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Cutro

Il mare nostro, come il nome dato alla missione che doveva interrompere la tragedia dei naufragi, ed è durata solo un anno, continua a restituire cadaveri sulle spiagge della Calabria.

Bambini, donne e uomini, famiglie intere.

Li avevano avvistati, ma sembravano galleggiare.

E poi, tutti obbligati a stare ammassati sotto coperta, nemmeno si vedevano. Sì, certo, lo sapevamo che erano tanti.

Ma non hanno chiesto aiuto.

Era un’operazione di polizia.

Il mare era troppo mosso per le motovedette della Guardia di finanza.

Sono tornati indietro.

Pazienza, li aspetteremo a terra, così arrestiamo i cattivi scafisti.

E invece sono arrivati i cadaveri.

I cadaveri dei bambini, delle donne e degli uomini.

Non si mettono in pericolo i propri figli affrontando un viaggio così, ha detto il ministro.

Volevo dire, si giustifica poi, che dovevano aspettarci, saremmo andati a prenderli noi.

Ipocriti criminali.

Fate i decreti contro le ONG che impediscono proprio questo. Le obbligate a impiegare giornate di navigazione in più.

Ma questa non era una rotta battuta dalle ONG…

Appunto, non c’erano nemmeno loro a poter salvare quelle povere persone.

Lo dovevate fare voi.

Li avevate visti.

Sapevate che le condizioni del mare sarebbero peggiorate.

Potevate salvarli.

Dovevate salvarli.

Dalla parte giusta

Un padre e una figlia morti abbracciati attraversando il Rio Grande, tentando di raggiungere gli Stati Uniti. Aylan, il bambino siriano annegato e trovato morto sulla riva di una spiaggia turca, qualche anno fa. Le tante persone morte a largo delle nostre coste, annegate, o uccise dalle condizioni disperate che accettano di affrontare pur di arrivare alla fine di un viaggio iniziato chissà quando, per sfuggire a una vita ancora peggiore, o all’inferno dei lager libici. Magari attraversare un fiume, un braccio di mare, un valico di montagna rappresentano la salvezza, il futuro, la speranza di un’esistenza nuova. Il diritto di sfuggire alla guerra, alla fame, alle persecuzioni, alla povertà è un diritto che deve sempre essere tutelato. Sempre.
Per fortuna c’è qualcuno che ancora pattuglia il mare, le famigerate, pericolosissime ONG, come la Sea Watch e Mediterranea, che salvano naufraghi e cercano di portarli in un luogo sicuro, come impone il diritto internazionale. Che testimoniano cosa succede nel Mediterraneo, ora che sostanzialmente le operazioni di salvataggio gestite dagli Stati sono state chiuse.
Però c’è un governo, quello italiano, che si rifiuta di accogliere poche decine di persone stremate, emana decreti punitivi nei confronti di chi salva vite umane, sbraita contro le regole europee sui migranti ma non si presenta nelle sedi deputate a modificare queste regole.
Minacce e insulti da un ministro degli interni alla comandante di una nave che infrange la legge per rispetto dell’umanità che ha salvato. Io sto dalla parte dell’umanità, tutti dovremo esserlo.

Ri-Costituzione

Cosa sta diventando questo Paese? Rispondere a questa domanda è doloroso, perché mostra una realtà ottusa e crudele, che inevitabilmente ricorda tempi passati o luoghi che immaginavamo lontani e perduti.

Non ora, non qui.

L’assenza di umanità rivendicata con cinismo, l’umanità derisa e oltraggiata.

Lo spregio per il diritto quando il diritto non è semplicemente regola astratta, ma obbligo concreto e universale di protezione, di sostegno e di cura.

L’attacco alla scienza, al valore dello studio e della cultura, perché da sempre intelletto e giudizio si scontrano con gli assiomi del potere, quando il potere si crede arbitrario, illimitato e si nutre dell’ignoranza più cattiva.

Per l’ennesima volta mi è capitato di rileggere, tutta d’un fiato, la Costituzione della Repubblica italiana. La nostra bella Costituzione. E quello che colpisce, ogni volta, è la chiarezza e la semplicità del linguaggio perché chiunque possa comprenderne i principi e le disposizioni che oggi i ministri della Repubblica italiana calpestano:

Art. 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 10

L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.

Dobbiamo difendere questi principi, e ribellarci al potere che li calpesta. Per ri-Costituzionalizzare un Paese che respingendo se ne va alla deriva.

Senza frontiere

Oggi ho avuto un attacco di pianto mentre guardavo in televisione l’arrivo dei migranti a Monaco, accolti da applausi e commozione. Volti finalmente sorridenti. Piangevo perché avevo in mente il corpo del bambino Aylan riverso sulla spiaggia di Bodrum, e quelli di tutti i morti che ha inghiottito o trasportato il Mediterraneo. E i corpi asfissiati nel camion in Austria.

Piangevo di dolore e di speranza.

Il dolore per tutte quelle morti, e la speranza che l’Europa riesca a far prevalere la propria anima accogliente e tollerante, democratica, aperta. Come quella delle tante cittadine e i tanti cittadini europei che in queste ore non si sono limitati a guardare quello che stava accadendo, ma hanno offerto aiuto a tutti quegli essere umani in cammino.

 

 

 

 

Al riparo del Baobab

baobabHo iniziato a dare una mano al centro di accoglienza autogestito da immigrati Baobab di Roma, grazie a un passaparola solidale che sollecita risposte, appunto accoglienti, all’emergenza migranti, risposte molto diverse da quelle respingenti e fobiche che auspicano leghisti e razzisti di casa nostra, e che purtroppo praticano anche i governanti europei.

Ieri con Sten abbiamo smistato sacchi di aiuti (alimentari, vestiario, prodotti per l’igiene, borse e zaini, giocattoli per bambini) che per fortuna arrivano in quantità straordinaria, per poter mettere a disposizione dei migranti, in particolare al Baobab sono eritrei, quello che effettivamente serve al loro soggiorno o servirà nel momento in cui dovranno ripartire per proseguire il loro viaggio.

Oggi invece abbiamo aiutato a preparare e a distribuire il pranzo, pane injera con sugo di lenticchie, pomodori, cetrioli e macedonia. Dopo due ore la fila di giovani donne, giovani uomini, qualche ragazzino, sembrava non finire mai, i pasti distribuiti sono stati circa 560. Un numero impressionante, anche secondo il coordinatore dei volontari  che, come noi, aveva la pelle d’oca quando ce lo ha comunicato.

Non avevo mai fatto qualcosa di così concretamente utile per gli altri, e mi sono resa conto che l’impegno politico deve essere alimentato anche da questo genere di impegno, civile e solidale. Ne parlavamo con un’amica che ho ritrovato nella cucina del Baobab a tagliare pomodori e frutta.

Non avevo mai visto così da vicino la realtà che ogni giorno ci viene raccontata come qualcosa, a seconda dei punti di vista, per cui indignarsi o di cui aver paura.

Ho visto cosa significa avere fame, ho guardato negli occhi le persone a cui ho tentato di regalare un sorriso insieme a un paio di mestoli di lenticchie. Nei campi libici mangiavano una manciata di pasta cruda da intingere in un bicchiere di plastica con un po’ d’acqua, ed erano costretti a stare accovacciati a testa bassa.

Sono solo stata fortunata a nascere qui, e queste persone invece hanno avuto la grande sfortuna di vivere in luoghi tormentati dalla carestia, dalla guerra, da violenze inaudite. Adesso hanno bisogno di essere soccorse e aiutate a proseguire il proprio viaggio in sicurezza, magari per ritrovare dei parenti, o per trovare un luogo dove poter vivere dignitosamente. Invece trovano frontiere chiuse, respingimenti, muri e ostilità.

Una volontaria mi ha indicato un bambino.  È arrivato qui da solo.

Il Baobab lo ha accolto.

 

 

 

Migranti (3 ottobre 2013)

Quante volte ci siamo indignati e quante volte dovremo farlo ancora? La rabbia s’impasta allo sgomento, allo strazio per quelle morti assurde che solo in quanto morti riescono a guadagnare attenzione e diritto di cittadinanza. Chi sopravvive invece diventa criminale, reo di clandestinità, grazie a una legge che porta il nome di un ex fascista e di un razzista a tutto tondo. Quella legge va cambiata, e in fretta, e i migranti devono essere accolti vivi, tutti vivi, perché chi scappa dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione, non deve attraversare altri inferni ed essere inghiottito da un mare reso crudele dalla crudeltà di chi a terra non li ha voluti vedere.Non ricordo più chi l’ha detto, forse la sindaca di Lampedusa: dobbiamo essere noi ad andarli a prendere, ci devono essere mezzi di trasporto sicuri per garantire la possibilità a chi vuole lasciare il proprio paese di farlo senza rischiare la vita, senza doversi rivolgere a criminali trafficanti di esseri umani, senza rischiare, se riescono a sopravvivere a quei viaggi da incubo, di essere respinti perché clandestini, di essere criminalizzati perché migranti senza permessi, di essere privati di quei diritti che per noi sono fondamentali, per loro sogni quasi irrealizzabili: la libertà, la vita, un’esistenza dignitosa.


Come una funambola

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