Anna Lisa, e ho avuto un sussulto. Dopo è stato inevitabile che le chiedessi come immaginava una possibile integrazione tra le due esperienze, quella della blogterapia nata autonomamente e spontaneamente tra persone che hanno sentito l’esigenza di raccontare e condividere il proprio tempo di cura e convivenza con il cancro, e questa nuova attenzione alla malattia anche come vissuto (illness) e non solo come fatto meramente biologico (desease) che si realizza nella medicina basata sulla narrazione (Narrative Based Medicine).
La risposta, più breve davanti al pubblico dell’incontro, e più articolata quando dopo ci siamo conosciute, è stata anche una promessa di futuri incontri e collaborazioni.
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