Ieri mi sono presa un giorno di ferie per prepararmi con calma alla presentazione di Scriverne fa bene, alla fiera dell’editoria Più libri più liberi. Mattinata tranquilla, un po’ di shopping, non so quante volte ho ripetuto il discorsetto che pensavo di fare – e come immaginavo poi ho fatto in modo molto diverso – mentre l’ansia iniziava a salire. Raggiungendo l’apice quando ho ricevuto la telefonata di Silvia Tessitore, la mia editor e responsabile della collana Storie vere, nonché sollecitatrice, come forse ho già scritto altrove, del libro: “vogliono intervistare te e Ritanna Armeni dalla postazione di Fahrenheit prima della presentazione.” Wow! Fahrenheit, la bella trasmissione sui libri di Radio 3… Pranzetto veloce con Lula, un po’ di relax con la gatta sulla pancia, agitazione, calcolo dei tempi per attraversare Roma e arrivare al palazzo dei congressi dell’Eur. Calcolo sbagliato. Ma soprattutto, ho deciso di ignorare il navigatore dell’Iphone che mi consigliava strade che io scientemente ignoravo, per seguire quello stupido proverbio “chi lascia la via vecchia per la nuova”. Insomma, sono arrivata un po’ in ritardo, non troppo, però avevo messo in allarme telefonico Sten che, a intervista conclusa e presentazione quasi iniziata ancora mi aspettava all’ingresso principale insieme a un po’ di amici, tutti convinti che avessi lisciato l’intervista e che probabilmente non sarei arrivata in tempo per la presentazione.
Comunque, il podcast della trasmissione ancora non c’è, ma pare che sia andata bene. [ora c’è! http://www.radio.rai.it/podcast/A42735644.mp3 più o meno dal 42′]. In effetti sentire prima di me le belle parole di Ritanna Armeni sul libro mi hanno tranquillizzata parecchio. Loredana Lipperini, la conduttrice di Fahrenheit, mi ha chiesto di raccontare com’è nato il libro, e prima ancora il blog, quindi niente di troppo difficile…
Dopo via, al primo piano, nella sala più grande di tutte, a incontrare Elisa Manacorda, amica e sempre impeccabile moderatrice, l’oncologa Teresa Gamucci, arrivata insieme a Zeta e con lui coinvolta nel Comitato scientifico di Annastaccatolisa, e il professor Spinsanti, che ha sostituito la sociologa Stefania Polvani, purtroppo impossibilitata a venire da Firenze. Quando finalmente ho avvisato Sten che non ero più da tempo bloccata nel traffico e la sala ha iniziato a riempirsi abbiamo iniziato, confortata dai tanti volti amici, e da qualche sorpresa, come rivedere una delle prime blogger che ho seguito appena aperto il blog, trasferita a Roma da pochi mesi e che, per quelle strane coincidenze della vita, è una grande amica di Silvia Tessitore.
Elisa ha introdotto la piacevole chiacchierata – perché così mi è sembrata – dicendo molte delle cose che avrei detto io, se non lo avesse fatto già lei… Ormai mi conosce e interpreta perfettamente quello che scrivo.
Non è facile per me ricostruire e riscrivere tutto ciò che è stato detto. Ritanna Armeni, giornalista e lettrice attenta ma che non aveva mai seguito un blog, ha sottolineato soprattutto le parole di verità del libro, insieme alla carica di vitalità che emerge dalla lettura dei post citati e al concludere che sì, effettivamente scriverne fa bene, perché sembra davvero che il cancro abbia fatto emergere la parte migliore di ciascuna di noi. Quando ha scelto di leggere un brano dal post di Anna sulla morte ho avuto un sussulto. Come molti di noi, in sala.
E dopo di lei il professor Spinsanti, che ha fatto una breve intensa lezione sulla medicina narrativa, sulle sue diverse accezioni, e su quanto sia necessaria la narrazione per migliorare la relazione tra medici e pazienti.
E Teresa Gamucci, che ha spiegato con semplicità e passione l’importanza per un’oncologa che si occupa soprattutto di cancro al seno che le proprie pazienti siano donne consapevoli della propria malattia. E la scrittura permette di acquisire questa consapevolezza e renderle capaci di affrontare meglio il duro percorso di cura e tutte le conseguenze che porta con sé, nel corpo, nei rapporti di coppia, nell’equilibrio emotivo.
Davvero, io alla fine pensavo di non avere più molto da dire, se non ricordare a chi è dedicato il libro, alle due amiche e blogger che non ci sono più, Anna e Anna Lisa, ma che credevano fortemente nella blogterapia e nel potere della scrittura condivisa. Poi ho detto anche qualcos’altro, sul muro di silenzio e sulla solitudine che una voce restituita dalla narrazione può infrangere. Ma giuro, non ricordo più se quello che pensavo di dire l’ho detto davvero, o se è rimasto tra le cose che mi frullavano in mente mentre raccontavo di noi, e di loro. Un pianto me l’ero fatto prima, a casa. Così in quel momento sono riuscita a trattenere le lacrime.
Più tardi però, allo stand dell’editrice Zona, mentre firmavo qualche copia del libro, è finita a tarallucci e vino.
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