Posts Tagged 'politica'

Sarebbe bello

L’ultimo post che ho scritto risale a oltre due mesi fa. Nel frattempo sembra proprio che la brutta, bruttissima, parentesi disumana che ha caratterizzato la politica del governo italiano si stia chiudendo. In modo inatteso, se non incredibile, il gradasso troppo impegnato a fare selfie con le masse adoranti, dirette facebook prima, durante e dopo i pasti, chiudere porti e avvelenare il sentire comune, ha sfiduciato il suo alleato e invocato “pieni poteri”, nuove elezioni per andare all’incasso di un consenso che evidentemente gli ha dato alla testa.

E però, per fortuna, esiste ancora la democrazia parlamentare, la nostra bella Costituzione, e un briciolo di buon senso in chi aveva ceduto all’abbraccio letale e in chi, comprensibilmente, avrebbe preferito prima riconquistare l’elettorato perduto.

Ci sono momenti nella storia di un Paese in cui compiere una determinata scelta politica, anche dolorosa, piuttosto che un altra, può incidere non tanto nell’immediato, quanto nei decenni futuri. Ecco, io credo che aver impedito quella che sembrava l’inarrestabile ascesa di un potere eversivo e fascista sia stata una buona ragione per ingoiare un rospetto. Che poi, vai a saperlo, magari si trasforma in un principe. O meglio, in una principessa capace di trasformare il mondo.

 

Di mammografie, diagnosi precoce, e delle insopportabili uscite di Grillo

Ci ho pensato molto, prima di scrivere questo post sulla pessima uscita di Grillo contro Veronesi e contro l’eccesso di prescrizioni di mammografie che, secondo il nuovo genio comico dell’oncologia italiana, non servono, se non per biechi interessi, in particolare di Veronesi.  Poi, per metterci una pezza, ha dichiarato che non intendeva dire che la mammografia non serve, ma che può dare falsi risultati positivi inutilmente allarmanti, e che ce l’aveva con chi pensa che fare la mammografia previene il cancro al seno. Ah sì? C’è qualcuno che pensa questo?

Dunque, sì, ‘sto post lo devo proprio scrivere, anche se ovviamente ci sono state già tante repliche, come questa http://www.wired.it/scienza/medicina/2015/05/11/grillo-efficacia-mammografia-tumore-seno/, a cui volentieri rimando per approfondire gli aspetti più propriamente scientifici.

Il fatto è che bisogna sempre fare chiarezza su questo tema, perché stiamo parlando di cose serie, di messaggi che non devono proprio passare, di cialtronerie che un uomo pubblico non può permettersi di comunicare.

Prima di tutto, signor Grillo, credo che nessuna donna che si sottopone a mammografia possa credere che in questo modo eviterà di avere il cancro. E nessuno ci ha mai indotte a pensare questo. Caso mai è esattamente l’opposto. La mammografia serve a scoprire se si ha un tumore, anche in fase iniziale, quando altri strumenti diagnostici meno invasivi come l’ecografia, o la semplice palpazione, possono non essere sufficienti a individuare un piccolissimo maledettissimo nodulo. Scoprire questo significa fare diagnosi precoce, quindi aumentare enormemente la possibilità di curare il cancro e guarire.

Ma so che a Grillo questa storia degli screening oncologici proprio non va giù, infatti anni fa ho pescato nel programma del M5S questa roba qui: “Informare sulla prevenzione primaria (alimentazione sana, attività fisica, astensione dal fumo) e sui limiti della prevenzione secondaria (screening, diagnosi precoce, medicina predittiva), ridimensionandone la portata, perché spesso risponde a logiche commerciali

Grillo quindi sta continuando in maniera assolutamente coerente a perseguire l’obbiettivo di ridimensionare il valore della “prevenzione secondaria” – screening e diagnosi precoce – “perché spesso risponde a logiche commerciali.”

Ma lui lo sa quante persone hanno scoperto e curato tumori proprio grazie agli screening gratuiti che vengono offerti dalle Regioni? Lo sa che, piuttosto, bisognerebbe permettere anche alle più giovani di potersi controllare gratuitamente, perché sono tante, troppe, le donne sotto i quarantacinque anni che non hanno potuto avere una diagnosi precoce, e per questo sono morte?

Se la mia diagnosi, nel 1999, fosse stata precoce, probabilmente dopo sei anni non avrei avuto due metastasi al fegato. E se quelle metastasi non fossero state avvistate in tempo, grazie a quella che invece, per fortuna, è stata una diagnosi assai precoce, probabilmente ora sarei morta.

E quindi, Grillo, le consiglio di cambiare il vostro ridicolo programma sulla salute, e smettere di andare in giro a straparlare su cose tanto importanti, di cui lei, evidentemente, non sa proprio niente.

Il termine “prevenzione”, certo, può generare qualche confusione. Ma le assicuro che le persone intelligenti sanno benissimo che uno stile di vita sana può impedire l’insorgere di molte malattie, anche il cancro. Ma se la malattia c’è, e silenziosa inizia a divorare il corpo, bisogna stanarla. E poi curarla.

Preferisco che si facciano troppe mammografie, piuttosto che troppo poche.

Preferisco che qualcuna si prenda uno spavento inutile, ma qualcun’altra si salvi la vita.

E gli interessi economici sono ovunque. Perché, lei, signor Grillo, non li ha?

Non è stata la fine del mondo

Non è stata la fine del mondo. La terra continua a girare, e l’umanità non ha smesso di esistere a causa di un cataclisma, un’invasione aliena o per l’ennesima discesa in campo di un Berlusconi patetico e furioso. Quest’ultimo evento purtroppo è accaduto davvero, e ci toccheranno ancora due mesi che c’eravamo illusi di non dover mai più rivivere: bugie, promesse, contraddizioni, maschere di cerone e moquette rossiccia.

I Maya forse se la ridono, anzi no, i discendenti zapatisti del Chiapas sono molto incazzati, e il 21 dicembre hanno manifestato silenziosamente per ricordare il massacro di Acteal avvenuto 15 anni fa.

Il mondo avrebbe davvero tanto bisogno di un cambiamento epocale, come il nostro Paese, che per la prima volta vivrà una campagna elettorale politica d’inverno. Chissà, magari a mente fresca gli italiani voteranno meglio, senza farsi infinocchiare dalle solite promesse populiste o dal nuovo fascino del rigore montiano.

Io non sono credente e ammetto senza vergogna che il Natale lo subisco, più che viverlo. Ogni anno mi riprometto di trascorrerlo che so, magari viaggiando, o semplicemente facendo qualcosa di diverso, tanto per cambiare. Alla fine la tradizione ha il sopravvento, faccio l’albero, mi riduco all’ultimo momento per i pochi regali previsti, penso al menu della vigilia e mi preparo al pranzo del 25. Appena mi fermo arrivano gran botte di nostalgia per chi non c’è più, non c’è più, non c’è più.

L’unico augurio che mi sento di fare a chi passerà da queste parti è di poter stare accanto a chi si vuole bene e di riposarsi dalle fatiche di quest’anno che è stato duro per tutti, ma per alcuni durissimo.

Le primarie, Nichi e un ballottaggio rassegnato

Questo post lo scrivo e lo riscrivo da un paio di giorni. Faccio fatica a concluderlo, a non considerare le mie parole troppo retoriche, o solo drammaticamente ingenue. In vista delle primarie si era riaccesa la mia passione politica e, convinta come di rado negli ultimi anni mi è capitato di essere, ho sostenuto e votato Nichi Vendola. Sono una donna di sinistra, e nei momenti più scuri e melmosi di questi decenni berlusconiani, legaioli e postfascisti, mi sono chiesta con sgomento come fosse stato possibile arrivare a tanto degrado politico e culturale, nel senso più vasto del termine. E mi sono costantemente risposta che mancava una sinistra forte, coerente, capace di mantenere salde le radici e lasciar crescere germogli nuovi su rami robusti. Una sinistra orgogliosa di esserlo e capace di vincere. Ecco, Nichi – lo chiamo per nome, anche perché per me lui è ancora il compagno della FGCI del 1985 – ha incarnato e incarna proprio questa sinistra qua, e i suoi otto anni in Puglia sono un esempio di  buongoverno degli anni duemila. Almeno è quello che mi dicono tanti pugliesi, e non solo quelli che lo votarono per il primo mandato.

Ma insomma, lui, come era previsto e prevedibile, ha perso, e io, romantica e ingenua come sono, a un certo punto ho davvero creduto che riuscisse a ripetere il miracolo compiuto in Puglia, andare lui al ballottaggio, contro tutti i pronostici e contro l’apparato del PD. Ma sì, certo, era praticamente impossibile: “a mani nude contro due giganti”, ha detto commentando i primi risultati. Qualcuno non lo ha votato per paura che vincesse Renzi al primo turno, altri perché convinti che non sarebbe mai potuto diventare Presidente del consiglio un comunista gay con la zeppola e l’orecchino. Altri ancora, immagino, perché durante il dibattito con gli altri candidati ha citato il cardinal Martini come personaggio di riferimento. Pure io mi sono arrabbiata un  bel po’, mi aspettavo Berlinguer, o Pasolini. Ma nel format con risposte di un minuto e mezzo non c’era spazio per il suo stile narrativo, per il suo linguaggio ricco per parlare di cose concrete come lavoro, diritti, precarietà. E l’ho perdonato.

Domenica tornerò a votare, senza entusiasmo ma senza esitazione, per Bersani. Renzi ha attratto e attrae molti elettori di destra, orfani di Berlusconi. E questo deve significare qualcosa, per esempio che le idee di Renzi piacciono a chi non si è mai sognato di votare il centrosinistra. Ergo, queste idee non possono piacere anche a me. Il centrosinistra deve recuperare gli elettori delusi e disgustati di sinistra e di centrosinistra, quelli tentati da Grillo, quelli che hanno votato convinti Pisapia a Milano, e De Magistris a Napoli e che alle politiche potrebbero astenersi. La sinistra deve attrarre il suo elettorato, perché quando non si vergogna di se stessa riesca a farlo benissimo.

Bersani avrà il mio voto, e immagino quello di molti altri sostenitori di Nichi. Ma vorrei che questi nostri voti pesassero davvero, e che la smettesse di inseguire l’abbraccio con Casini e le banderuole di centro. Perché l’unica battuta di Renzi che mi ha convinto è stata questa: “di Casini ne abbiamo già tanti.”

 

Lei che è un’esperta…

Sono qui. Il periodo è quello che è, fuori, dentro, accanto. Strage di pacifisti, disastro ecologico, manovra economica che peserà sulle spalle – come ti sbagli – delle persone come me, che vivono del loro stipendio statale e dei giovani precari, schifosissima legge-bavaglio sulle intercettazioni. Ma certo. Dove mi giro c'è da prendere un muro a testate. Ma devo mantenermi lucida e alimentare le riserve di energia e coraggio mie e di chi in questo momento ne ha un dannato bisogno. Perché se la vita pubblica è un disastro, quella personale è ancora più complicata. Continuo a dovermi censurare, ma rischio di farmi ancora più male se non mi lascio andare qui, almeno un poco e senza entrare in dettagli.

Ormai vengo guardata con ammirazione per le competenze oncologiche e di sostegno complementare che dimostro nei momenti clou: visite, esami, letture di referti, diagnosi e piani di battaglia del dottor Zeta. E l'altra settimana mi sono accorta che con una buona metà del reparto oncoematologico del Nuovo Regina Margherita ci salutiamo amichevolmente e con affetto, grazie anche al passato impegno, purtroppo fallito, per scongiurare la chiusura del San Giacomo o ottenerne la riapertura: il dottor Esse, la caposala Anna, l'infermiera Giovanna, la dottoressa Effe. E Zeta, vabbè, inutile dirlo. Così domani, proprio domani, anche se io non ci sarò, so che il nuovo paziente si sentirà in territorio amico, pronto a combattere la sua battaglia sostenuto nel modo migliore.

Ieri, che ha avuto una brutta giornata, mi ha sussurrato "grazie per tutto quello che fai". E invece a me sembra di non riuscire a fare abbastanza perché, come già sapevo, sul male che colpisce gli altri non abbiamo lo stesso potere che abbiamo su quello che si forma dentro di noi.
 

Scrivo, cancello e riscrivo

Scrivo, cancello. Riscrivo, cancello ancora. Salvo un file ripromettendomi di continuare a mente fredda le prime frasi rabbiose che ho buttato giù. Mi dico: è Pasqua. Forse non è di buon gusto attaccare le posizioni ufficiali della Chiesa cattolica proprio oggi. Ma la Chiesa cattolica non si è preoccupata se fosse opportuno e di buon gusto entrare a gamba tesa in campagna elettorale, e fare il battimani quando i vincitori ossequienti hanno strillato che avrebbero lasciato marcire un farmaco approvato dallo Stato italiano da utilizzare – sotto stretto controllo medico – come mezzo abortivo alternativo alla chirurgia. Qualcuno delle gerarchie cattoliche ha addirittura invitato a disubbidire leggi ingiuste. E l'introduzione del reato di clandestinità non è una legge ingiusta? Scrivo, cancello, riscrivo. Ma sono troppo indignata, offesa. Possibile che in questo Paese certi diritti e certe conquiste civili debbano essere continuamente messe in discussione? Possibile che sia così difficile ammettere che l'aborto non può essere vietato – ci sarà sempre, c'è sempre stato, clandestinamente provocava molti più danni e pericoli per la salute e la vita delle donne? Anche un bambino delle elementari a cui si faccia uno straccio di educazione sessuale capirebbe che se si vogliono diminuire gli aborti – e specialmente le donne vorrebbero non dover mai essere messe nelle condizioni di fare una scelta così dolorosa, dolorosissima, sia che avvenga per mezzo chirurgico che attraverso sostanze chimiche – prima di tutto bisogna non demonizzare la contraccezione, anzi diffonderla, e non demonizzare la pillola del giorno dopo, che è uno straordinario mezzo per evitare un aborto in casi di emergenza (una violenza sessuale, un preservativo rotto, un ripensamento dopo un rapporto sessuale consenziente non protetto, tanto per fare degli esempi concreti in cui dovrebbe essere normale poter utilizzare una cosa che non è né un contraccettivo e nemmeno una pratica abortiva).  
Ma no, si diffonde l'obiezione di coscienza, i farmacisti si rifiutano di vendere le pillole del giorno dopo, i neoeletti presidenti di Regioni si trasformano in crociati della Chiesa.
Ieri in un articolo su Repubblica Veronesi ha scritto che "Togliere a una donna la possibilità di interrompere la gravidanza farmacologicamente, invece che chirurgicamente, è solo una inutile punizione fisica. Il quadro che ne deriverebbe è che le donne meno informate, meno abbienti e che si ritrovano nelle situazioni più tragiche (pensiamo a chi è vittima di violenza sessuale) subiranno un intervento chirurgico evitabile, mentre quelle più colte e con maggiori mezzi finanziari si rivolgeranno ad altre regioni o alle cliniche private, magari all' estero. Il rischio è inoltre che si crei un "mercato nero" della pillola. Rinunciare alla maternità è una scelta non solo drammatica, ma che fa paura e la paura ci fa facilmente cadere in balìa di chiunque ci prometta di liberarci in fretta dai nostri spettri."

Leggo queste parole, e tante altre. Scrivo, cancello e riscrivo. Non voglio cancellare più. Ecco, in questa settimana si è visto che non è del tutto indifferente chi vince le elezioni. Non sono tutti uguali. C'è chi pensa di calpestare leggi, diritti e soprattutto i sempre maltrattati corpi delle donne. E chi no.

 

Sproloquio politico emotivo dopo la batosta

Mi piacerebbe scrivere un bel commento politico alle elezioni. Politico e sentimentale, non perché sia sensibile all'ennesima berlusconata del partito dell'ammmore. Piuttosto sono convinta della necessità di cominciare a innaffiare le pianticelle della sinistra – di ulivi e querce mi pare non si possa più parlare – anche con le emozioni e la passione, come insegna la straordinaria lezione di Nichi Vendola da quella terra dove molti di noi oggi vorrebbero rifugiarsi. I ragionamenti vanno fatti, ci mancherebbe. Ma senza ridurli a calcolo, peggio se calcolo di potere personale e non di vantaggio collettivo.
Tanto se non lo si fa a sinistra saranno altri a fertilizzare partiti e consenso con sentimenti di segno opposto che stanno dilagando, insieme alla Lega. 
Rifletto, ripenso, mi ricordo quanto ero arrabbiata pochi mesi fa. Mi dicevo che se Marrazzo non fosse stato travolto dallo scandalo trans non ce l'avrei fatta ad andarlo a votare di nuovo. Chiudendo l'ospedale San Giacomo in quel modo che qui più volte ho raccontato ha alimentato un'avversione nei suoi confronti  e nell'insieme della sua giunta che secondo me, almeno in una piccola percentuale, ieri ha pesato. 
Mi ricordo che aspettavo una candidatura coraggiosa da parte del PD, magari con Rosy Bindi, oppure con Zingaretti, che però aveva da portare avanti il suo mandato alla Provincia di Roma. E invece niente, nessun coraggio, salvo accettare l'autocandidatura di Emma Bonino e farla propria. Un rischio, più che un atto di coraggio.
D'accordo, la campagna elettorale è stata falsata dai pasticci del PDL romano e dagli atti scellerati compiuti per rimediare, c'è stata l'abolizione delle trasmissioni televisive di approfondimento e l'impazzare dei tg minzoliani o padronali. E l'inchiesta di Trani sulle pressioni di Berlusconi per cancellare i programmi a lui sgraditi? Quanti elettori di destra sono stati scandalizzati da quelle intercettazioni – non perché ci fossero state ma per il loro contenuto? Temo non molti. Alla fine c'è stata l'adunata di piazza San Giovanni, la moltiplicazione da icona pop di Berlusconi in tutte le televisioni e io che, scioccamente, mi dicevo che quelle poche migliaia di persone mediamente anzianotte reclutate per l'occasione erano un segno della imminente sconfitta. E mi dicevo pure che i giovani la televisione non la guardano, c'è la rete, i viola nati su facebook,si nutrono d'informazione libera e questi giovani saranno il vento che spazzerà via il fetore di regime mediatico. 
Però dimenticavo che questo non è un paese per giovani. Che questo è un paese vecchio, e che ancora la maggioranza degli italiani si forma le proprie opinioni politiche guardando i tg minzoliniani e padronali.
Dimenticavo, soprattutto, che questo è il paese dove non c'è più un partito di massa di sinistra, "radicato nel territorio", come si diceva molti anni fa e come dice ora, di nuovo, la Lega. Il Partito Democratico la smettesse di rincorrere un ipotetico centro, di predicare la moderazione, di cercare di strappar voti a chi i suoi partiti moderati, conservatori, filoclericali già ce li ha. Provasse a far pace con la parola sinistra e radicalità, provasse a ricominciare a sporcarsi le mani nella realtà senza perdere i valori, provasse ad anticipare e non ad arrancare dietro bisogni che inevitabilmente altri riescono poi a soddisfare, in modi magari assai discutibili. Allora sarà possibile anche avere un sogno da inseguire, e trovare le parole giuste per raccontare un'altra storia.
 

In bilico

Aspettando i risultati elettorali nel Lazio, troppo in ansia per riuscire a scrivere qualcosa.

Piazza bella piazza

piazzadelpopolo

 La piazza dalle tante bandiere diverse, dalle voci molteplici e consonanti, dalle passioni forti e dalle intelligenze lucide. La piazza con le radici democratiche ben piantate nella terra, e le aspirazioni ideali puntate verso il futuro.
La piazza che vuole un Paese migliore, dove non si rida e si speculi sui terremoti, non si muoia sul lavoro, non si facciano leggi per salvare uno mentre il resto cola a picco. Un Paese dove il presidente del consiglio non faccia pressione sull'autorità di controllo per bloccare programmi televisivi sgraditi, e non cambi le regole per salvare chi le ha violate. Un Paese dove il direttore della prima rete pubblica nazionale non possa permettersi di occultare la realtà e raccontare solo quello che fa comodo al capo – presidente del consiglio e proprietario delle principali televisioni private. Un paese dove non si torni al nucleare e si cominci finalmente a investire sulle energie rinnovabili. Un Paese che non faccia a pezzi la scuola pubblica, l'università e la ricerca. Un Paese dove i cittadini eleggano i propri rappresentanti, per fare leggi d'interesse generale, che tutti devono rispettare e i magistrati applicare, dopo averle interpretate. Un Paese dove chi è inquisito non può essere eletto. Un Paese dove chi evade le tasse non viene premiato con lo scudo fiscale. Un Paese dove la protezione civile si occupa di emergenze e non di procurare appalti aggirando procedure trasparenti.  Un Paese il cui ministro della difesa non fa il buttafuori per conto del capo durante una conferenza stampa. Un Paese in cui i giornalisti raccontano la realtà, fanno domande al potere, e il potere risponde.
 La piazza, fatta di persone, giovani e meno giovani, lavoratori o licenziati, precari o pensionati, vuole un Paese accogliente con gli stranieri, solidale e di cui non doversi più vergognare.
Piazza bella piazza. Del Paese che vorrei.

Qui ad Atene…

Anche oggi, come ieri, sono andata in piazza a protestare contro il decreto salva liste. E' stato letto il discorso di Pericle agli Ateniesi e molti cittadini indignati hanno avuto la possibilità di prendere la parola. Un gran bell'esempio di democrazia e partecipazione che dovrebbe fare scuola. Sul palco è salito anche un magistrato di Cassazione che ha fatto il discorso più toccante e lucido esordendo con "se non ora quando?" Quando un magistrato potrà intervenire pubblicamente in difesa della legge che per mestiere deve applicare? Quando potrà ribellarsi, se non adesso, ai farneticanti attacchi ai formalismi come se forma e sostanza in democrazia non fossero spesso indispensabili l'una all'altra? Quando difendere il principio di legalità dall'abuso e dall'arbitrio, se non adesso?
Spero che sia chiaro per tutti che qui non si tratta di attaccarsi ai cavilli e che leggi e principi del diritto non sono giochetti da azzeccagarbugli, ma impalcature che se vanno in pezzi – come stanno andando – faranno crollare quel poco di vita civile che ancora esiste in questo paese. Non credo di essere eccessiva. Ma è ora di smetterla di accettare che giorno dopo giorno vengano smantellati pezzi di democrazia, pezzi di Costituzione, pezzi di Stato di diritto.


Come una funambola

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