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Fine estate

Oggi sono ufficialmente terminate le mie vacanze, che soprattutto negli ultimi dieci giorni sono state vacanze vacanze. Stacco completo, ero in un posto dove non c’era campo per il cellulare, ergo nemmeno per Internet, tranne quando eravamo in spiaggia. 560501_10201753824278056_748988753_nNiente televisione, in mezzo alle montagne a qualche chilometro da Maratea, tra pecore, capre e mucche, dei bravissimi musicisti tra gli ospiti, il pastore novantenne che portava il formaggio e veniva a socializzare ogni sera, il silenzio del tramonto rotto dai campanacci delle mandrie, i preparativi per la cena che oscillava tra i venti e i trenta coperti, il mare del giorno dimenticato quando si tornava su, a casa.

Ci voleva. Immersione nella natura e nei sensi, l’anima ripulita dai grumi di sofferenza dei mesi passati. Le radici per un nuovo inizio.

Comunicato di servizio

Breve sosta romana, verso sud. I giorni maremmani sono stati indolenti e dedicati al recupero, ai bisogni primari, con uno spazio colto finale riempito da un concerto per pianoforte sotto le stelle. Tanta lettura, ma Proust interruptus, non abbandonato, infatti il secondo e terzo volume sono in valigia. Io e Sten ci contendiamo l’e-reader, che è  davvero fantastico per il mare. Non ho scritto nemmeno una riga, ma va bene così. O meglio, ho scritto qualcosa per me, solo per me.  Come ai vecchi tempi.

Il sole e il mare sono sempre una mano santa.

 

 

Vacanza

Finalmente ci siamo. Domani ultimo giorno di lavoro, e poi via, in vacanza: un po’ di consueta Maremma, e poi molto più a Sud, dalle parti di Maratea, in un posto dove so che mi riposerò moltissimo, a metà tra una comune e un agriturismo, qualcuno che cucina, mare bellissimo, noi tre, amici, musicisti di passaggio, e poi chissà.

Ho bisogno di essere vacante, leggera, coccolata, amata, divertita e divertente, abbronzata, desiderata, rassicurata, rigenerata, restituita alla me che sta già rifiorendo, che un po’ si era persa e un altro po’ era rimasta ancorata ad un fondale troppo torbido. Ho bisogno di prendere il largo, seguire la rotta ma senza temere di assecondare il vento.

Non so se manderò in vacanza anche il blog. Ma no, lui non è un lavoro, è il mio rifugio per tutte le stagioni.

 

Il lettore mancato

Il libro comincia a circolare, viene acquistato, letto, prestato, regalato. Una cosa bellissima la stanno facendo le cancer bloggheresse: hanno pensato di regalare una copia in memoria di papà ai centri oncologici che ognuna di loro frequenta. Adesso aspetto trepidante che ne pensa Anna Lisa, l’unica del gruppo a cui l’ho mandato, visto che si trova da quattro settimane in ospedale – in beauty farm, come lo chiama lei.

Due cose mi vengono dette costantemente da chi lo legge: che prende e che ci si commuove tanto. E pure che è un vero libro. 

Mi dispiace tanto che papà non abbia potuto leggere Come una funambola, dall’inizio alla fine. L’ho visto com’era curioso quella mattina che sfogliavamo insieme a mamma la prima prova di stampa, mentre aspettavamo che entrasse a fare la chemio. E com’era stata acuta la sua osservazione sulla foto della copertina, che gli era piaciuta tanto, anche se mi aveva invitato a ingrandirla per renderne più visibile  il legame con il titolo. Aveva ragione, e infatti mi sono messa a navigare come una pazza per ritrovare quella foto in rete nelle dimensioni giuste. Certo, non avrebbe cambiato il corso della sua malattia, troppo cattiva e avanzata per fermarsi, ma voglio credere che sarei riuscita a trasmettergli qualcosa del mio modo di reagire. Che avrebbe compreso quello che non ero in grado di spiegargli guardandolo negli occhi e leggendovi dentro un rassegnato sgomento.
Ma ho fatto una promessa con me stessa: niente rimpianti, dietrologie, rancore verso ciò che è stato, domande inutili, imprecazioni contro un destino che ha infierito impietosamente. La parola d’ordine è: accettazione e nutrimento dei ricordi, quelli più cari e confortanti, che riempiono il cuore, e non lo scavano.

Fine agosto

Ultima sera sul colle maremmano.

Ho ceduto alle richieste di Lula che aveva un invito a dormire da un'amica che si chiama come lei e che ha una madre che si chiama come me. Spesso succede così, che solo alla fine della vacanza si scatena la sua vita sociale, di giorno alla spiaggetta sotto casa e la sera nel più brutto paese della toscana – il più vicino al colle – con un gruppetto di coetanei. Temevo che quest'anno non avrebbe retto, visto che noi abbiamo sempre amici nei paraggi, lei invece no. E' stato particolarmente carino rivedere un'amica/compagna dei tempi della fgci che trascorre qui tutta l'estate, da qualche anno. Non ci eravamo mai incontrate, ma evidentemente attraverso un mio messaggio sibillino su facebook ha scoperto che parlavo proprio degli stessi luoghi.
Un paio di volte sono tornata a Roma a fare un po' di coccole a mio padre e a mia madre, a ritirare referti e parlare con medici. Avrei voluto esserci sempre, ma non avevo voglia di stare troppo a lungo lontana da Lula e Sten. E' stato un compromesso accettabile, una vacanza non proprio spensierata, ma qualche momento di stacco e di ricarica c'è stato. Ho letto non moltissimo, scritto niente, pensato poco.
Domani è un altro giorno.

Prima pausa

Il caldo appiccicoso è arrivato. A piazza Navona, poi, la temperatura era ancora più alta, un po' perché c'era tanta gente raccolta per la manifestazione contro la legge-bavaglio e un po' perché nella mia piazza preferita non tira mai un alito di vento. Non so se servirà a qualcosa, ma come al solito in queste occasioni ci si sente bene, tra simili, e almeno per un po' ci si illude di vivere in un paese che non ha completamente svaccato, degno del luogo che ci accoglie.

Domani inizia una vacanzetta settimanale sul colle maremmano, e forse domenica riusciremo pure a fare un pranzetto con qualche bloggheressa che ha raccolto il mio invito. L'incontro mancato di febbraio m'è rimasto qui, e dobbiamo assolutamente recuperare. 

Sono contenta che la prossima settimana io e Lula saremo sole, core a core, al mare. Io ho bisogno di staccare un po', ricaricarmi per affrontare un altro pezzo di luglio impegnativo, e ci farà bene ritagliarci uno spazio e un tempo tutto nostro, lontano dai piccoli conflitti quotidiani e dalle grandi preoccupazioni familiari.
 

Il mio mare

Breve fuga maremmana, e c'è scappato pure il primo bagno della stagione, nel mare mosso ma pulitissimo della Feniglia. Passeggiando con Sten, Lula, Piero e il suo cane, verso il parco dell'Uccellina, dopo aver fatto colazione al bar del porto di Talamone, abbiamo fantasticato sbirciando tra i cancelli e le siepi delle case a picco sul mare. Ci vivresti qui? Sì, sì, ci vivrei. Il mare, l'isola di fronte, la macchia mediterranea, le torri saracene, un porto, le barche, Roma non così distante, Un paio di cinema a Orbetello, e altri a Grosseto. Sì, ci vivrei.

Poi è tornata la pioggia, siamo tornati qui. Fa freddo, i benefici della fuga svaniti in un attimo.

Tristezza e preoccupazione. Carezze sui punti dolenti, baci sulla fronte sfebbrata. Attesa perché arrivi finalmente qualche beneficio duraturo dalle terapie.

PENSIERI DEL RITORNO

FilippiSamotracia2009 056Non ricordo di aver mai trascorso un periodo di vacanza così lungo senza avere contatti (mentali, giornalistici, informatici) con quello che lasciavo a casa, nel mio paese. Sì, certo, mi si è aperta qualche finestra attraverso gli immancabili internet bar, ma lo stretto necessario a organizzare il proseguimento del viaggio. Le rare volte che ho aperto l’home page di Repubblica l’ho richiusa subito, per evitare di rovinarmi lo stato d’animo vacante, in vacanza, altrove. Ho trascurato anche la moleskine, e come spesso accade quello che ho scritto lì ora mi pare inutile trasferirlo in queste pagine. Il blog era in vacanza con me, con me è tornato. Solo una sera, improvvisamente, qualcosa mi ha fatto tornare con la testa al mio karma: un sms di mia madre, che un tempo leggeva il blog e poi ha smesso di farlo quando infuriava la battaglia. Diceva:  "sto leggendo il tuo blog a ritroso, brava. Ti voglio bene." Carina, eh?

Oltre alle cose belle che ho visto, dal mare della Calcidica, di fronte al Monte Athos, alle rovine di Filippi, da Samotracia alle tombe reali dei macedoni a Virgina, dalla città vecchia di Salonicco alle chiese bizantine dove faticosamente mi trascinavo Lula e Sten, una cosa degna di nota, almeno per me, è che dopo dieci anni ho ricominciato serenamente a prendere il sole con le tette (una e tre quarti, per la precisione) scoperte. Proprio serenamente no, visto che Sten mi ha fatto notare che avevo sempre un atteggiamento protettivo nei confronti di quella così così, come la definiva Lula prima che me la facessi rimaneggiare un po’. Anche se il topless è passato di moda, a due mesi dal decennale (sì, sì, sono dieci anni che è iniziata la storia) mi ha fatto sentire bene, ancor più riconciliata col mio corpo. 

Bene, adesso sono qui, e c’è poco da scherzare. Siamo messi ancora peggio, un baratro da cui pare impossibile risalire. Sarà un autunno duro, e pure se la tentazione forte di inventarsi una nuova vita altrove, possibilmente in un luogo libero da cui non perdere mai d’occhio il mare, è forte, vorrei provare a ricominciare a sentirmi bene a casa. 

Dal Santuario dei Grandi Dei

ISOLE

pinnaQuesto blog è sonnacchioso. Volevo pubblicare la foto della pinna di un delfino che abbiamo visto sabato, andando all’isola del Giglio, ma per sbaglio non l’ho salvata. Uff. Al Giglio ricordi di dormite sulla spiaggia, alla fine degli anni ’70, da vera fricchettona. In realtà era una finta, avevo dodici, tredici anni e insieme a mia sorella e a ad altri amici avevamo i genitori in barca, e per noi non c’era posto. Così, quando all’alba i Carabinieri ci hanno svegliato – saremo stati una cinquantina di persone col sacco a pelo – noi abbiamo fatto la figura delle figlie di papà, indicando la barchetta a vela e il gommone ancorati in rada. Poi la notte dopo abbiamo dormito in una spiaggetta più piccola, eravamo solo noi e una coppia con la lei che portava il pareo in un modo fichissimo che ho subito copiato e che certe volte utilizzo ancora.

L’isola è ancora bellissima, a parte la spiaggia ex-fricchettona, ormai invasa da orribili costruzioni.

Ecco la pinna. Lo so, potrebbe essere qualunque cosa, ma vi giuro che è proprio uno dei due delfini che abbiamo incrociato in mezzo al mare.


Come una funambola

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