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2014

Ancora una volta, fedele alla tradizione, ho preparato la calza a Lula. Non so per quanto tempo continuerò, ma ammetto che fare la befana mi piace, anche solo per regalare un po’ di cioccolata e due paia di calzettoni.

L’anno nuovo era iniziato molto bene, ma i piacevoli festeggiamenti purtroppo sono stati interrotti dalla telefonata di mia madre che ha scoperto, rientrando a casa, che erano entrati i ladri. Bell’inizio, eh? Spavento, rabbia, dispiacere per gli oggetti cari sottratti mentre impazzavano i botti di mezzanotte.

Poteva andare peggio, diciamo così, però non ci voleva. Speriamo che sia stato uno strascico del 2013, o la cosa peggiore del 2014.

Le vacanze sono proseguite con molto riposo, molto cinema, molta lettura, un po’ di vita sociale, mostre, poca scrittura. E altro.

Oggi, finalmente, una magnifica giornata di sole a chiudere questa lunga – ma sempre troppo breve – pausa festiva. Passeggiata per Villa Borghese, avvistamento di uno scoiattolo, tavolino al sole con una coppia di amici, ancora passeggiata, ancora sole.

Dopo, un tuffo di tenerezza nel passato, passando davanti al primo asilo nido di Lula per andare a vedere il nuovo ufficio del nostro amico agente di viaggi avventurosi, un posto bellissimo tra le piante e con tante vetrate che si trova proprio accanto agli edifici bassi della scuoletta.

Bene, da domani si ricomincia: lavoro, danza, e l’organizzazione di qualche altra presentazione del libro, sicuramente un’altra romana, e poi chissà, forse Modena, forse Firenze, forse Torino…

2014, vedi di fare il bravo.

Primo maggio fuori tema

Se questo blog non dovesse più raccogliere i miei sfoghi non avrebbe più senso.

Mettiamola così: non mi pare un bel periodo da nessun punto di vista, né personale e men che mai collettivo. Ma è soprattutto il disagio personale che in questo momento mi fa sentire come zavorrata, pesante, malinconica e non-felice. Infelice sarebbe troppo, ma non-felice rende bene l’idea. Credo.

Come se una fase della vita si fosse chiusa, e quella nuova non fosse nemmeno allo stadio embrionale. Un certo accumularsi di pesi che non ho più il fisico per sostenere, anche perché il fisico, il corpo, ha lottato come un leone in questi tredici anni e mezzo, e ti credo che non può più ruggire come un tempo. Che a questa faccenda del corpo si aggancia quella del sesso, ne parlavamo sabato scorso con Anna, Mia e Rosie, quando ci siamo incontrate da Eataly. Ci si rassegna ad una più o meno drastica pace dei sensi, che stupidaggine chiamarla così. Non credo che i sensi possano stare in pace, caso mai sono stati messi a tacere dalle terapie, dalle preoccupazioni troppo grandi, dal cancro che ci ha strappato vitalità dagli anni che potevano essere i migliori. Ho consigliato a tutte di non rassegnarci, ma tra il dire e il fare il mare non manca mai.

Sento disarticolarsi la struttura del ruolo svolto, e il fatto che a Lula manchi pochissimo, poco più di due anni, a diventare maggiorenne (e quindi adulta), mi fa sentire orgogliosa di me, di noi e di lei, ma sempre meno indispensabile alla costruzione della sua vita. Solo tanto preoccupata che possa diventare come se la immagina ora o come cercherà di realizzarla in futuro. Sostenuta da una società migliore di quella che sta franando – che è franata – sotto ai nostri occhi.

Conosco bene il dolore che provoca il morso della depressione, conosco il buio e lo smarrimento di quel male. E so che per dire quel male non si trovano parole, almeno non mentre lo si vive. Quindi so che non si tratta di quello. Non sono depressa, se non vagamente. Come stato d’animo e non come stato psichico. E se il mio prezioso supporto che tanto tempo fa mi ha tirata fuori dal gorgo dovesse leggere queste mie parole capirà cosa intendo.

Tuttavia, buon primo maggio, lavoratrici, lavoratori, disoccupate e disoccupati, e perdonate la tirata che con il lavoro non c’azzecca niente. Ma oggi mi va così.

I miei auguri per tutti voi

Ecco un altro anno che finisce, uno nuovo sta arrivando e io ancora qui a scrivere qualcosa sul significato che ha per me questo passaggio, a buttar giù propositi e a rivelare se e quali aspettative nutro nel futuro.

Da mio padre ho ereditato un’indole ottimista, che però gli ultimi anni hanno fortemente logorato. Ma resisto, resisto, mi ostino a immaginare che le cose cambieranno, in meglio, e non è finito il tempo dei progetti e delle speranze.

Il mio personalissimo proposito per l’anno nuovo è di riuscire a concludere ciò che ho iniziato nel 2012 e che non avevo avuto l’energia di portare avanti finché non mi è stato proposto di riprovarci. E riuscire ad essere meno severa con me stessa se le cose non vanno come avrei voluto.

Auguri per un 2013 migliore per tutti, migliore per il mondo, migliore per le vite personali di tutti voi e per quella collettiva, fatta dell’impegno e delle scelte di ciascuno, quella che se prende una certa direzione allora è in grado di incidere anche sulle esistenze dei singoli.

Auguri speciali, rinforzati, a chi non ha avuto tregua e si merita invece di cominciare l’anno con un po’ di speranza in più.

E, come diceva Rita Levi Montalcini, Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete niente.

 

Non è stata la fine del mondo

Non è stata la fine del mondo. La terra continua a girare, e l’umanità non ha smesso di esistere a causa di un cataclisma, un’invasione aliena o per l’ennesima discesa in campo di un Berlusconi patetico e furioso. Quest’ultimo evento purtroppo è accaduto davvero, e ci toccheranno ancora due mesi che c’eravamo illusi di non dover mai più rivivere: bugie, promesse, contraddizioni, maschere di cerone e moquette rossiccia.

I Maya forse se la ridono, anzi no, i discendenti zapatisti del Chiapas sono molto incazzati, e il 21 dicembre hanno manifestato silenziosamente per ricordare il massacro di Acteal avvenuto 15 anni fa.

Il mondo avrebbe davvero tanto bisogno di un cambiamento epocale, come il nostro Paese, che per la prima volta vivrà una campagna elettorale politica d’inverno. Chissà, magari a mente fresca gli italiani voteranno meglio, senza farsi infinocchiare dalle solite promesse populiste o dal nuovo fascino del rigore montiano.

Io non sono credente e ammetto senza vergogna che il Natale lo subisco, più che viverlo. Ogni anno mi riprometto di trascorrerlo che so, magari viaggiando, o semplicemente facendo qualcosa di diverso, tanto per cambiare. Alla fine la tradizione ha il sopravvento, faccio l’albero, mi riduco all’ultimo momento per i pochi regali previsti, penso al menu della vigilia e mi preparo al pranzo del 25. Appena mi fermo arrivano gran botte di nostalgia per chi non c’è più, non c’è più, non c’è più.

L’unico augurio che mi sento di fare a chi passerà da queste parti è di poter stare accanto a chi si vuole bene e di riposarsi dalle fatiche di quest’anno che è stato duro per tutti, ma per alcuni durissimo.

Sette anni

Ieri sette anni fa ci siamo sposati. Festeggeremo degnamente tra un paio di settimane, quando andremo a Parigi per il matrimonio di un caro amico. L’11 giugno 2005 è stato un giorno che trasudava felicità da tutti i pori, un giorno atteso, perché sempre le cose belle non mi capitano, ma accadono perché intensamente desiderate, e un bel po’ sudate. Eppure anche quest’anno ce lo stavamo per dimenticare e di rado, anche in passato, abbiamo dato grande peso al valore della ricorrenza. Il problema è che dopo pochi mesi da quella data così importante, che segnò il culmine di un anno importante, l’anno che consideravo dell’avvenuta guarigione, è arrivata la batosta del 5 novembre, l’inizio della nuova battaglia, una nuova, pesantissima interruzione del mio percorso di vita, dei miei progetti, della normalità riguadagnata con fatica. E così è diventato difficile ripensare al 2005 nella sua interezza e, soprattutto, alle belle date, quelle da ricordare con gioia. La fine ha divorato i dieci mesi felici di un anno, almeno nella sua percezione, a distanza di tempo. Ma questo non è giusto, non voglio che sia così.

Per questo ieri un regalino a Sten l’ho fatto, e a Parigi non brinderemo solo alla felicità di Fede e Blanca, ma pure alla nostra, e ricorderemo il 2005 come l’anno del nostro matrimonio, dell’emozione di Lula nel ruolo di damigella, del viaggio in Africa e dell’amore che non muore.

Dopo trent’anni

Non vi ho fatto gli auguri di Natale, ma quei giorni lì, quando arrivano, mi fanno stare sempre così male che preferisco farli passare senza calcare la mano.

Adesso sono davvero in vacanza, anche se buona parte del tempo libero per ora l’ho passato a lavorare per l’associazione, e questo mi piace, mi fa bene. Ho coinvolto formalmente anche il dottor Zeta, e un compagno di liceo che ho rivisto dopo trent’anni una settimana fa e che si occupa di oncologia molecolare.

La cosa molto carina accaduta in questo periodo è proprio l’evento del 21 dicembre: il trentennale del quarto ginnasio, organizzato da me a settembre quando ho realizzato che Lula stava iniziando il suo primo anno di liceo classico esattamente trent’anni dopo il mio (e nella stessa scuola). Poteva essere uno di quegli eventi squallidi, da dimenticare, poteva non provocare l’entusiasmo che invece ha suscitato tra i tantissimi che hanno risposto alla chiamata e anche tra chi non è riuscito materialmente ad essere presente. Invece è stato proprio bello, e anche se molte di quelle persone non ho mai smesso di frequentarle, è stata una piacevole scoperta ritrovare chi non vedevo da decenni e riconoscere in tutti i segni della passata adolescenza ben amalgamati in quelli dell’attuale maturità.

Alla fine il fotografo del gruppo ci ha immortalato riuscendo a cogliere esattamente il clima felice che ha riscaldato quella serata così speciale.

GOOD KARMA!

Ci siamo, anche quest’anno sta finendo e non mi pare di avere in bilancio grossi risultati. Almeno, non quelli che speravo di raggiungere un anno fa. Di buono c’è che ho “festeggiato” il decennale, e che ho messo in cantiere un’altra creatura, oltre a quella in lunga e sofferta (o dovrei dire insofferente) gestazione. Magari il 2010 potrebbe essere l’anno di un parto quasi gemellare, viste le caratteristiche comuni delle due creature: essere state concepite grazie a questo blog e nutrite con l’esperienza del cancro, vissuta e raccontata per averne la meglio, esorcizzando la paura che non molla la presa e trasformandola magari in una marcia in più per affrontare dissesti e dolcezze della vita. Dissesti e dolcezze. Mi piacerebbe tanto abbandonarmi solo alle dolcezze, che ci sono, certo che ci sono. Però i dissesti, una volta superati, lasciano ammaccature che riprendono a dolere quando meno te lo aspetti. Per questo dico che il 2010 potrebbe essere l’anno delle realizzazioni, se pure gli astri sembrano suggerirlo, per noi torelli scalpitanti ma lenti. Ma chissà, il condizionale, come sempre, è d’obbligo.

Per non essere scortese con questo 2009 che ci sta per lasciare lo saluto con riconoscenza per le cose buone che è riuscito comunque a regalarmi, e provo a tirar fuori dal magazzino una scorta di gioioso e prezioso ottimismo da spargere durante i festeggiamenti per accogliere l’anno che verrà. Spero che arrivi anche a voi, tesori miei. In particolare a chi ha passato davvero un anno duro, e si merita di lasciarsi i guai passati alle spalle.

Good karma and happy new year

 

 

 

 

 

RICOMPOSIZIONI

Alla fine qualcosa sta sciogliendo quegli spigoli ghiacciati che mi pungolavano il cuore. Quando partono i sensi di colpa tiro il freno a mano e mi fermo.
Mi detesto quando sono così. Oggi mi guardavo allo specchio e mi vedevo brutta. Un paio di pantaloni che non mettevo da tempo non mi si chiudevano. Ho guardato la taglia: 40. E vabbè, ti credo che non mi stanno. Li ho dismessi e regalati, pacificata con la pancetta. Poco fa la mia amica di università mi ha convinta che ‘sti 42 anni ce li portiamo bene. Forse ha ragione, visto che spesso mi chiamano "signorina".
Vorrei ricomporre le fratture tra quelle parti di me che stanno radicalizzando il mio conflitto interiore: determinata e pigra, progettuale e ancorata al passato, aperta e arroccata, frizzante e scontenta. 
Questo doveva essere un post di auguri per tutte e tutti voi che capitate coscientemente o casualmente da queste parti. Sì, facciamo che lo è. Tanti auguri, siate felici e non mangiate troppo.

ANDARE, RESTARE, COSTRUIRE oppure, a grande richiesta C’E SEMPRE UNA COSA BUONA DA FARE CHE SI PUO’ FARE

Alla festa dove sono stata ieri, una di quelle belle feste in cui si iniziano le danze con I will survive e si concludono con un lento chick to shoulder (perché a Sten gli arrivo giusto alla spalla, con i tacchi), con un vecchio amico dei tempi del liceo e che non vedevo più da almeno vent’anni, abbiamo parlato tanto dell’idea di andare tutti insieme a vivere da qualche parte, a fare una "comune in comune". Mollare tutto e andarsene in campagna, lui ci vive già, ma vorrebbe avere un po’ di amici intorno. In un momento come questo dificile non trovare un coro di "magari", "trovate il posto e arrivo", "mi licenzierei anche domani se vincessi a win for life". La fuga. Il rifugio. Nello stesso tempo c’è chi t’invita a espatriare, come se fosse alla portata di tutti lasciare l’Italia e trovare un lavoro a Parigi, o a Barcellona. E poi c’è il richiamo dell’impegno politico, intriso dell’ingenua speranza che stiamo assistendo alla caduta definitiva del berlusconismo e che presto ci sarà da ricostruire, a partire dalle fondamenta prese a picconate, un paese migliore. Ingenua speranza. Anche se i tanti tanti gggiovani visti alla manifestazione per la libertà di stampa hanno fatto una certa impressione, a tutti noi ultra quarantenni. Andare alle primarie anche se non è affatto detto che voterò il PD? Punirli ancora per non aver affossato lo scudo fiscale?

In attesa di sciogliere questi dubbi preparo insieme ad Anna un progetto che abbiamo a cuore, e che spero di poter condividere presto insieme alle tante bloggheresse che hanno fatto o stanno facendo del loro diario un luogo terapeutico per sé e per chi le legge.  Almeno di questo sono sicura: c’è sempre una buona cosa da fare che si può fare.

E’ INIZIATO IL 2009 (PER CHI NON SE NE FOSSE ACCORTO)

capodanno 2009 056L’anno è iniziato e sono già in ritardo.

Dopo il temporale, dalla finestra della deliziosa casetta che ci ospitava, il lago di Bracciano era così, livido con i riflessi del sole che si era aperto un varco tra le nubi ancora cariche di pioggia.

A mezzanotte dalla terrazza della casa accanto si vedevano i fuochi lanciati ad anguillara e i nostri, più modesti erano così: capodanno 2009 037

Tutto come da tradizione, con brindisi, lenticchie e mutande rosse.

Si dirà come alle spose, capodanno bagnato capodanno fortunato? 


Come una funambola

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