Archive for the 'Poesia' Category

Di poesia, di amicizia e di parole riparatorie

Marta, una delle mie amiche storiche, ha pubblicato un libro di poesie molto belle, che ha presentato qualche giorno fa in una libreria romana.

Se non fossimo state amiche non avrei conosciuto Sten, visto che stavano insieme quando io e lei abbiamo iniziato a frequentarci ritrovandoci a seguire lo stesso corso universitario, Estetica per la precisione, dopo gli anni di militanza politica che però non ci aveva mai troppo avvicinate.

La Critica del giudizio di Kant e le preziose lezioni del professor Garroni sono state galeotte per la nostra amicizia, nutrita da un ritiro di studio prima dell’esame e poi un pezzo di vacanza a Creta, lei con Sten ed io con il mio fidanzato dell’epoca.

Quando poi ci siamo assestate lei con il suo futuro marito e poco dopo io con il suo ex, siamo riuscite a tenere salda la nostra amicizia, diventata in breve tempo anche quella delle nostre famigliette che si stavano costruendo.

La prima figlia di Marta è nata un anno prima di Lula, la seconda sei mesi dopo, e così siamo state per un periodo tutte e due incinte, lei però con un’esperienza in più.

Marta era l’unica amica che avevo ad avere già una figlia: dopo avermi dato tanti consigli prima della nascita di Lula, è stata preziosa anche dopo, quando stravolta dalla depressione post-partum la chiamavo alle 7 del mattino per chiederle le cose più stravaganti. Lei si precipitava da me, insieme alla sua piccola Alice e al pancione di Chiara che cresceva, nonostante la fatica della gravidanza. Mi obbligava a uscire di casa, all’epoca abitavamo a due passi da Villa Pamphili, per andare a passeggiare tutte insieme al parco.

Dopo pochi mesi non doveva più obbligarmi, e la villa era la nostra seconda casa, con le bimbe che erano diventate tre piccole amiche, e anno dopo anno crescevano insieme.

Anche qui, in questo blog, nei momenti difficili ogni tanto ho scritto della sua presenza, magari per distrarre Lula mentre dovevo fare una visita importante, o per aiutarmi a renderle la vita più serena.

Quando Marta ha avuto una terza figlia le altre erano ormai erano grandi, così i ritmi di vita, e pure la distanza (già da tempo non abitavamo più vicine), hanno reso più complicata la consuetudine degli incontri a cui eravamo abituate.

Cambiamenti, anche radicali, che avrebbero richiesto più vicinanza e tempi lunghi, lenti, accoglienti.

Ma nonostante tutto sapevo, sapevamo, che certi legami e certe amicizie possono trasformarsi, aggrovigliarsi un po’, o tendersi fino a farsi sottili filamenti che però resistono. Resistono.

Così, mesi fa Marta, proprio dopo una passeggiata alla nostra villa del cuore, insieme a Sten e al suo nuovo compagno, mi ha detto che aveva scritto delle poesie e un editore gliele avrebbe pubblicate. Era felice, come non la vedevo da tempo.

Poi un giorno è venuta a casa a portarci una copia di Innesti, dedicata a me e a Sten, e finalmente, tutto d’un fiato, ho letto i suoi versi.

Anche per lei la parola, la scrittura, ha rappresentato (rappresenta, credo) anche un mezzo per riparare l’infranto, ricucire ferite, imparare a dare un senso a quello che ci accade e che accade attorno a noi.

Versi illuminanti e densi, sostenuti da una scrittura lavorata con cura.

Visto che questo blog è nato come magazzino dell’anima voglio citare questi:

Verso sera

Ecco. Infine, tutto si ricompone,

la luce con l’ombra,

il silenzio con l’ascolto.

Dall’ora dorata all’ultimo orizzonte

lo sguardo lava ogni pensiero,

tutto converge.

Si rincasa nell’anima

sul ciglio del mondo.

(Marta Paloscia, da Innesti, Nolica, 2023)

Parole in libera uscita

Ti ho incontrato a piedi nudi nel parco.

Ti ho lasciato sulla strada sterrata.

Nascono le viole da una folata di piena estate.

Da quando non ho più la voce, il mondo mi sfugge.

Ricorda quando la vita grondava tempo e il tempo prometteva vita.

Ricorda.

Immagina d’immaginare l’inimmaginabile, e costruiscilo.

Una carezza, uno sguardo, il tono di voce che cambia improvvisamente. Il silenzio mentre respiri.

So Hum, io sono quella che sono.

Inspira, espira, trattieni, libera, esplora, raccogli, dona, ama, lotta, fai pace, ridi, piangi, cresci, cambia, resta come sei.

Dimentica il dimenticabile, e abbi cura di te.

[esperimento di scrittura automatica, in cinque minuti, con minime correzioni]

I vent’anni di Lula (e di Esterina)

“Mamma, ho perso l’aereo”… Poi ne ha preso un altro e oggi abbiamo potuto festeggiare in famiglia i vent’anni di Lula, compiuti il 1 dicembre mentre era Londra con un’amica, lontana da noi per la prima volta da quando è nata.

A mia sorella Cris è venuta in mente la poesia Falsetto di Montale, che ha letto a sua nipote, commuovendosi, e ha poi riletto ancora per tutti noi:
 
Esterina, i vent’anni ti minacciano,
grigiorosea nube
che a poco a poco in sé ti chiude.
Ciò intendi e non paventi.
Sommersa ti vedremo
nella fumea che il vento
lacera o addensa, violento.
Poi dal flotto di cenere uscirai
adusta più che mai,
proteso a un’avventura più lontana
l’intento viso che assembra l’arciera Diana.
Salgono i venti autunni,
t’avviluppano andate primavere;
ecco per te rintocca
un presagio nell’elisie sfere.
Un suono non ti renda
qual d’incrinata brocca
percossa!; io prego sia
per te concerto ineffabile
di sonagliere.
 
La dubbia dimane non t’impaura.
Leggiadra ti distendi
sullo scoglio lucente di sale
e al sole bruci le membra.
Ricordi la lucertola
ferma sul masso brullo;
te insidia giovinezza,
quella il lacciòlo d’erba del fanciullo.
L’acqua è la forza che ti tempra,
nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi:
noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo,
come un’equorea creatura
che la salsedine non intacca
ma torna al lito più pura.
 
Hai ben ragione tu! Non turbare
di ubbie il sorridente presente.
La tua gaiezza impegna già il futuro
ed un crollar di spalle
dirocca i fortilizi
del tuo domani oscuro.
T’alzi e t’avanzi sul ponticello
esiguo, sopra il gorgo che stride:
il tuo profìlo s’incide
contro uno sfondo di perla.
Esiti a sommo del tremulo asse,
poi ridi, e come spiccata da un vento
t’abbatti fra le braccia
del tuo divino amico che t’afferra.
 
Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra.

Sì, tuffati nel mare del futuro, Lula, e abbatti gli ostacoli “con un crollar di spalle”. Io, più che restare a terra, voglio ridere con te mentre spicchi il volo.

Ho bisogno di poesia

“[…]Ho bisogno di sentimenti,

di parole, di parole scelte sapientemente,

di fiori detti pensieri,

di rose dette presenze,

di sogni che abitino gli alberi,

di canzoni che facciano danzare le statue,

di stelle che mormorino all’ orecchio degli amanti.

ho bisogno di poesia,

questa magia che brucia la pesantezza delle parole,

che risveglia le emozioni e dà colori nuovi. […]

Alda Merini (da La volpe e il sipario)

Ho nostalgia di questo luogo, della consuetudine svanita a raccontare di me e assecondare il bisogno profondo di specchiarmi nelle parole e da qui ripercorre poi i fili intrecciati nella trama dell’esistenza.

Un modo allora inconsueto di trovare conforto e nutrimento per l’anima, esibire e nascondere con il giusto equilibrio, provare la sensazione nuova di essere compresa e conosciuta da estranei, lettrici e lettori che grazie a questa magia, sì, la magia che ci permette di raccontare al mondo intero quello che vogliamo, leggeranno tra poco queste parole.

Come ora, che la gatta è accoccolata su di me, il muso poggiato sull’avambraccio sinistro, mentre scrivo. E scrivendo avverto la vibrazione delle fusa, mentre le dita sfiorano i tasti con un tocco leggero per comporre queste frasi.

Un pomeriggio tranquillo, dopo il pranzo domenicale di famiglia, il cambio di stagione, se è vero che la stagione è cambiata dopo una lunga estate che pareva non finire mai.

Tra pochi giorni un viaggio a Budapest per festeggiare un compleanno importante di Sten, anche lui una cifra tonda, com’è stata la mia a maggio, come sarà quella di Lula a dicembre.

Anche per lei un viaggio, anche lei, la mia Lula ormai grande e diversa da come la raccontavo qui, Lula bambina.

 

 

Dubito, ergo (una poesia prima di andare a dormire)

Un giorno,

di notte,

rapita da un dubbio che non mi dava tregua,

ho annusato il silenzio

e masticato il vuoto.

Quando gli ho sputato addosso

il grumo di parole

avanzate a quel banchetto

il dubbio s’è dissolto

e io ero più sazia.

 

poetica-mente

Dopo tanto tempo ho scritto una poesia. Di getto, sollecitata dalla redazione di Uno sguardo al femminile che ha lanciato un concorso che si chiude il 3 aprile.

Avevo appena letto queste parole di Antonio Tabucchi, tratte dalle email che scriveva a un giovane scrittore, Paolo di Paolo, e pubblicate in parte oggi su Repubblica: ‎”Una volta alla settimana chiuditi in camera tua, stacca il telefono e mettiti a fissare il muro per un pomeriggio. Senza fare nient’altro che fissare il muro. È un’ottima scuola di scrittura.”

Invece di andare a guardare il muro ho guardato dentro di me, e sono riuscita a tirar fuori le parole che sentivo giuste, le ho composte sulla pagina assegnando a ciascuna un compito, valorizzandole con spazi e a capo.

Fissando il muro dell’anima ho visto qualche crepa, che ho cercato di stuccare con le parole.

 


Come una funambola

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