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L’inutile bellezza della propria luce

Questa descrizione del cielo notturno di Parigi solcato dagli aerei da guerra è uno dei tanti motivi per leggere e rileggere la Recherche di Proust, che interrompo e riprendo, prolungando un piacere già noto.

“In quella Parigi, la cui bellezza, nel 1914, io avevo veduto attendere quasi inerme la minaccia del nemico che s’avvicinava, v’era di certo, come allora, l’antico immutato splendore d’una luna crudelmente, misteriosamente, serena, che riversava sui monumenti ancora intatti l’inutile bellezza della propria luce.”

Il tempo ritrovato, Einaudi 1978 (traduzione di Giorgio Caproni)

I libri ci salvano

L’ho imparato tra i diciotto e i diciannove anni, dopo aver letto tutti e sette i volumi della Recherche di Proust, per la tesina sul tempo e la memoria: l’arte, la letteratura, strappano le nostre vite all’oblio e la proteggono dagli assalti e dalla distruzione compiuti dal tempo. La salvano.

La memoria involontaria, quella memoria quasi fisica, fatta di odori e sapori, dei suoni di una sinfonia, di sensazioni che improvvisamente tornano a resuscitare il passato, ha il potere, se riconosciuta e trattenuta nel libro che si sta scrivendo, nell’opera che si sta realizzando, di ricostruire la realtà e renderla immortale.

Poco fa, leggendo la recensione di Paolo Di Paolo a un romanzo di Matt Haig, mi sono imbattuta in un’idea complementare a quella proustiana del libro che già esiste dentro ciascuno di noi e che viene portato alla luce, traducendolo, con la scrittura: l’idea certamente non originale, ma sempre affascinante, è che i libri contengono vite potenziali, tutte le vite che non abbiamo potuto o voluto vivere, consegnandoci quindi una seconda (terza, quarta, quinta…) opportunità, che esiste almeno finché esiste una biblioteca che conserva quel libro, e ci permette di leggerlo.

Nella recensione, e immagino nel libro recensito, c’è un riferimento alla metafora delle sliding doors (dal film bellissimo che si chiama appunto così) su cui mi capita spesso di ragionare, scrivere (anche in un recente post, a proposito di 4321 di Paul Auster) e immaginare in che modo renderla il motore di una storia da scrivere. Le occasioni mancate o colte nella vita quanto dipendono dall’istante in cui una porta si apre o si chiude, scatenando una serie di eventi apparentemente inevitabili? Cosa pesa di più: il caso, la volontà, o il destino? Oh, certo, farsi queste domande riguarda la filosofia, soprattutto se si è atei come me. Ma riguarda moltissimo anche la scrittura e la lettura. Le parole a cui aggrapparsi per dare senso all’insensatezza e salvarci da quei buchi neri di cui la vita è disseminata.

Libri per vivere la vita che abbiamo o non abbiamo vissuto, la vita che non è stata e che sarebbe potuta essere, quella che abbiamo ancora tempo per vivere, o almeno per immaginare.

I fantasmi a cui dire addio

Ancora non avevo avuto voglia di scrivere il primo post del nuovo anno, anche perché la fine del 2019 è stato un periodo faticoso, tensioni e preoccupazioni di varia natura che si sono allentate grazie a un lungo e necessario periodo di ferie. Anche le splendide giornate di sole e cielo azzurro, che solo oggi la pioggia ha interrotto, hanno contribuito a migliorare l’umore, a godere della vita che ho, delle persone che mi circondano, della capacità di continuare ad avere progetti e prospettive nonostante gli inciampi, le delusioni, e tutto l’apparato soffocante di rimpianti.

Ma stamattina ho finito di leggere un libro bellissimo, Addio fantasmi di Nadia Terranova, un libro che mi aspettava da quando ho letto la conversazione avvenuta tra l’autrice e la scrittrice francese Annie Ernaux.

terranova

Quando di un libro ti appunti delle frasi, le rileggi a voce alta, le ripeti dentro di te fino a impararle quasi a memoria, significa che quelle frasi dicono delle verità che sono anche tue, verità che per quanto dolorose danno senso al dolore, lo leniscono, insegnano a lasciar andare le ossessioni, a colmare i vuoti lasciati da un’assenza, accettandola, perché “la vita non si fa con i residui, con quello che ti tieni come scorta. Non ne hai un’altra di ripiego, dove mettere le cose che non fai.”

E ancora: “Nessuna risposta può placare i sopravvissuti. Esiste un armadio pieno di risposte diverse che i vivi si misurano a seconda della giornata […] Ma una vita parallela non c’è da nessuna parte, non esiste niente se non quello che è esistito.”

La vita è un istante, ein Augenblick, e le decisioni rimandate possono diventare decisioni mai prese, destini irrimediabilmente segnati.

“… doveva aver rimandato la scelta ritenendo di avere davanti a sé un calendario illimitato, di poter godere del tempo necessario per poter mettere le cose a posto; ma la vita è ein Augenblick, l’irregolarità è la sua unica regola, i fatti scorrono accanto a noi mentre ci illudiamo, un giorno, di dominarli. Ecco perché mi rifugiavo nelle mie finte storie vere: su di loro esercitavo una signoria assoluta. Di quello che scrivevo ero sovrana.”

Ecco, forse, perché dopo aver finito di leggere questo libro ho sentito il bisogno di tornare qui, nel blog dove oltre quindici anni fa ho iniziato a raccontarmi: per non dimenticare che la scrittura è anche il luogo dove provare a riparare le cose rotte della nostra vita, che altrimenti non si aggiustano più.

 

 

Wide Magia

Ero agitata, sì, agitatissima. Poi c’era lo sciopero dei mezzi, la mattina avevo litigato tanto con Lula, le amiche blogger Mia e Zia Cris erano arrivate a Roma, sono uscita prima dal lavoro perché tanto non combinavo niente, mi rigiravo tra le mani i fogli con le cose che avrei detto, le citazioni dai post, immaginando, come poi è accaduto, che avrei sicuramente sforato i dieci minuti. Poi mi sono calmata, ho pensato che scema, Anna mi direbbe “dai Giorgetta, di cosa ti preoccupi? Devi solo usare le tue parole.”

Sono uscita, lungo la strada ho dato un passaggio a Romina e insieme siamo andate al Palaexpo dove, prima ancora di conoscerci personalmente, Anna mi aveva invitata a vedere il Festival della fotografia che aveva organizzato.

Con Romina in macchina abbiamo chiacchierato, e la tensione si è alleggerita ancora. Però, che emozione vedere la locandina fuori, e poi entrare nella sala già piena, abbracciare Obi, le sue sorelle, abbracciare Cris e Mia, e poi Rosie, conoscere e parlare con la editrice del libro e con l’amico di Obi moderatore, cercare di capire quali post avrebbe letto l’attrice Carlotta, quali gli altri, adocchiare da lontano Mr. Clint, l’oncologo di Anna, individuare Nina e Lilla in prima fila – belle e luminose – e la loro nonna.

Ho ascoltato e percepito Anna in ogni intervento, e soprattutto, nelle sue parole, quattro anni di blog, 390 pagine di libro – finalmente lo avevo tra le mani! – lette, citate, interpretate e respirate da tutti noi. Che bello! Davvero, bello e struggente, con le testimonianze audio o video di chi aveva accolto l’invito di Angelo (Obi) a partecipare in questo modo alla presentazione.

Alla fine, durante l’intervento del “compagno luminoso” di Anna, è stato difficile trattenere la commozione. Anzi, impossibile.

Eppure abbiamo anche sorriso e riso tanto, quando lo spirito ironico di Anna saltava fuori tra una lettura e un’altra, a rendere lievi le parole più impegnative e dolorose.

Pensavo di pubblicare qui tutto quello che sono riuscita a dire e a leggere, ma ci ho ripensato. Basta questo:

“C’è un post di Anna, che io amo in modo particolare, perché ha a che fare con il potere delle parole e del pensiero, e di come questi possono aiutarci a stare meglio, o a compiere vere e proprie magie:

9 marzo 2011

Magia

Finché qualcosa non accade, semplicemente non sta accadendo.
Finché non farò la biopsia che mi spaventa tanto (e non so ancora quando la farò) non la starò facendo.
Finché l’ago non mi trapasserà le cicce (chissà perché mi immagino che potrebbe sgonfiarmisi il corpo tipo palloncino, ogni scusa è buona per sperare di perdere peso senza sforzo, sic) nessun ago mi starà trapassando le cicce.
Inutile pensarci prima.
Inutile immaginarsela prima.
Superfluo chiedermi cosa succederà dopo. Perché succederà indovinate quando?
DOPO!
E prima è adesso e adesso ho da fare.
Ditemi voi se questa non è magia vera!”

 

On the widepeak

Ho letto di nuovo tutto il blog di Anna, dall’inizio alla fine. Amica bella, domani ovunque sei ti fischieranno le orecchie. Le tue parole preziose sono state raccolte in un libro di carta, grande come te.

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Si presenta qua e là

Proseguono le presentazioni di Scriverne fa bene, giovedì scorso alla libreria Koob di Roma, praticamente a casa, il luogo dove c’è stata, tre anni fa, l’unica presentazione di Come una funambolaCome allora, le parole di Cecilia D’Elia hanno espresso con estrema lucidità una riflessione attenta e per niente scontata del libro e delle esperienze che racconto. Anche la mia editrice Silvia Tessitore questa volta è intervenuta direttamente, e con passione, a presentare il libro che esiste soprattutto grazie a lei, che me lo ha sollecitato e ne ha seguito passo passo la stesura, con un editing discreto ma preziosissimo.  Mi ha fatto piacere conoscere una docente di Medical humanities, che è intervenuta sul tema della medicina narrativa, e ascoltare per la prima volta Elisa Manacorda non in qualità di moderatrice, ma di lettrice competente e amica affettuosa che segue ormai da anni tutte le mie avventure. Tra il pubblico c’era anche un giornalista che ha scritto un bell’articolo su La Stampa online, che se vi va potete leggere, qui (peccato che nel sommario redazionale è stato storpiato il mio nome e il titolo…)

La prossima tappa sarà Modena, sabato prossimo, e lì davvero so che mi emozionerò tanto, perché insieme a Silvia, e a Massimo Mezzetti, vecchio amico e attuale assessore alla cultura dell’Emilia Romagna, a presentare il libro ci sarà la cara Milva, del gruppo di Oltreilcancro e socia fondatrice di Annastaccatolisa. Tra il pubblico poi ci sarà certamente Julia, che è una delle protagoniste del libro, talmente protagonista che abbiamo scelto le sue parole per la quarta di copertina… E poi chissà, magari mi farà una sorpresa anche qualche altra amica blogger emiliana.

Ma non finisce qui, eh eh 🙂

La presentazione a Più libri più liberi

1461200_10202520139034075_1754694693_nIeri mi sono presa un giorno di ferie per prepararmi con calma alla presentazione di Scriverne fa bene, alla fiera dell’editoria Più libri più liberi. Mattinata tranquilla, un po’ di shopping, non so quante volte ho ripetuto il discorsetto che pensavo di fare – e come immaginavo poi ho fatto in modo molto diverso – mentre l’ansia iniziava a salire. Raggiungendo l’apice quando ho ricevuto la telefonata di Silvia Tessitore, la mia editor e responsabile della collana Storie vere, nonché sollecitatrice, come forse ho già scritto altrove, del libro: “vogliono intervistare te e Ritanna Armeni dalla postazione di Fahrenheit prima della presentazione.” Wow! Fahrenheit, la bella trasmissione sui libri di Radio 3… Pranzetto veloce con Lula, un po’ di relax con la gatta sulla pancia, agitazione, calcolo dei tempi per attraversare Roma e arrivare al palazzo dei congressi dell’Eur. Calcolo sbagliato. Ma soprattutto, ho deciso di ignorare il navigatore dell’Iphone che mi consigliava strade che io scientemente ignoravo, per seguire quello stupido proverbio “chi lascia la via vecchia per la nuova”. Insomma, sono arrivata un po’ in ritardo, non troppo, però avevo messo in allarme telefonico Sten che, a intervista conclusa e presentazione quasi iniziata ancora mi aspettava all’ingresso principale insieme a un po’ di amici, tutti convinti che avessi lisciato l’intervista e che probabilmente non sarei arrivata in tempo per la presentazione.

Comunque, il podcast della trasmissione ancora non c’è, ma pare che sia andata bene. [ora c’è!  http://www.radio.rai.it/podcast/A42735644.mp3 più o meno dal 42′]. In effetti sentire prima di me le belle parole di Ritanna Armeni sul libro mi hanno tranquillizzata parecchio. Loredana Lipperini, la conduttrice di Fahrenheit, mi ha chiesto di raccontare com’è nato il libro, e prima ancora il blog, quindi niente di troppo difficile…

Dopo via, al primo piano, nella sala più grande di tutte, a incontrare Elisa Manacorda, amica e sempre impeccabile moderatrice, l’oncologa Teresa Gamucci, arrivata insieme a Zeta e con lui coinvolta nel Comitato scientifico di Annastaccatolisa, e il professor Spinsanti, che ha sostituito la sociologa Stefania Polvani, purtroppo impossibilitata a venire da Firenze. Quando finalmente ho avvisato Sten che non ero più da tempo bloccata nel traffico e la sala ha iniziato a riempirsi abbiamo iniziato, confortata dai tanti volti amici, e da qualche sorpresa, come rivedere una delle prime blogger che ho seguito appena aperto il blog, trasferita a Roma da pochi mesi e che, per quelle strane coincidenze della vita, è una grande amica di Silvia Tessitore.

Elisa ha introdotto la piacevole chiacchierata – perché così mi è sembrata – dicendo molte delle cose che avrei detto io, se non lo avesse fatto già lei… Ormai mi conosce e interpreta perfettamente quello che scrivo.

Non è facile per me ricostruire e riscrivere tutto ciò che è stato detto. Ritanna Armeni, giornalista e lettrice attenta ma che non aveva mai seguito un blog, ha sottolineato soprattutto le parole di verità del libro, insieme alla carica di vitalità che emerge dalla lettura dei post citati e al concludere che sì, effettivamente scriverne fa bene, perché sembra davvero che il cancro abbia fatto emergere la parte migliore di ciascuna di noi. Quando ha scelto di leggere un brano dal post di Anna sulla morte ho avuto un sussulto. Come molti di noi, in sala.

E dopo di lei il professor Spinsanti, che ha fatto una breve intensa lezione sulla medicina narrativa, sulle sue diverse accezioni, e su quanto sia necessaria la narrazione per migliorare la relazione tra medici e pazienti.

E Teresa Gamucci, che ha spiegato con semplicità e passione l’importanza per un’oncologa che si occupa soprattutto di cancro al seno che le proprie pazienti siano donne consapevoli della propria malattia. E la scrittura permette di acquisire questa consapevolezza e renderle capaci di affrontare meglio il duro percorso di cura e tutte le conseguenze che porta con sé, nel corpo, nei rapporti di coppia, nell’equilibrio emotivo.

Davvero, io alla fine pensavo di non avere più molto da dire, se non ricordare a chi è dedicato il libro, alle due amiche e blogger che non ci sono più, Anna e Anna Lisa, ma che credevano fortemente nella blogterapia e nel potere della scrittura condivisa. Poi ho detto anche qualcos’altro, sul muro di silenzio e sulla solitudine che una voce restituita dalla narrazione può infrangere. Ma giuro, non ricordo più se quello che pensavo di dire l’ho detto davvero, o se è rimasto tra le cose che mi frullavano in mente mentre raccontavo di noi, e di loro. Un pianto me l’ero fatto prima, a casa. Così in quel momento sono riuscita a trattenere le lacrime.

Più tardi però, allo stand dell’editrice Zona, mentre firmavo qualche copia del libro, è finita a tarallucci e vino.

Pedalando

Ho passato un periodo bruttino bruttino, come forse si è capito da quel poco che ho scritto ultimamente, però adesso va meglio, e sono contenta di comunicarvelo, che ve ne importi o meno. Sicuramente è stato d’aiuto il mio amico omeopata, le sue parole e il mercurius solubilis che mi ha prescritto. Mi dispiace non poter dire che mi abbia aiutato un po’ anche questo blogghetto amatissimo, anche se, come qualcuno di voi sa, in questo periodo mi sto occupando proprio delle sue virtù terapeutiche per un libro che sto scrivendo. Ancora? Ancora. In parte anche per questo ho passato un periodo così faticoso, perché mi sentivo prigioniera di una parte fondamentale, ma non esclusiva, per fortuna, della mia storia. Perché non sono riuscita a dire no alla proposta di scrivere ancora su questo tema, perché ho un senso del dovere grande come una casa, perché poi mentre ci lavoro mi entusiasmo, perché sono di una lentezza paurosa, perché le parole sono importanti, le scrivo, le cambio, le cancello, le ritrovo, le vado a pescare in quella miniera preziosa che sono i blog che ho scelto per testimoniare il valore di ciò che abbiamo definito blogterapia, e le mescolo con la mia libera traduzione dei saggi che sono andata a cercarmi qua e là, per ampliare l’orizzonte.

Ho iniziato ad andare in ufficio in bicicletta, non lo facevo da anni, e pure questo mi fa sentire meglio. Mezz’ora all’andata e mezz’ora al ritorno, senza pensare di “perdere troppo tempo”, sfidando la fatica e le salite, sentendomi libera di guardare il fiume, i ponti, godendo dei pochi tratti di pista ciclabile disponibili e a tratti parecchio malridotti.

(A proposito, spero che tra una decina di giorni a Roma possa cominciare una fase nuova, di liberazione da un’amministrazione che ha degradato questa povera, meravigliosa città.)

Non sono a corto di sogni

Ho rimediato solo due vene rotte, un po’ di ematoma, e la felicità nel sentir ripetere dal radiologo Esse, mentre passava l’ecografo sul fegato insistendo dove la tac aveva rilevato i due millimetri di dubbia natura,  “qui non vedo proprio niente… No no, qui non c’è proprio niente di che.” Prima e dopo avermi fatto iniettare il liquido di contrasto dalle specializzande che, tanto per cambiare, sono sembrate impressionate dalla mia storia clinica.

Non lo nego, ho avuto tanta paura. Soprattutto mi spaventava la mia incapacità di ritrovare quell’attitudine mentale a cui in altri momenti cruciali ho fatto ricorso per fermare il disastro. Ho fatto cose che non si devono fare, come compulsare le statistiche, quasi con l’intento di trovare conferme alla mia preoccupazione.

Però stamattina mi sono portata dietro il Trattato di funambolismo di Petit, e quando ho letto questa frase: “I limiti esistono soltanto nell’anima di chi è a corto di sogni”, mi sono guardata dentro e ho capito che ce l’avrei fatta anche questa volta.

La pioggia di settembre

Siamo sbarcati in Italia con la pioggia, dopo sedici giorni di Corsica che, come sempre, non delude.

Prima il cuore, Corte e le due valli della Restonica e del Tavignano, bagni nei fiumi, camminate a tratti durissime e la soddisfazione di sentire ammettere Lula che “ne valeva la pena”, salvo scoprire che il lago Melu era troppo freddo per bagnarcisi più di trenta secondi.

Poi il sud che ormai, al quarto viaggio, conosco bene, stavolta niente campeggio ma uno chalet nella macchia, dove la sera si avvicinava un cinghiale, più simile al facocero Pumba che a uno di quei bestioni maremmani con le zanne, alla ricerca di un po’ di cibo.

Il mare pulito, i blocchi di granito di punta Capineru al tramonto , sabbia rosata o bianca, torri, sentieri, le falesie di Bonifacio , le mucche di cala Rondinara e l’inconfondibile profilo leonino della roccia che sovrasta Roccapina.

Le bevute di mirto e birra Pietra nel campeggio dei nostri amici, troppo tranquillo per un gruppo di adolescenti inquiete.

L’unico dispiacere è di non aver potuto condividere questa bellezza fino in fondo con tutte le persone che avrebbero dovuto essere lì con noi, e che invece sono dovute andare via molto prima del previsto.

Altri pensieri, uno in particolare sapete quale sia, si affacciavano di tanto in tanto, ma la vacanza è stata talmente vacanza in senso letterale, che riuscivo ad allontanarli, spostandoli più in là, un poco più in là, dove ora mi aspettano. 


Come una funambola

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