Posts Tagged 'capelli'

Luleide

Vorrei ritrovare il mio blog. Il blogghetto che amavo e che mi dava tante soddisfazioni. Più di ogni altra cosa, vorrei ritrovare la leggerezza di scrittura con la quale ero in grado di raccontare una banalissima scenetta familiare ma anche  una cruciale visita con il dottor Zeta. Sarà che alle visite cruciali con il dottor Zeta ormai assisto per  lo più come ex-paziente esperta non autorizzata a divulgarne i contenuti – e le scenette familiari, con una figlia ultra dodicenne, sono quasi regolarmente dei match o dei contrappunti tra monotone richieste e scorbutici mugugni. Ieri, per esempio, per la prima volta dopo mesi – oserei dire che potrebbe essere passato un anno – siamo riusciti a trascinare l'adolescente pigra sulla pista ciclabile. Il risultato della passeggiata, con moltissime pause all'ombra e pranzetto al nostro solito circolo sul fiume è la dichiarazione seguente: "Lo sport non fa per me. Giusto la danza, un po' di nuoto – nel senso di stare a mollo al mare – e lo sci." Be', meglio di niente.

Mi sono tagliata i capelli in modo piuttosto radicale. Forse troppo. Ma il mio parrucchiere si entusiasma quando ottiene il mio via libera incondizionato, e sforbicia, sforbicia, sforbicia. E alla fine esulta. Mi intima di mantenerli sempre così. E pure io in fondo sono contenta e so che Sten apprezzerà. In realtà finora hanno apprezzato in molti. Tranne lei, Lula. Che prima mi ha detto "carina!", poi mi ha scrutato per qualche secondo e ha storto il naso. "Mah… Mi piacevi di più prima." Ci sono rimasta male, anche se lo sapevo. Allora è venuta ad abbracciarmi e a farmi quelle coccole un po' goffe e tenerissime che per fortuna è ancora in grado di fare.

Per compensare la biciclettata ieri è rimasta per la prima volta a cena da sola, perché si è rifiutata di venire a un doppio compleanno di nostri amici, che lei adora e conosce benissimo. A un certo punto mi ha telefonato, immaginavo per chiederci quando saremmo tornati, e invece voleva solo comunicarci che la gatta aveva fatto secca una piccola preda non meglio identificata, con cui poi si era messa a giocare lanciandola verso di lei che tentava di farla rientrare a casa. Orrore! A quel punto è arrivata la domanda: "quando tornate?"
"Presto. Tra poco. Però potevi venire…"
"Uffa. Che palle! Ciao eh?"
 

COMUNE FUTURA

civita febbraio 2008 005La settimana scorsa è finita assai bene, prima con un’ottima notizia attesa e giustamente festeggiata, poi con l’aria buona e fredda di Civita, arroccata sul tufo, e grandi mangiate davanti al camino, un compagno di liceo ritrovato, fantasticherie comunitarie sulla sua enorme casa di famiglia in vendita e che ieri mattina siamo andati a vedere, con la scusa che bisognava potare le rose. Negli scatoloni numeri dell’Espresso del 1985 dove scriveva suo padre, l’album Giotto (quello con Giotto che disegna la pecorella davanti a Cimabue) del mio amico in terza elementare, la soffitta con l’affresco tropicale fatto da lui e sua sorella, tanti libri, in soffitta tracce di topolini e vecchie biciclette, un numero quasi incalcolabile di stanze, una grande cucina, fuori il patio, il grande prato alto sulla campagna intorno, il muro giallo un po’ scrostato ma anche rosa.

Lula, mentre giocava sul prato: “però se si pulisce bene dentro, si dipinge fuori e si sistema un po’, e magari qui ci si costruisce una bella piscina… Si può fare!”

Vediamo come vanno le elezioni, poi ci si pensa. Anche se quando penso a un luogo dove fuggire lo immagino verde, ma anche azzurro come il mare che vorrei poter vedere ogni giorno.

LOVE LIFE

Dopo la lezione di yoga venerdì mi sono trascinata l’insegnante alla presentazione di Love life, come ho annunciato nel post precedente.

Mentre aspettavamo ho esaminato le signore in attesa di entrare, quasi tutte associate dell’ANDOS, e valutavo chi fosse sotto chemio e chi no. Ormai le parrucche sono fatte bene, è facile scambiarle per capelli veri, ma non per me, soprattutto se a indossarle è una malata di cancro. Per la prima volta ho realizzato che il mio rifiuto di quell’oggetto entrambe le volte che ho perso i capelli, e la preferenza per fazzoletti, foulard, bandane e simili, sotto sotto significava che non avevo nessuna intenzione di nascondere il mio “status”.

Tra le parti del libro raccontate da Francesca D’Aloja c’è quella in cui lui, il protagonista, rade i capelli della moglie e intanto le bacia il cranio nudo.

Peccato davvero che ci fossero pochissimi uomini, perché, com’è stato detto durante la presentazione,  il modo con cui Ray Kluun racconta la diagnosi, la malattia e la morte di sua moglie, una di quelle donne che per colpa di un medico incapace ci ha rimesso la vita, è appunto un modo maschile e dolorosamente sincero, che svela tutti i pensieri più bassi che possono attraversare la mente di un giovane uomo che affronta per la prima volta il dramma di una malattia che colpisce la parte più simbolicamente femminile della sua giovane e bella moglie. Dai brani letti, dalle parole di Kluun tradotte da Claudia Di Palermo (che per tutta la durata della presentazione ho tentato di ricordare perché mi sembrava di conoscere, e alla fine ho scoperto che andava al mio stesso liceo) ho capito che Love life è scritto senza retorica con un linguaggio crudo, ironico ma commovente al punto che l’autore ha confessato di non riuscire a leggerne in pubblico certe parti, in particolare quelle finali, quando Carmen saluta sua figlia Luna prima di bere il bibitone con cui sceglie di morire prima di essere uccisa dalla malattia (siamo in Olanda, non dimentichiamolo…).

Scrivere questo libro è stato il modo per prendere veramente congedo da sua moglie, e dichiararle tutto il suo amore. Anche il racconto della genesi del romanzo mi ha impressionato. Dopo la morte di Carmen (o come si chiama  nella realtà) si è preso una lunga aspettativa ed è andato in Australia con sua figlia. Lì, nel camper, ogni sera dopo aver messo a dormire la bambina completava il diario che sua moglie aveva scritto per lei, e che le ultime settimane aveva dovuto interrompere perché non riusciva più a tenere una penna in mano. Tornato in Olanda ha scritto il romanzo in sei mesi, e quasi immediatamente ha avuto un successo straordinario. Quasi un milione di copie vendute solo lì.

Io mi preparo a piangere, a star male. Ma lo voglio assolutamente leggere.

LA BRUNETTA DEI RICCHI E POVERI

Finalmente sabato sono tornata dal parrucchiere per tagliare i ricci che crescevano scompostamente. Lula ogni mattina mi guardava e sospirava. “Mamma, sono carini i capelli ricci. Ma sono troppo disordinati!” Una collega durante la prima fase riccetta mi chiamava Astrakan, poi ha smesso di chiamarmi. Io a ogni lavaggio praticavo il fai–da-te sforbiciando qua e là dove i ricci continuavano ad arricciare sfidando le leggi di gravità con effetto cavatappi.

Per farla breve, era ora di tornare dal mio coiffeur di fiducia.

E lui è stato felice di vedermi, ha sforbiciato con cura, e sforbiciando ha fatto apprezzamenti positivi sulla consistenza della mia chioma, e mi ha raccontato le vicissitudini di suo padre in attesa di essere operato per un tumore all’intestino.

Quel po’ di biondo residuo estivo non c’è più, ora sono molto più scura, i capelli bianchi ancora sotto controllo, e il giorno dopo la stessa collega mi ha detto “adesso sembri la brunetta dei ricchi e poveri…”

Ora voglio vedere se qualcuno mi ferma per chiedermi da quale parrucchiere vado, com’era successo quel giorno

 

La brunetta dei ricchi e poveri domani va a ritirare gli esami del sangue, a fare la diciottesima ecografia epatica degli ultimi sette anni e l’ ennesima radiografia del torace.

Che sarà, che sarà, che sarà-à-à

che sarà della mia vita chi lo sa-a-a”

La stessa brunetta dei ricchi e poveri lunedì, con tutto il malloppo, andrà a rapporto dal Generalissimo dottor Zeta, con cui vorrebbe poter parlare di strategie di pace, progetti utilmente creativi e filosofia zen. 

 

TRICOLOGIA

Il solito casino all’uscita di scuola. Quando finalmente sono riuscita a recuperare Lula, una genitrice, mai vista prima, mi ferma: “Scusa, ho visto che porti i capelli molto corti e anch’io li vorrei così. Puoi dirmi chi è il tuo parrucchiere? Ti ha fatto un taglio bellissimo.”

Sono scoppiata a ridere e ho guardato Lula, che mi ha risposto con un sorrisetto complice. Anche l’aspirante taglio cortissimo ha sorriso, senza capire perché.

E adesso che gli racconto a questa?

“Veramente questo non è un taglio…” Stavo per iniziare tutta la solfa, (“ho dovuto fare la chemio, sai quella medicina anti cancro che fa cadere tutti i capelli? Adesso sono ricresciuti, ma non posso consigliarti la stessa strada per averli così…”) poi mi sono frenata. Ho sempre portato i capelli corti e un bravo parrucchiere a buon mercato ce l’ho (la prima volta che ci sono andata gli ho detto che volevo il taglio di Sharone Stone, tanto per intenderci), quindi… “Sì certo, vai pure da Massimo, in via tal dei tali, è un mega centro molto lussuoso e incredibilmente economico. Il problema è che non puoi prenotare, quindi vai e spera di non dover aspettare troppo.”

“Grazie, grazie mille! Ci vado sicuramente. E ancora complimenti, stai benissimo!”

 

E proprio stamattina una mia collega mi aveva chiesto se avessi fatto già i colpi di sole.

“Ma no, figurati. Solo che mi sono ricresciuti d’estate, al sole, quindi si sono schiariti anche alla radice.”

“Che fortuna!” ha detto lei, “un bel risparmio… Peccato che non puoi raccomandarlo a nessuno”

“Oh no, non sarebbe carino.”


Come una funambola

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