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12 novembre 2011: Liberazione

Ho aspettato questo giorno da quando nel 2008 ha vinto di nuovo le elezioni. Allora sembrava impossibile, con quella maggioranza bulgara sostenuta da parlamentari nominati, e non eletti dai cittadini.

Ho visto giorno dopo giorno, mese dopo mese, accadere quello che era ovvio aspettarsi da chi aveva già mal-governato e dato il peggio di sé. Credevamo che avesse già dato il peggio di sé. Invece no, è stato un continuo, inarrestabile susseguirsi di scelte e azioni compiute esclusivamente per il proprio interesse personale, patrimoniale e giudiziario, mentre il paese progressivamente andava a rotoli, con una escalation impressionante di corruzione, nel senso stretto del termine – decomposizione, disfacimento – che  B. ha prodotto in ogni aspetto della vita civile e delle relazioni tra le persone con il suo metodo di acquisizione di consenso e potere: promettere, comprare, vendersi, corrompere (nell’altro senso), abusare del proprio potere, mentire, negare la realtà.

Abbiamo assistito a cose che voi umani… Eppure non sono state sufficienti a fermare tutto in tempo. Solo il disastro economico finanziario, e probabilmente la paura (più che il buon senso) di quelli che finalmente l’hanno mollato, hanno finalmente permesso a un determinatissimo Napolitano di prendere in mano la situazione e imporgli le dimissioni, che io, personalmente, ho salutato brindando a spumante sotto al palazzo del Quirinale.

Ci voleva, perché oggi è un nuovo 25 aprile 1945, ed è giusto gioire per la liberazione. Ma come allora, il prezzo da pagare per il diciassettennio berlusconiano sarà altissimo. Perché ricostruire costa, e chi ci viene in soccorso vorrà scegliere materiali e tecniche di costruzione.

Per questo bisogna esserci, sostenere il sostenibile e osteggiare l’indigeribile, vigilare e partecipare da cittadine e cittadini responsabili, tenere sempre alta l’attenzione e la memoria. L’attenzione per non farci fottere un’altra volta il futuro, la memoria per non dimenticare chi sono stati i sordidi protagonisti di questi diciassette anni e non permettere che un giorno possano tornare.

Mai più.

Oh, sì sì sì sì

Abbiamo votato in tanti, tantissimi. Una valanga di SI. Col vento in poppa verso un quorum così alto da spazzare qualunque tentativo di sminuire la portata di quello che sta accadendo da diversi mesi e, in modo meno visibile, da oltre un anno. La riscossa civile, la ribellione a una rappresentazione umiliante e disgustosa del potere, la riappropriazione di uno spazio, quello collettivo, e di un tempo, il futuro. Ma, soprattutto, la passione per la Politica con la P maiuscola. Perché parlare di scuola, di precariato, di scelte energetiche e di beni pubblici, di eguguaglianza davanti alla legge, e pure, lasciatemelo dire, di etica pubblica, significa fare politica vera.

Le elezioni del 2008 sono state l’ultima ubriacatura di berlusconismo, l’ultima seduta d’ipnosi televisiva.

La progressiva, apparentemente inesorabile, limitazione della nostra capacità decisionale – plasticamente rappresentata dalla legge elettorale “porcata” che ha mandato in Parlamento un esercito di nominati dalle segreterie di partito – ha subito la più clamorosa delle inversioni di tendenza, con la riappropriazione dell’istituto del referendum, per sedici anni ignorato perché, probabilmente, svuotato di appeal, logorato.

E invece quello strumento, grazie anche alla mobilitazione capillare di comitati, movimenti, cittadini stanchi di poter solo assistere alla desolazione della nostra vita pubblica, è risorto.

Ho sorriso allo scrutatore giovanissimo che preoccupato diceva a Sten che aveva votato poca gente (erano le 11 di domenica mattina) e quasi tutti anziani. “I giovani la domenica mattina dormono. Verranno, verranno,” gli ho detto.

Che poi me lo ricordo bene che aspetto avevano i seggi durante i referendum del passato, quelli falliti. Domenica era un’altra cosa. L’avevo capito dal giorno prima, quando due vicine di casa elettrici di centrodestra senza esitazioni mi hanno detto che sarebbero andate a votare quattro sì e quando in giro per il quartiere (destrissimo) ho visto sventolare bandiere per l’acqua pubblica un po’ ovunque, dalle finestre, sui pali della luce, come le tracce di una mappa per scoprire un tesoro.

Quorum raggiunto, missione compiuta, tesoro trovato. Adesso non dobbiamo sperperarlo. Non ce lo devono scippare.

Adesso che il vento è cambiato

La felicità di sentire finalmente che il vento è cambiato, e nel vento si parla e si ride, si pensa e si spera, si progetta il futuro. Era un paese brutto, bruttissimo, quello che ogni giorno dovevo spiegare a mia figlia Lula, cercando di far germogliare in lei la stessa passione ideale con cui è sano crescere e pure invecchiare. Mi sentivo prigioniera in una riserva indiana. Ci sentivamo un po’ tutti prigionieri, pronti alla fuga da un luogo ostile e ottuso tenuto in ostaggio da un personaggio indecente e dalla sua corte dei miracoli.

Cosa deve succedere ancora? Quanti scandali, bugie, insulti, attentati al sistema democratico, buffonate internazionali, crisi economiche, controriforme scolastiche, furbetti, cricche, risate all’alba di un terremoto, olgettine, orgettine, precarizzazioni, brunettizzazioni, risse parlamentari, parlamentari scilipotati?

Anche stavolta ce la farà, temevo. Dal cilindro tirerà fuori il coniglio per gli allocchi. Le donne in piazza che hanno gridato se non ora quando?, gli studenti in movimento, i precari sui tetti non basteranno, temevo.

Però.

Però sentivo che prima o poi da qui, dalla rete, qualcosa di grande sarebbe avvenuto. Se la televisione ha berlusconizzato l’Italia, la rete la sta deberlusconizzando.

Una spia c’è stata quel giorno che Lula, vedendo alla tele un servizio sui sostenitori del presidente del consiglio, mi ha detto: “mamma, sono tutti vecchi!”

Era vero. Era difficilissimo vedere una faccia giovane tra coloro che giustificavano le serate di Arcore davanti al palazzo di giustizia di Milano.

Dal No B-day del popolo Viola è stato un crescendo con alti e bassi, dentro e fuori la rete, finché l’occasione elettorale trasformata da berlusconi in referendum pro o contro se stesso è stata colta e trasformata in autentica riscossa democratica e rivoluzionaria. La rivoluzione gentile di Pisapia, lo scasso irruento di De Magistris, la sorpresa cagliaritana del giovane vendoliano Zedda, per non dimenticare i tanti altri comuni e province strappati al centrodestra e alla lega segnano la rottura del recinto della riserva. Hanno vinto le idee sulla ricchezza e sul potere, le risposte ironiche agli attacchi violenti e volgari, l’impegno sulla paura, la democrazia della rete sulla monarchia televisiva.

Adesso che il vento è cambiato è più facile guardarsi intorno e riconoscersi. Non c’è nemmeno bisogno di spiegare a Lula cosa sta accadendo. Lei sa che è un vento buono, e che lo stavamo aspettando.

feste e ricorrenze sovrapposte

Per me che ancora il 25 aprile è l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo questa coincidenza con la Pasquetta non mi è piaciuta.

Come non mi piace il fatto che il prossimo 1 maggio, oltre a festeggiare i lavoratori ci sarà chi verrà a Roma per assistere alla beatificazione di papa Giovanni Paolo II. Con tante date, proprio questa doveva essere scelta?

Sarei stata meno polemica se almeno il tempo fosse stato più bello, permettendomi di fare il primo bagno della stagione e di non dover scappare sotto la pioggia dal colle maremmano. Ma tant’è, la tradizione è  stata rispettata. E dopo un ottimo pranzo pasquale, miracolosamente soleggiato, uno scampolo di pomeriggio alla spiaggetta in contemplazione del mare gelido e calmo non ce la siamo fatta sfuggire. Come le chiacchiere con l’amica ritrovata un anno fa, e con il resto delle persone care che ritrovo in quei luoghi.

Come i colloqui muti e struggenti con le sue cose, le tracce vivide della sua presenza assente, da tutti evocata. Chi con lacrime disperate, chi con sguardi  smarriti.

25 APRILE

Un po’ mi è dispiaciuto non aver scritto niente ieri, 25 aprile, festa della Liberazione (con la L maiuscola), e spero che ieri mattina a colazione ne abbia parlato a Lula con sufficiente passione.

Abbiamo fatto un pic-nic al parco per festeggiare il compleanno di un compagno di classe di Lula, turco, che a luglio ritornerà ad Ankara. La mamma aveva preparato deliziosi cibi di quel paese che adoro, e che ci siamo spazzolati fino all’ultimo involtino di foglie di vite…

Era inevitabile commentare sgomenti i fatti di Rignano e considerare un abisso agghiacciante quei pochi chilometri di via Flaminia che ci separano dall’inferno di orchi e orchesse.

Non ci credo, non posso crederci, ha scritto Alessandra. Io invece ci credo, purtroppo.

Perché a quei bambini qualcosa è successo, non si fanno certi disegni, non si urla coprendosi il volto con le mani, non si descrivano cappucci neri se non si è visto e vissuto qualcosa di brutto.

Gli accusati gridano al complotto dei genitori. Sembra che tutti i bambini violati abbiano detto che era stato papà a insegnare certi giochi…

Di certo in questa storia schifosa ci sono bambini vittime. E adulti carnefici.

Però è strano che quattro (o più) adulti orchi si fossero trovati insieme nello stesso piccolo ambiente. E’ vero che i pedofili fanno di tutto per inserirsi nei luoghi dove trovare le proprie vittime. Palestre, scuole, calcio, oratori. Cosa gli può importare, che so, di una discoteca o di un centro anziani.

Uno dei compagni di Lula si è avvicinato e si è messo a leggere al contrario il titolo del giornale che stavamo appunto commentando. Una delle mamme ci ha mormorato di smettere di parlarne, e cambiare argomento. Tanto prima le domande arriveranno. Così abbiamo sfogliato il giornale, saltando altre notizie orrende, finché non abbiamo trovato l’articolo sulla scoperta di un pianeta dove forse potrebbero trovarsi forme di vita. Qualcosa di buono, forse.

Però c’è stata anche una discussione interessante sull’entrata della Turchia nell’Unione Europea, e prima ancora un tentativo di seduta di pranayama (controllo del respiro) di gruppo. Lula ha rimediato pure uno sgambetto e nonostante il ginocchio dolorante non ha rinunciato al jumping.

Poi i nuvoloni neri hanno cominciato ad avvicinarsi minacciosi e siamo scappati un po’ di corsa, un minuto prima che si scatenasse l’acquazzone annunciato.


Come una funambola

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