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Ri-Costituzione
Published 27 gennaio 2019 mare , memoria , Politica 3 CommentsTag:costituzione, diritti, migranti
Cosa sta diventando questo Paese? Rispondere a questa domanda è doloroso, perché mostra una realtà ottusa e crudele, che inevitabilmente ricorda tempi passati o luoghi che immaginavamo lontani e perduti.
Non ora, non qui.
L’assenza di umanità rivendicata con cinismo, l’umanità derisa e oltraggiata.
Lo spregio per il diritto quando il diritto non è semplicemente regola astratta, ma obbligo concreto e universale di protezione, di sostegno e di cura.
L’attacco alla scienza, al valore dello studio e della cultura, perché da sempre intelletto e giudizio si scontrano con gli assiomi del potere, quando il potere si crede arbitrario, illimitato e si nutre dell’ignoranza più cattiva.
Per l’ennesima volta mi è capitato di rileggere, tutta d’un fiato, la Costituzione della Repubblica italiana. La nostra bella Costituzione. E quello che colpisce, ogni volta, è la chiarezza e la semplicità del linguaggio perché chiunque possa comprenderne i principi e le disposizioni che oggi i ministri della Repubblica italiana calpestano:
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 10
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
Dobbiamo difendere questi principi, e ribellarci al potere che li calpesta. Per ri-Costituzionalizzare un Paese che respingendo se ne va alla deriva.
Non mi rassegno
Published 28 giugno 2018 Filosofia dell'esistenza , mare , Politica 3 CommentsTag:comunicazione
Della mia vita questo blog non racconta quasi più niente. Della mia vita, di questo triste Paese che respinge migranti, cancella la memoria, premia chi soffia sul fuoco dell’odio, inneggia a chi alza muri, chiude porti, stravolge il sentire comune, promette di tornare al passato più oscuro, illude con promesse apparentemente irresistibili. Menzogne.
Ma quando c’è chi diffonde messaggi quotidiani che stanno cambiando insieme ai connotati culturali e politici dell’Italia, la sua stessa anima, a forza di strappi, provocazioni, violazioni delle più elementari norme di convivenza civile, non possiamo restare in silenzio, bisogna usare le nostre parole, rispondere e rispondere, e ricostruire, indicare un’altra strada, riaccendere la speranza in chi scuote la testa e si sente impotente.
Ci vorranno tempo, passione, e anni di resistenza.
Ma io, a Salvini, non mi rassegno.
Due settimane in una bella isola baleare, Minorca, con Lula, Sten, amiche, figli di amica. Stacco completo, totale, quasi imbarazzante, dalla vita quotidiana. Lunghe camminate per raggiungere le spiagge più belle attraverso il Camí de Cavalls, il percorso di sentieri costieri aperti anticamente in funzione difensiva. Contrasto tra le piccole cale incastonate tra i pini del sud, affollatissime, e le spiagge ambra circondate da rocce e terra rossa della costa nord, più aspra e fascinosa.
Tante mucche, i sandali avarcas di tutti i colori, il color ocra del centro di Ciutadella, i fari, le tapas, i tramonti spettacolari, il locale figo nelle grotte a strapiombo sul mare, i mercati del pesce, il nudismo.
Tutto già lontano, a pochi giorni dal rientro in città e al lavoro.
Tre giorni pieni e intensi a Genova, il mio regalo di compleanno a Sten. È stata una bella sorpresa, anche se non avevo dubbi sul fatto che una città di mare e di cultura non avrebbe potuto deludermi.
Abbiamo camminato tanto, visitato i palazzi di Strada Nuova, le chiese, una bella mostra di Andy Wahrol a Palazzo Ducale, l’Acquario, il borgo marinaro di Boccadasse (con la “finestra a un passo dal cielo blu” che ha ispirato Gino Paoli e dove Camilleri immagina che abiti Livia, la fidanzata del commissario Montalbano), baciati dal sole e scaldati da un clima primaverile, a tratti estivo.
A Genova non abbiamo sentito il terremoto che continua a ferire il centro Italia, ma dal numero di messaggi arrivati al risveglio, domenica, abbiamo capito che doveva essere stato ancora più spaventoso del precedente. E la notte scorsa, qui a Roma, mi sono svegliata con la certezza che fosse arrivata una scossa. Sono rimasta a letto, al buio, rannicchiata accanto a Sten che invece dormiva. Sapevo che la terra stava tremando, e da qualche parte in modo ben più spaventoso. La terra trema, e continuerà a tremare. Qui siamo al sicuro, ma inizio a comprendere meglio il senso di destabilizzazione esistenziale di chi vive in zone sismiche.
Il luogo dell’anima
Published 1 agosto 2016 famiglia , mare , memoria , natura Leave a CommentTag:cambiamenti, luoghi
Sto prendendo congedo da un luogo dell’anima, da una casa che ho vissuto d’estate (e non solo) per quarantadue anni, e che ora abbiamo venduto. Di quel luogo, del colle maremmano con la torre e le fondamenta di un tempio etrusco ho scritto tante volte qui, nel corso degli anni. In un certo senso, indirettamente, è grazie a quella casa, a quel luogo, alle persone che ne facevano parte come me da tanti anni, se ho aperto un blog: l’estate del 2004 ho scoperto questo mondo grazie ad Alessandra, che raccontava la sua vita di expat dall’Olanda. Lei non ha più la casa da qualche anno, e anche il blog ha smesso di scriverlo e lo ha pure cancellato.
Domenica scorso mentre facevo il bagno lo guardavo, quel luogo: scogli, torre, spiaggetta, la macchia mediterranea sul versante bello, quello verso la baia con il profilo del castello del borgo e l’isola all’orizzonte. Piangevo, piangevo, immersa nell’acqua che contiene anche mio padre.
Quel luogo, ne sono certa, resterà sempre il mio luogo del cuore, e so che lo sarà anche per Lula, che lo conosce da quando è nata ed è lì che vuole stare almeno per un pezzo di ogni sua vacanza.
Non smetteremo mai di tornarci, e quel luogo non smetterà mai di accoglierci.
Vacanze finite, domani si ricomincia.
Credevo di aver concluso in bellezza, con una inaspettata giornata in gommone all’isola del Giglio, l’isola che disegna l’orizzonte, l’isola ferita dal naufragio della Concordia. Andare in gommone al Giglio per me ha sempre significato andarci con papà, come l’ultima volta, un giorno di luglio della sua ultima estate.
Quando mi sono accorta che la capitana Antonella invece di restare nei paraggi ha puntato verso l’isola ho gioito come una bambina. Con gli spruzzi di acqua salata ci avrebbe accompagnato anche Capitan Sandro, che certamente continua ad abitare quel mare.
E poi il giorno dopo c’è stata un’altra giornata piena di allegria, di bel mare, di sole ancora caldo, persone care.
Ma tornando a casa, al tramonto, ho ricevuto una brutta notizia. Brutta, bruttissima. Tutto è cambiato: stato d’animo, pensieri, preoccupazioni.
Un’altra funambola deve percorrere il filo fragile che la sostiene, sempre più alto. Un tempo avrei detto “un’altra amica ha una battaglia durissima da combattere”. Siamo toste, mi sono limitata a dirle ieri, siamo torelle fortissime. Hai sorriso. Ci capiamo, anche se fai fatica a dire quello che vorresti. Anche se sei confusa. Anche se siamo diverse, il male è diverso. Eppure siamo così simili, ci siamo sempre capite al volo.
Ora ti toglieranno quella roba che ti sta confondendo. E passo dopo passo, andrai avanti. Io ci sono, amichetta.
Ho inseguito un tramonto meraviglioso, con tutte le isole visibili all’orizzonte, la bellezza di cui nutrirmi, da trattenere e da trasmettere.
Questa è una vacanza semplice, niente viaggi, niente luoghi nuovi, tutte le sante ferie d’agosto nella casa al mare di famiglia, che frequento dal 1974, in Maremma.
L’ultima volta che ho fatto questo genere di vacanze Giulia era ancora in passeggino, adesso la ragazza serve ai tavoli dell’immancabile sagra del paese per guadagnarsi qualche soldo e poi fa le ore piccolissime con amici e fidanzato. Lei sta bene, e noi pure.
Io e Sten ci riposiamo assai, e grande soddisfazione arriva da un accrocco di tenda che montiamo in spiaggia per avere uno spazio ombroso adeguato, leggiamo tanto, vita sociale quanto basta. Ci ripromettiamo di andare un po’ in giro per visitare i dintorni che ancora non conosciamo, per ora ci limitiamo a fare la classica vita di mare. Anche se c’è chi annuncia la fine dell’estate qui il tempo regge bene, il caldo torrido che ci ha steso per tutta l’estate ha finalmente mollato la presa, e la sera si alza una brezza fresca, che mi ha fatto tornare voglia di scrivere.
In più, a deliziarci, ci sono sei micetti e due mamme gatte che abbiamo temporaneamente adottato in società con altri vicini.
Come la vita, anche i pensieri qui sono assai semplici.
Statemi bene, a presto.
Sten mi ha fatto una bella foto, mentre uscivo da un mare trasparente camminando tra la schiuma bianca e agitata che fanno le onde quando s’infrangono a riva.
Ho ricevuto tanti complimenti, per quella foto, per il mio corpo che ho ricominciato ad amare come non credevo fosse possibile, a quarantotto anni, con tutti i segni delle operazioni subite, con i cedimenti dell’età e della precoce menopausa.
I complimenti fanno bene, è salutare la stima di sé, il piacere di essere guardata con una certa ammirazione, e di riuscire a guardarmi con indulgente leggerezza, da una prospettiva nuova, dopo anni e anni di strappi, ricuciture, ferite, e ricostruzioni.
A proposito di ricostruzioni, a settembre concluderò il percorso iniziato oltre un anno fa, e ora posso dire con assoluta certezza che ho fatto benissimo ad assecondare quello che solo gli sciocchi consideravano un futile capriccio.
Abbiamo festeggiato il primo decennio di matrimonio a Palermo, una città che desideravo conoscere fin dai tempi dell’università, quando studiavo la sua arte, la particolare architettura e la decorazione musiva delle sue chiese normanne e, più tardi, il barocco e gli stucchi di Serpotta.
Come immaginavo sono rimasta affascinata subito dalla bellezza impreziosita dall’aria di mare, dal sole che improvvisamente abbacina negli spazi vasti di una piazza che ospita un gigantesco ficus, dalla natura rigogliosa accanto a un palazzo fatiscente, e più in là la facciata di una chiesa restaurata, la sorpresa di un palazzo nobiliare restaurato e visitabile, il polpo bollito da mangiare in piedi al mercato, l’antica focacceria di san Francesco che resiste al pizzo, il corteo nuziale tra i vicoli della Vuccirìa, la fuitina del cameriere di una trattoria di pesce, la cameriera incinta di sedici anni, la pace assoluta nel chiostro e nel giardino di San Giovanni degli Eremiti, il cielo azzurro che fa da volta alla chiesa dello Spasimo. E ancora ancora, i contrasti, il degrado accanto alla cura, il colore di Ballarò, la gentilezza generosa, il cibo irresistibile, gli alberi con i fiori viola.
In autobus fino a Trapani, un aliscafo per Favignana, e due giorni sulla barca di un amico di Milva – sì, lei, la mia socia di cancro e di avventure associative e bloggeresche, ormai amica carissima. Troppo breve, solo un assaggio di esperienza da ripetere, e la felicità di vivere il mare come non mi capitava da tanti tanti anni.
Dieci anni dopo, e sono ancora qui a raccontarvi qualche mia faccenduola. Felice.
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