In un cinema piccolo piccolo, il Dei piccoli di Villa Borghese, ieri ho visto un film grande, Agorà, che racconta la storia atroce e per molti aspetti attualissima della filosofa e matematica Ipazia, trucidata nel 415 d.C. dai monaci parabolani istigati dal vescovo di Alessandria Cirillo.
E’ un film bellissimo, sicuramente con qualche inesattezza o licenza rispetto alla verità storica, ma che rappresenta lucidamente quale spirale di violenza brutale sia stata innestata in nome delle religioni e quanto insanabile sia sempre stato il contrasto tra la libertà del pensiero e la verità dogmatica della fede. Quanto sia inconciliabile la scienza che ricerca criticamente le risposte alle domande della filosofia con il furore teologico che rende il dubbio una potenziale eresia.
“Voi non potete mettere in discussione quello in cui credete. Io devo.” Dice Ipazia a chi tenta di convincerla alla conversione.
Mettere e mettersi in discussione. Criticare il sistema tolemaico, per esempio. Sperimentare. Aprire la mente e nutrirla di ipotesi, confutazioni, scoperte e osservazioni.
Oh sì, questo film ci voleva. Bisognava ricordare che le donne erano scienziate, filosofe e matematiche, insegnavano e discutevano, prima di essere zittite per secoli e relegate al solo ruolo di madri – o di sante.
Ipazia, nostra martire laica.
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