Pippi era arrivata in casa a marzo o aprile del 2002, oltre venti anni fa. Una nostra carissima amica che aveva un negozio per animali ci aveva fatto vedere la foto di una batuffoletta pezzata tricolore, appena nata da una coppia di gatti di suoi suoi clienti, proponendoci di adottarla. Ci siamo innamorati all’istante.

Quando siamo andati a prenderla abbiamo conosciuto tutta la famiglia: madre, pezzata come lei, papà rosso, fratelli e sorelle di vari colori, coppia di nonni adottivi umani. Conoscevo il dolore che si prova nel regalare i cuccioli dei propri gatti. Si vorrebbero tenere tutti. E a noi dispiaceva separare la piccoletta da quella bella famigliola. Ma eravamo già innamorati della micia che Lula, all’epoca aveva poco più di quattro anni, avrebbe chiamato Pippi, come Pippi Calzelunghe, ispirata dalle macchie di pelo rossiccio.
All’inizio, a casa, Pippi era un pochino spaventata, ma ci ha messo un attimo ad ambientarsi. A noi, alla casa, al piccolo giardino, alla strada dove era libera di gironzolare. Un’altra figlietta. Io e Sten eravamo gattari indipendentemente l’uno dall’altra. L’unico micio che avevamo già avuto insieme, freschi di convivenza in una casetta a due passi da un bellissimo parco romano, era sparito il giorno in cui ho scoperto di essere incinta di Lula. Lisippo l’ho aspettato ogni giorno per due anni, ma non è mai tornato, e abbiamo cambiato casa.
Pippi crescendo diventava sempre più bella, con una coda enorme (“mamma, mamma,” disse una volta una bambina che l’aveva vista per strada, dove lei gironzolava abitualmente uscendo e rientrando dal giardino della casa in cui ha vissuto fino a ieri, “guarda la gatta con la coda da volpe!”, o da scoiattolo, si ricorda Lula).
Detestava la macchina, così in vacanza con noi è venuta solo per un paio di fine settimana, e l’estate andava a stare a casa della mamma di Sten, anche se ogni volta temevamo per la sorte dei suoi canarini.
Adorava venire sulla mia pancia quando mi stendevo sul divano a guardare la tv, ma ultimamente preferiva Sten, e quando Lula è diventata adulta finalmente Pippi ha iniziato ad essere affettuosissima pure con lei, che aveva sofferto di quella distanza che quasi sempre i gatti mettono con gli esseri umani piccoli.
Andava matta per la ricotta che mangio a colazione, e pure per lo yogurt.
Dava le zuccatine quando ci si avvicinava con la testa se stava sul mobile davanti alla finestra.
Mi ha accudita nei periodi di convalescenza post operatoria, o durante le chemio.
Le sue fusa potenti erano un balsamo per ogni dolore, ansia, preoccupazione.
Le sue fusa erano semplicemente rilassanti.
Quando facevo yoga qualche volta si arrampicava sulla schiena mentre facevo Adho mukha svanasana, il cane a testa in giù, o si acciambellava sulla pancia se mi stendevo per il rilassamento.
Il suo bel pelo lungo ora, in vecchiaia, era sempre aggrovigliato, e cercando di districarlo mi rimanevano tra le mani ciocche che non sarebbero più ricresciute.
Una volta è rimasta chiusa in un box per qualche giorno, e temevamo di averla perduta per sempre, ma una gatta di strada con cui litigava ce l’ha fatta trovare.
Una volta è stata investita da un motorino, e Sten l’ha recuperata malconcia, con un trauma cranico, ma è sopravvissuta.
Cinque anni fa è diventata epilettica, ma dopo la seconda crisi abbiamo iniziato a darle una medicina che l’ha preservata fino a ieri. Un po’ acciaccata, ma vitale, e amorosa.
Non è stata una crisi a portarcela via, non ne aveva più da allora.
Semplicemente aveva vent’anni, non riusciva più a stare in piedi, non riusciva a mangiare, era diventata pelle e ossa, e l’abbiamo accompagnata noi tre, insieme, a concludere con dignità e amore la sua lunga vita felina. È stato doloroso, ma non abbiamo avuto dubbi a decidere, perché ogni egoistico prolungamento della sua esistenza sarebbe stata una sofferenza per lei, e in fondo anche per noi. Così dovrebbe andare anche per noi umani. Decidere, o far decidere a chi ci vuol bene se non siamo in grado di esprimerci. Addormentarsi in pochi istanti.
Ieri, tornando a casa senza di lei, ho iniziato a percepire il vuoto e allo stesso tempo il suo spirito che aleggiava e aleggia ovunque. Mentre in lacrime lavavo e riponevo trasportino, cucce, ciotole, copertine, cuscini e giochini che ormai erano solo tracce della sua presenza, sentivo il ticchettio delle unghie che non riusciva più a ritrarre ad annunciare una sua apparizione. Immaginavo i suoi occhi ormai appannati fissarmi e poi socchiudersi felici per una carezza, un grattino.
Oggi mi sono svegliata, e non era in cucina ad aspettarmi, o a reclamare un po’ di cibo con un miagolio più insistente del solito.
Da ieri ho perso un essere speciale, mi sento più sola, ma so che continua a vegliare su di me, su di noi.
Si è proprio così.. A me è successo con Frodo, meticcio adottato in canile che per 17 anni è stato il nostro ciccio di casa. Sono certa che loro non ci lasciano mai del tutto.. Ogni tanto mi sento annusata, un fiato leggero nell’orecchio, nei momenti più difficili. Un abbraccio