Archive for the 'sogni' Category

Scriverne?

Mentre sfogliavo un blocco per appunti che ogni tanto utilizzo per scrivere a mano – un’abitudine che non ho perso, perché utilizzando carta e penna mi sembra che i pensieri fluiscano in modo più limpido – ho ritrovato gli appunti presi per la presentazione di Scriverne fa bene a Modena.

“La tesi del libro è che attraverso la narrazione di sé chi si ammala trova la voce giusta per descrivere l’esperienza vissuta, ritrovare l’orientamento e tracciare una nuova rotta per uscire dal naufragio.”

“La parola è un filtro che permette di esibire le proprie ferite e fragilità senza scandalo o vergogna. La parola mi protegge e mi apre al mondo. Per questo scriverne fa bene. Soprattutto attraverso un blog, in rete, in tempo reale.”

La notte prima di questo ritrovamento avevo sognato che il cancro tornava, e che il dottor Zeta, ormai in pensione (che è vero, ma per l’emergenza Covid ha ricominciato a lavorare) stavolta mi avrebbe affidato a un suo collega.

Non ero troppo spaventata, anche perché Zeta mi spiegava che la prognosi era positiva grazie al fatto che mio padre aveva avuto lo stesso tipo di patologia, e nel sogno era ancora vivo. Evidentemente ho mescolato la possibile ereditarietà di una malattia oncologica con l’immunità che si sviluppa contraendo un virus.

Non so perché sto mettendo insieme queste due cose: la funzione delle parole, e le paure che abitano i miei sogni.

Certamente in questo periodo in cui mai si è parlato e scritto così tanto di malattia, salute, cure, guarigioni, ospedali, servizio sanitario pubblico, è inevitabile per me confrontare le due condizioni, quella del cancro, che conosco, e quella di una pandemia che sta sconvolgendo e ha sconvolto il mondo intero.

Anche in questo caso le parole, la scrittura, la narrazione, potranno aiutare chi si è ammalato ad attraversare la tempesta e ridisegnare la mappa per orientare una nuova esistenza?

Ritorno

La notte scorsa ho sognato mio padre.

Tornava a casa, come da un viaggio, o da una lunga assenza. Ad accoglierlo eravamo io e Sten, che nel sogno vivevamo lì, nella casa dove in realtà ora mia madre vive sola. Mentre aspettava che liberassimo la loro stanza dalle nostre cose – mia madre dov’era? – ci siamo messi a parlare in quello che un tempo era il suo studio, poi diventato la stanza di mia sorella, poi di nuovo il suo studio, e infine, ora, una delle stanze della casa dove mamma vive e lo evoca ogni momento. Era pallido, quasi evanescente, ma era lui, in una fase anche abbastanza giovanile. Mi ha fatto sentire protetta e rassicurata.

“Papà, sei tornato?”

“Sono qui.”


Come una funambola

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