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A Genova

Tre giorni pieni e intensi a Genova, il mio regalo di compleanno a Sten. È stata una bella sorpresa, anche se non avevo dubbi sul fatto che una città di mare e di cultura non avrebbe potuto deludermi.

Abbiamo camminato tanto, visitato i palazzi di Strada Nuova, le chiese, una bella mostra di Andy Wahrol a Palazzo Ducale, l’Acquario, il borgo marinaro di Boccadasse (con la “finestra a un passo dal cielo blu” che ha ispirato Gino Paoli e dove Camilleri immagina che abiti Livia, la fidanzata del commissario Montalbano), baciati dal sole e scaldati da un clima primaverile, a tratti estivo.

A Genova non abbiamo sentito il terremoto che continua a ferire il centro Italia, ma dal numero di messaggi arrivati al risveglio, domenica, abbiamo capito che doveva essere stato ancora più spaventoso del precedente. E la notte scorsa, qui a Roma, mi sono svegliata con la certezza che fosse arrivata una scossa. Sono rimasta a letto, al buio, rannicchiata accanto a Sten che invece dormiva. Sapevo che la terra stava tremando, e da qualche parte in modo ben più spaventoso. La terra trema, e continuerà a tremare. Qui siamo al sicuro, ma inizio a comprendere meglio il senso di destabilizzazione esistenziale di chi vive in zone sismiche.

 

Autunno, e la terra trema ancora

Autunno pieno, le giornate si accorciano, il tempo è passato veloce, aggrovigliato da pensieri di ordine pratico che hanno levato spazio alle divagazioni più creative.

Ieri la terra ha tremato ancora, qui a Roma l’abbiamo sentita in tanti, e la paura è tornata tra chi il 24 agosto ha perso tanto, troppo. La casa, persone care.

Non mi era mai successo di sentire così bene un terremoto, anche se ero in un piano basso. Forse perché altre volte era notte, e la percezione della scossa era più attutita dal buio e dal sonno. Durante la prima scossa ero a danza, e non ci siamo accorte di niente. Poi a casa Sten mi ha raccontato di quanto l’avesse sentita forte, e pure Lula, mentre era in biblioteca all’università. Mentre mi asciugavo i capelli ecco arrivare una sensazione di malessere, una specie di mal di mare, e invece sapevo benissimo cosa fosse. Di nuovo! Lunga, angosciante. Angosciante per me, figuriamoci per chi si trovava lì. Per chi ha rivissuto il dramma di agosto.

Forse proprio grazie a quel dramma ieri il terremoto non ha provocato morti. Ma i crolli, le lesioni, la distruzione che cancella interi paesi fanno malissimo al cuore e immagino che mettono a dura prova la capacità di reazione delle persone.

Eppure con il rischio sismico in Italia dovremmo imparare a convivere, una volta per tutte.

Mio padre lo diceva sempre.

 

Terremoti e vulcani

Sono stati giorni terribili. Pessime notizie, una dopo l’altra. Mentre la terra tremava in Emilia e tanti operai rimanevano schiacciati dai capannoni industriali, venuti giù come castelli di carta, un’altra giovane donna amica è stata portata via dal maledetto cancro. Quattro anni di malattia vissuti con estrema riservatezza, tanto da aver scoperto per la prima volta che il mio approccio talvolta può infastidire, ed essere giustamente respinto, se si sceglie di percorrere una strada diversa.

Ho avuto una crisi di nervi, bruttissima, dolorosa, come lava che dopo tanto premere trova il cratere da cui eruttare.

Un battibecco che in un altro momento avrei fatto decantare è diventato quel cratere, e c’è stata l’esplosione.

Ora credo che sia stato un bene aver urlato, e poi pianto, e poi respirato in silenzio e solitudine per un po’. Ormai lo so che le lacrime devono essere piante, e la rabbia espressa e mai covata, per non dare tempo al dolore di annidarsi nel corpo, a far danni.

Ormai lo so.

So che forse dovrei proteggermi di più, e imparare a tenere i nervi coperti.

Ma io non ho mai indossato le corazze, nemmeno quando infuriava la battaglia.

IL CANTO DI NATALIE

Mi piacerebbe scrivere qualcosa di leggero.

Mi piacerebbe far sorridere. 

Dopo una lettura pesante come La morte di Ivan Il’Ic di Tolstoj avrei bisogno di lievi parole di vita. Ma da dove attingerle?

Mi ero volontariamente censurata sul disastro di Haiti, temendo di essere inutile e retorica a scrivere di cataclisma naturale su cataclisma umano, povertà, morte senza sepoltura, amputazioni su amputazioni, distruzione, fame, sete, gli sguardi dei bambini persi nell’orrore, il desiderio irrealizzabile di fare qualcosa di concreto.

Eppure la leggerezza e la vita stanno proprio lì, nei miracoli della disgraziata isola caraibica, come quello di Natalie, la ragazza estratta viva, dopo una settimana, dalle macerie di un supermarket, e che si è messa a cantare per la felicità di vivere ancora e per ringraziare i suoi soccorritori.

Un po’ di retorica, sì. Mi vengono i brividi a immaginare quel canto

VIETATO VEDERE PORTA A PORTA

Caso mai diamo un’occhiata ai filmati che raccontano la verità:

tv.repubblica.it/copertina/berlusconi-contestato-dagli-sfollati/36892

 

SOGNI, SCOSSE, TAC

Sono davvero molto fiera di me stessa. Domani ho la mia passeggiata nel tubo della Tac e – giuro – non ho la solita implacabile fottutissima strizza. La considero un eccesso di zelo dei miei due angeli custodi, Zeta e Esse (o lo chiamo Emme, anche lui per cognome?), che insieme, anche senza conoscersi – si sono solo parlati al telefono – costituiscono il mio scudo sanitario.

La notte scorsa però ho dormito male, mi sono addormentata molto tardi in un lunghissimo sogno ambientato per la maggior parte del tempo in un luogo immaginario, un localino molto trandy , una specie di bistrot in un punto inesistente tra Foro Italico e Ponte Milvio, che per entrarci bisognava arrampicarsi su un tetto. In questo posto incontravo un mucchio di gente, vecchi amici, conoscenti, parenti, si mangiava bene, si scherzava e beveva. C’era un gran via vai e a un certo punto mi trovavo fuori, a chiacchierare, appollaiata sul tetto davanti all’ingresso insieme a qualche amica. Una di queste amiche cazzeggiando troppo scivolava riuscendo ad aggrapparsi con le mani alla grondaia, il corpo a penzoloni nel vuoto. Io urlavo, terrorizzata, lei invece era tranquilla, mi sorrideva e cominciava a saltare giù restando sempre attaccata al muro, tipo spiderman. In pochi secondi era scesa in strada sana e salva.  Dopo la serata proseguiva come se non fosse successo nulla, andavo via, poi tornavo perché avevo dimenticato di salutare una persona. Quel posto era irresistibile, assurdo, con la porta d’ingresso pericolosamente affaciata sul tetto spiovente, vivace, caldo. Era un posto dove le persone stavano bene, e la mia amica invece di precipitare si trasformava in donna ragno.

Credo che ci sia stata  una scossa di terremoto, nel momento del pericolo sul tetto, in queste settimane ho sentito sempre quelle più forti, e le altre forse le percepisco, sottilmente.  E comunque sì, alle 4 e 16 c’è stata una scossa ai Colli Albani, magnitudo 2.3 e prima nell’Aquilano di magnitudo 3.

Non era preoccupazione per la Tac, quindi, ma tensione sismica che non si allenta.

Vacanze, Larsson, indecenze

Finite le vacanze, finito il primo romanzo della  trilogia di Stieg Larsson, Uomini che odiano le donne, e come immaginavo attaccherò stasera il secondo, perché già mi mancano Lisbeth Salander, Mikael Blomkvist, e la redazione di Millennium.

Ho scritto poco, ma da domani mi metto sotto e cercherò di approfittare della condizione di reclusione imposta dalla situazione.

Nel frattempo, da due fonti diverse e dirette, ho capito, come sospettavo, che la trasmissione Annozero di giovedì scorso non è stata "indecente". Indecente è quello che si è fatto credere, indecente è che non si è prevenuta la morte di trecento perdone, pur potendolo fare, indecente è aver costruito palazzi con sabbia di mare, indecente è che l’ospedale dell’Aquila non aveva il certificato di agibilità.

 Aggiornamento: sospeso dalla Rai Vauro per le sue vignette

IN-SICUREZZA

E’ quello che volevo, no? Una lunga vacanza di lavoro, per scrivere. Il mignoletto va così così, se lo tengo sollevato posso pure camminare, un po’ claudicante. Però un poco prigioniera mi sento, visto che non posso certo passeggiare, prendere la macchina o l’autobus. Al mare ci andrò lo stesso, al meno per respirare l’aria salmastra.

Ho il groppo di pianto ad ogni telegiornale o programma sul terremoto. La natura matrigna poteva essere neutralizzata, le responsabilità ci sono, oh, se ci sono. Cementi armati disarmati, fondamenta di sabbia, irresponsabili attendismi nell’allertare la popolazione.

"Mio fratello era qui per studiare", ha ricordato ieri la sorella di una vittima della Casa dello studente, "non era venuto in guerra. Sicurezza non è solo protezione dai criminali…" 

DISASTRI, PREVISIONI E ITALICA FIEREZZA

Allora sì, il disastro immaginato l’altra notte purtroppo capitava esattamente come lo temevo durante quelle lunghe ore insonni, rigirandomi nel letto. Oggi ho saputo di una coppia, parenti di un mio amico, che sono morti sotto le macerie dopo essere riusciti a far uscire i due figli di 6 e 8 anni, un attimo prima che la casa gli crollasse addosso. E la televisione ogni istante ci racconta di queste storie, dei bambini di Onna, di chi ce l’ha fatta e chi ancora manca all’appello. Di piccoli e grandi eroismi, di mani nude e ruspe, di cani che fiutano corpi e di quelli che ululavano al pericolo imminente.

Chiedevo poco fa a mio padre, ex prof di geologia, di questa faccenda del radon, e della polemica sull’evitabilità di quel disastro. Ha convenuto con me che anche senza procedere ad una vera e propria evacuazione, almeno si poteva evitare di tanquillizzare gli abitanti della zona, ma consigliare, come ha fatto Giuliani nei confronti della sua famiglia e degli amici di sua figlia, di non dormire a casa quella notte visto il succedersi e intensificarsi delle scosse. Un bel po’ di vite si sarebbero potute salvare, no?

Non so voi, ma a me non frega niente della fierezza italica, rivendicata da un signore vestito di scuro per spiegare il rifiuto di accettare gli aiuti internazionali. M’importa che la gente sfollata abbia un posto dove dormire, che se qualcuno sta ancora sotto le macerie possa essere tirato fuori, possibilmente ancora in vita, che si faccia presto a ricostruire tutto con criteri antisismici veri e che magari si lasci perdere l’idea del’aumento di cubatura per ville villette.

Sono a casa con un mignolo del piede fratturato, ieri sera in modo stupido ho sbattuto contro un mobile e ho capito che farmi male ai piedi è nel mio karma, visto che è la terza volta che me li fratturo. Stamattina nel pronto soccorso mi vergognavo un po’ di stare lì per una cosa così piccola, ma nonostante l’ospedale fosse pronto da ieri a ricevere feriti dall’Abruzzo non ne è arrivato nessuno.

Niente gesso, un semplice cerottaggio e riposo per un mese.

LA TERRA TREMA

Mi sono svegliata di botto, con la terribile sensazione che il letto si muovesse violentemente e che la stanza oscillasse. Non era una sensazione, anche Sten era sveglio, e dopo qualche minuto Lula mi ha chiamata: – Mamma, il palazzo ha tremato?

– Sì, tesoro. Ha tremato, ma adesso ha smesso. Non ti proccupare, continua a dormire.

Anche Pippi, la gatta, ha avuto tanta paura. Lei non potevamo rassicurarla a voce, così abbiamo lasciato che s’intrufolasse nella stanza per venirsi ad acciambellare sul letto, ai miei piedi.

Dopo non sono più riuscita ad addormentarmi, sicura che da qualche parte doveva esserci stato un violento terremoto, se a Roma, in un appartamento al piano basso, ne avevamo sentito distintamente una scossa.

Non riuscivo a dormire pensando alle persone che in quel momento vedevano aprirsi la terra sotto ai piedi e le case precipitargli addosso.


Come una funambola

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