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Al voto

Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai.

E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…

Piero Calamandrei, Discorso agli universitari di Milano nel 1955

Le elezioni si avvicinano, è tempo di buttar giù qualche riflessione, perché nel mio karma la politica c’è sempre stata, anche se di questi tempi è difficile appassionarsi. Piuttosto c’è da deprimersi e temere il peggio.

Sono sempre stata di sinistra e credo che questa parola abbia ancora un significato: è un modo di vedere la realtà e interpretare il mondo irriducibile a quello della destra. Quando la sinistra tradisce se stessa, sbiadisce, si affanna a rendersi irriconoscibile, allora inizia a morire davvero e la destra avanza e afferma prepotentemente i propri dis-valori.

In un momento come questo andrò a votare scegliendo chi non fa calcoli elettorali nel reagire a quella che è evidentemente una preoccupante e gravissima fase di rigurgito fasciorazzista, con tanto di tentata strage, caccia al nero, vergognosamente derubricata a gesto di un folle provocata da una fantomatica invasione di stranieri che spacciano, stuprano, uccidono.

L’antifascismo è un valore fondante della nostra democrazia, ma gli italiani hanno la memoria corta, e sono diventati molti, troppi, quelli che non s’indignano di fronte ai raduni con saluti romani, al moltiplicarsi di episodi di intimidazione violenta, e addirittura agli spari contro persone immigrate.

L’antifascismo deve tornare ad essere insegnato nelle scuole, perché venga arginata questa pericolosa tendenza a dimenticare il passato, ignorare la storia mentre si fomentano i peggiori impulsi regressivi.

Il fascismo si combatte con la buona politica, riducendo le diseguaglianze, valorizzando le differenze, riaffermando con decisione quei principi che quando vengono applicati sul serio rendono le società migliori e le persone più felici.

E invece noi siamo alla fine di una campagna elettorale dove molti smemorati si faranno ancora abbindolare da promesse elettorali ai limiti del ridicolo, fatte da personaggi che avrebbero dovuto sparire dalla vita politica.

Molti continueranno a votare gridando onestà onestà, tappandosi gli occhi di fronte agli evidenti fallimenti dei governi locali pentastellati e alle tante contraddizioni espresse anche in Parlamento.

Molti si sentiranno costretti al “voto utile” per evitare di far vincere questa destra particolarmente pericolosa.

Ecco, questo è il solito problema. Votare qualcuno per impedire che vincano altri. Oppure, non votare chi tanto non conterebbe niente.

Un ricatto, il vecchio “turarsi il naso”, che non accetto. Preferisco scegliere, data questa pessima legge elettorale, chi mi rappresenterà meglio in Parlamento e voterà governi e leggi che corrispondono agli impegni presi con gli elettori.

In Liberi e Uguali non ci sono solo gli ex-PD, ma c’è quella parte di sinistra che negli ultimi cinque anni è stata più coerente con il nome che si è data, Sinistra e Libertà prima, Sinistra italiana poi, e che cinque anni fa, con l’alleanza Italia Bene Comune, ha chiesto voti per un progetto di governo che il PD ha tradito fin da quella campagna elettorale viziata dall’aver partecipato al governo Monti.

Non andrò a votare con entusiasmo, questo no. Ma ci andrò, come sempre.

Quest’anno più che mai guidata dai valori della Resistenza, dell’antifascismo, di chi ci ha restituito la libertà e strappato dalla barbarie.

Restare e cambiare. Più altre considerazioni sparse

Avevo scritto un post politico subito dopo le elezioni amministrative, e in particolare romane, ma l’ho cestinato.

Inutile infierire sulla ferita aperta da quando un sindaco regolarmente eletto è stato cacciato dal suo stesso partito senza una ragione valida a giustificare un atto tanto grave. Quel giorno è stato facile profetizzare ciò che è puntualmente avvenuto.

Il sistema democratico prevedeva che quel sindaco, Marino, e la sua giunta, avrebbero dovuto governare altri due anni, fino alle successive elezioni, per essere di nuovo sottoposti al giudizio degli elettori.

E perciò basta, ora ci teniamo la sindaca del M5S con la speranza che riesca a fare qualcosa di buono, e con la certezza che non potrà far peggio di chi aveva festeggiato la vittoria sei anni fa con i saluti romani in Campidoglio, facendo poi spadroneggiare i camerati di Carminati e Mafia capitale. Anche se, proprio oggi, il pensiero che i pentastellati abbiano scelto di stare nel Parlamento europeo con Farage, l’uomo della destra nazionalista che oggi esulta per la Brexit, dopo il voto referendario per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, non mi rassicura.

Eppure, anche di fronte alla scelta, miope, forse ubriaca di ignorante e pericoloso nazionalismo, fatta dalla maggioranza dei britannici (pare i più anziani e conservatori) tocca rispondere rilanciando: più integrazione, più accoglienza, più Europa dei diritti e delle opportunità, più partecipazione. Perché le politiche discutibili degli ultimi anni sono state attuate non da entità astratte, ma dai governi dei diversi Paesi membri. E quei governi siamo noi che li votiamo. Ah, già, qui in Italia da un po’ di anni succede così: in tanti hanno creduto di aver votato per un’alleanza di centrosinistra, e poi si sono trovati le larghe intese, con la destra. Larghe, e lunghe. Perché ancora durano.

 

Il voto di sinistra

Tra poco più di un mese ci saranno le elezioni politiche. Chi mi conosce o ha imparato a conoscermi attraverso questo blog sa che la politica non ha mai smesso di interessarmi e, sembrerò una marziana di questi tempi, addirittura di appassionarmi. La politica che mi appassiona e m’interessa non è certamente quella degradata a scambio, affarismo e potere per il potere, ma quella che cerca di leggere la realtà e governarla nell’interesse generale delle cittadine e dei cittadini, la politica partecipata e fondata su idee e progetti che riguardano la vita delle persone, il loro stare insieme in modo pacifico, solidale e giusto. La politica che m’interessa e mi appassiona usa parole che ancora hanno un significato e chi lo nega forse non vuole ammettere di aver scelto la parte sbagliata.

La politica che m’interessa e mi appassiona è di sinistra e, in questo momento, l’unico voto utile perché la sinistra possa governare senza complessi e senza paura è quello per Sel, che ha scelto di coalizzarsi con il Pd nell’alleanza Italia bene comune. Ho partecipato alle primarie e ora, convintamente, farò campagna elettorale perché persone che stimo molto possano entrare in Parlamento, che deve tornare ad essere un luogo di cui non vergognarsi. Non sarà facile, ma è bello pensare che sia possibile.

Adesso che il vento è cambiato

La felicità di sentire finalmente che il vento è cambiato, e nel vento si parla e si ride, si pensa e si spera, si progetta il futuro. Era un paese brutto, bruttissimo, quello che ogni giorno dovevo spiegare a mia figlia Lula, cercando di far germogliare in lei la stessa passione ideale con cui è sano crescere e pure invecchiare. Mi sentivo prigioniera in una riserva indiana. Ci sentivamo un po’ tutti prigionieri, pronti alla fuga da un luogo ostile e ottuso tenuto in ostaggio da un personaggio indecente e dalla sua corte dei miracoli.

Cosa deve succedere ancora? Quanti scandali, bugie, insulti, attentati al sistema democratico, buffonate internazionali, crisi economiche, controriforme scolastiche, furbetti, cricche, risate all’alba di un terremoto, olgettine, orgettine, precarizzazioni, brunettizzazioni, risse parlamentari, parlamentari scilipotati?

Anche stavolta ce la farà, temevo. Dal cilindro tirerà fuori il coniglio per gli allocchi. Le donne in piazza che hanno gridato se non ora quando?, gli studenti in movimento, i precari sui tetti non basteranno, temevo.

Però.

Però sentivo che prima o poi da qui, dalla rete, qualcosa di grande sarebbe avvenuto. Se la televisione ha berlusconizzato l’Italia, la rete la sta deberlusconizzando.

Una spia c’è stata quel giorno che Lula, vedendo alla tele un servizio sui sostenitori del presidente del consiglio, mi ha detto: “mamma, sono tutti vecchi!”

Era vero. Era difficilissimo vedere una faccia giovane tra coloro che giustificavano le serate di Arcore davanti al palazzo di giustizia di Milano.

Dal No B-day del popolo Viola è stato un crescendo con alti e bassi, dentro e fuori la rete, finché l’occasione elettorale trasformata da berlusconi in referendum pro o contro se stesso è stata colta e trasformata in autentica riscossa democratica e rivoluzionaria. La rivoluzione gentile di Pisapia, lo scasso irruento di De Magistris, la sorpresa cagliaritana del giovane vendoliano Zedda, per non dimenticare i tanti altri comuni e province strappati al centrodestra e alla lega segnano la rottura del recinto della riserva. Hanno vinto le idee sulla ricchezza e sul potere, le risposte ironiche agli attacchi violenti e volgari, l’impegno sulla paura, la democrazia della rete sulla monarchia televisiva.

Adesso che il vento è cambiato è più facile guardarsi intorno e riconoscersi. Non c’è nemmeno bisogno di spiegare a Lula cosa sta accadendo. Lei sa che è un vento buono, e che lo stavamo aspettando.


Come una funambola

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