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Uomini che uccidono le donne

Ancora una volta succede questo, con uno schema identico e micidiale: un uomo uccide una donna da cui è stato lasciato perché non accetta la sua libertà.

L’omicidio è l’esito estremo, prima si passa per l’inganno di un amore totale, ammorbato dalla smania di controllo, da una gelosia furiosa che tenta, qualche volta purtroppo riuscendoci, di isolare la “preda” da ogni contesto di amicizia, solidarietà, affetti, divertimenti, interessi che possano minare la bolla malata di presunto amore. Poi si passa al gesto violento, che può essere anche uno, uno soltanto. Perché si percepisce un tentativo di allontanamento, un’insofferenza al controllo, o una decisa volontà di interrompere il rapporto.

Credo che ognuna di noi abbia vissuto o conosciuto almeno indirettamente storie così, senza arrivare all’omicidio. Ma chi può dirlo quante donne hanno rischiato e rischiano di morire ogni giorno? Per uccidere può bastare un colpo solo, ben assestato. E la violenza è sempre e comunque tentato omicidio. Non per la legge, certo. È il tentativo di uccidere la libertà, la negazione di ogni possibile forma di amore.

La cosa più difficile è sradicare il senso di colpa, interrompere la spirale, quel precipizio verso la trappola da cui non c’è verso di uscire vive.

Non è colpa tua, non è colpa tua, l’amore non c’entra niente con il possesso, con il ricatto, le lusinghe minacciose.

Siamo stanche di dover imparare e insegnare che bisogna temere quei segnali, analizzarli come entomologhe per distinguere la gelosia dall’ossessione, il dolore per una separazione da un progetto omicida, l’elaborazione del distacco dal tentativo di annullare una libera scelta.

L’amore deve essere il luogo della fiducia e del rispetto, un tempo presente senza ipoteche sul futuro, un presente di progetti che s’intrecciano nella libertà e nel desiderio. Gli amori possono finire, o interrompersi per poi ricominciare. Le pene amorose hanno alimentato splendide opere d’arte e di scrittura.

Imparate a sublimare così la frustrazione di essere respinti. Imparate a coltivare il rimpianto e la delusione per far nascere sentimenti nuovi.

Sì, lottiamo perché l’educazione sentimentale e sessuale sia praticata in ogni fase della vita delle bambine e dei bambine, delle ragazze e dei ragazzi, nelle famiglie e nelle scuole.

Ma smettetela di uccidere le donne che non potete possedere e non sapete amare.

È una mattanza che deve finire.

Sten

Era una fredda sera di novembre, il 16, del 1993.

Trent’anni fa.

Qualche giorno prima ti avevo chiamato per farti gli auguri di compleanno, non ricordavo il giorno esatto ma sapevo che doveva essere passato da poco.

Ero single da un paio d’anni, e tu avevi da poco rotto con l’amica che ci aveva fatti conoscere. Capitava spesso di incontrarci in metro, abitavamo vicini, e le chiacchiere veloci che riuscivamo a fare erano sempre molto affettuose.

Ho iniziato a fantasticare su di noi. Ma non ero il tuo tipo, mi dicevo.

All’epoca non esistevano i cellulari ma le segreterie telefoniche. La tua era rotta, tagliò buona parte del messaggio che ti avevo lasciato, la parte finale con il numero di telefono.

Però un giorno mi hai richiamata, e abbiamo deciso di vederci. Io ho proposto un cinema, hai rilanciato invitandomi a cena a casa tua.

La “collezione di farfalle” erano le diapositive di un viaggio in Madagascar da farmi vedere. Ma prima un buon risotto al barolo e le confidenze sui nostri cuori in inverno, il tuo più indurito del mio.

Poi è iniziato tutto, ed è stato così bello che continua ancora.

Quanta vita insieme!

24 anni fa, nascita dell’amore

Anche quella sera pioveva. Alla mia telefonata di auguri era seguito un invito a cena, come controproposta più ardita alla mia di andare insieme al cinema.

Sten non era più il fidanzato di una cara amica, che nel frattempo aveva incontrato un altro amore, e pure io ero diventata single da oltre un anno.

Mi aspettava fuori, perché il palazzo non aveva citofono, e appena ci salutammo con un abbraccio avvertii la prima scossa.

Aveva preparato un ottimo riso al barolo, e dopo cena andammo a vedere le diapositive del suo viaggio in Madagascar (eh, le diapositive! Altro che collezione di farfalle).

Poi mi chiese se poteva corteggiarmi.

E mi baciò.

Dopo quella notte ero pazza di lui.

 

 

 

L’anniversario

L’undici giugno di dodici anni fa è stata una giornata magnifica, come sa bene chi all’epoca già leggeva questo blog, e non si è perso il post che ho scritto all’indomani.

Il giorno del mio matrimonio con Sten, arrivato dopo dodici anni di amore, dieci di convivenza, e con una figlia di otto.

Un matrimonio che prosegue, più saldo che mai, anche se ne abbiamo passate tante, più o meno comuni a tutte le coppie di lungo corso.

Anche nei momenti peggiori siamo stati in grado di superare gli ostacoli e andare avanti, abbiamo faticato per riprendere la strada comune, quando sarebbe stato più facile, e forse piacevole, in quel momento, allontanarci l’uno dall’altra. Ci siamo ogni volta scelti di nuovo. Mai per inerzia, né per paura dell’ignoto. Ci siamo scelti perché ci amiamo, e amiamo ciò che abbiamo costruito insieme, con passione, gioia, e mettiamoci pure una buona dose di dolore.

Un anniversario di matrimonio, soprattutto in una storia come la nostra, è soprattutto il ricordo di un giorno speciale e felice. Un giorno speciale dentro una vita speciale.

Tanti auguri a noi due, amore mio.

Parole che spariscono, e riaffiorano. Sull’amore

Avevo scritto un post, ieri. Era tra le bozze, o almeno credevo che ci fosse. Oggi avrei voluto rivederlo, concluderlo, pubblicarlo. Invece è sparito. Non c’è più. Non mi è mai capitato, credo. Anzi, caso mai dimenticavo di cancellare inizi abortiti e ripensamenti su riflessioni che poi non ho avuto voglia di condividere. Mi sono arrabbiata, anche se tanto per cambiare si trattava proprio di un post sulla mia esaurita necessità di avere un blog. Forse è un segno. Basta con questa roba.  Sono anni che questo non è più il mio diario pubblico, che senso ha ripetermelo e ripeterlo? Ipotizzare spiegazioni, tentare di riacciuffare il filo di un’esperienza esaurita, dispiacermi per non avere più l’urgenza di trovare le parole per raccontar-mi: Perché? Per chi?

Il post di ieri in realtà si concludeva con uno smielato inno all’amore. Era lì che andavo a parare. Sono innamorata. Sono amata. Ancora. Forse di più. C’eravamo persi, e ci siamo ritrovati. Tutto il resto scolora, si dissolve. Le uniche parole di cui sento il bisogno, ora, sono quelle da dirsi in silenzio.

 

Nove

Giorgia&Stephan 20Quest’anno il nostro anniversario di matrimonio deve essere festeggiato come si deve. Anche se non è una cifra tonda, anche se come ho scritto anche qui diverse volte dopo undici anni di convivenza e una figlia già grandicella quell’11 giugno 2005 non segna certo l’inizio della nostra avventura d’amore, anche se dopo cinque mesi la felicità di quel periodo ha dovuto lasciare il passo alla grande, grandissima paura, quest’anno soprattutto ricordare e celebrare quel giorno ha senso.

Ha senso perché il matrimonio è stato un momento di festa per la nostra storia d’amore, perché c’era mio padre ad accompagnarmi dentro la chiesetta sconsacrata del Comune, perché eravamo felici, ma tanto, e perché vogliamo continuare ad esserlo superando crisi, battute d’arresto, errori e stanchezze inevitabili. Perché abbiamo dovuto fronteggiare prove durissime, prima e dopo quel giorno. E le abbiamo superate tutte. Una dopo l’altra.

Le cose sarebbero potute andare in modo diverso, lo sappiamo. Per tanti motivi. Perché spesso i matrimoni finiscono, gli amori si esauriscono, le difficoltà spaventano, le persone scappano, o cambiano, e si perdono.

Quindi sì, ha senso festeggiare questo nono anno di matrimonio, più vivo e vitale che mai.

Attimi di felicità

Ho dei momenti di vera felicità, sono qui, dove voglio stare, ho accanto chi voglio avere accanto, i sensi sono accesi e appagati, la mente riflette e progetta, sogno e immagino cambiamenti, capacità nuove, viaggi, spazi diversi, realizzazioni e costruzioni sempre più solide, ma leggere, vibranti. Storie meravigliose da raccontare e da vivere. L’idea che ogni desiderio è una possibilità da cogliere senza paura, e la nostalgia una preziosa irruzione del passato nel presente, per non far appassire i ricordi. Rabbia e rancore a poco a poco svaniscono, smettono di prendere a pugni il cuore, li archivio tra i sentimenti cattivi a cui non dare più udienza. Il trucco è utilizzare quei veleni per farne lenimento. E i trucchi non devono essere svelati.

Il nostro ventennale

L’inizio di una storia d’amore è il momento che più di ogni altro deve essere ricordato, soprattutto se questa storia è riuscita ad attraversare un ventennio senza sgretolarsi.

Ieri io e Sten ci siamo festeggiati, perché un rapporto amoroso di coppia è una cosa fragile e preziosa, mai scontata, anche quando sembra impossibile perderla, abbandonarla o che qualcuno ce la porti via.

Una cenetta con riso al barolo e invece della collezione di farfalle una carrellata di diapositive del Madagascar, dov’era finita anche una di me che uscivo dal mare di Creta, quando eravamo ancora i fidanzati di altre persone.

Quella sera è iniziata la nostra storia, che ha ingranato con la lentezza di un diesel per poi prendere la giusta velocità, guadagnando a ogni chilometro potenza e stabilità. E non è per niente facile.

Forse la cosa migliore che abbiamo fatto insieme è stato generare Lula, e subito dopo essere stati in grado di superare prove durissime che molto spesso rappresentano terremoti da cui si esce devastati e separati. Ferite che provocano altre ferite in un loop distruttivo da cui non tutti riescono a liberarsi, al contrario, rafforzati come individui e come coppia. Noi sì.

Sono sicura che se sono riuscita a guarire due volte dal cancro è stato anche, e molto, grazie alla salda presenza di Sten e sono sicura che siamo sempre riusciti a uscire dalle crisi più difficili della nostra storia, perché sappiamo come fare a ritrovare la rotta per non perderci. Sappiamo ritrovare una fonte a cui attingere quando le riserve si stanno esaurendo. Perché le riserve dell’amore non sono illimitate, inesauribili. Ci vuole un po’ d’impegno per non assetare il cuore.

E allora sì, il nostro primo ventennale si è concluso ieri, ed è stato giusto festeggiarlo e augurarci di poterne festeggiare un altro, e un altro ancora.

Sette anni

Ieri sette anni fa ci siamo sposati. Festeggeremo degnamente tra un paio di settimane, quando andremo a Parigi per il matrimonio di un caro amico. L’11 giugno 2005 è stato un giorno che trasudava felicità da tutti i pori, un giorno atteso, perché sempre le cose belle non mi capitano, ma accadono perché intensamente desiderate, e un bel po’ sudate. Eppure anche quest’anno ce lo stavamo per dimenticare e di rado, anche in passato, abbiamo dato grande peso al valore della ricorrenza. Il problema è che dopo pochi mesi da quella data così importante, che segnò il culmine di un anno importante, l’anno che consideravo dell’avvenuta guarigione, è arrivata la batosta del 5 novembre, l’inizio della nuova battaglia, una nuova, pesantissima interruzione del mio percorso di vita, dei miei progetti, della normalità riguadagnata con fatica. E così è diventato difficile ripensare al 2005 nella sua interezza e, soprattutto, alle belle date, quelle da ricordare con gioia. La fine ha divorato i dieci mesi felici di un anno, almeno nella sua percezione, a distanza di tempo. Ma questo non è giusto, non voglio che sia così.

Per questo ieri un regalino a Sten l’ho fatto, e a Parigi non brinderemo solo alla felicità di Fede e Blanca, ma pure alla nostra, e ricorderemo il 2005 come l’anno del nostro matrimonio, dell’emozione di Lula nel ruolo di damigella, del viaggio in Africa e dell’amore che non muore.


Come una funambola

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