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Ipazia

agora

In un cinema piccolo piccolo, il Dei piccoli di Villa Borghese, ieri ho visto un film grande, Agorà, che racconta la storia atroce e per molti aspetti attualissima della filosofa e matematica Ipazia, trucidata nel 415 d.C. dai monaci parabolani istigati dal vescovo di Alessandria Cirillo.

E’ un film bellissimo, sicuramente con qualche inesattezza o licenza rispetto alla verità storica, ma che rappresenta lucidamente quale spirale di violenza brutale sia stata innestata in nome delle religioni e quanto insanabile sia sempre stato il contrasto tra la libertà del pensiero e la verità dogmatica della fede. Quanto sia inconciliabile la scienza che ricerca criticamente le risposte alle domande della filosofia con il furore teologico che rende il dubbio una potenziale eresia.
“Voi non potete mettere in discussione quello in cui credete. Io devo.” Dice Ipazia a chi tenta di convincerla alla conversione.
Mettere e mettersi in discussione. Criticare il sistema tolemaico, per esempio. Sperimentare. Aprire la mente e nutrirla di ipotesi, confutazioni, scoperte e osservazioni.
Oh sì, questo film ci voleva. Bisognava ricordare che le donne erano scienziate,  filosofe e matematiche, insegnavano e discutevano, prima di essere zittite per secoli e relegate al solo ruolo di madri – o di sante.
Ipazia, nostra martire laica.

CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Oggi è la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne.
Dalle botte allo stupro, dall’infibulazione alla lapidazione, la violenza sulle donne continua ad essere esercitata ovunque, e nei modi più diversi.
Certo, proporsi di eliminarla sembra quasi una battuta.
Però.
Però è giusto che non ci si rassegni, che si sappia che non è accettabile prendere uno schiaffo da un fidanzato o da un marito, che denunciare una violenza sessuale significa impedirne altre, che le mutilazioni genitali impediscono il piacere della sessualità e che lapidare una donna per adulterio è semplicemente mostruoso e intollerabile.

“NON SONO UNA DONNA A SUA DISPOSIZIONE” ROSY BINDI

QUEST’UOMO OFFENDE NOI DONNE FERMIAMOLO

È ormai evidente che il corpo della donna  è diventato un’arma politica di capitale importanza, nella mano del Presidente del consiglio. È usato come  dispositivo di guerra contro la libera discussione, l’esercizio di critica, l’autonomia del pensiero. La donna come lui la vede e l’anela è avvenenza giovanile, seduzione fisica, ma in primissimo luogo è completa sottomissione al volere del capo. È lì per cantare con il capo, per fare eco al capo, per mettersi a disposizione del capo, come avviene nelle fiere promozionali o nei dispotismi retti sul culto della personalità. Le qualità giudicate utili per gli show pubblicitari si trasformano in doti politiche essenziali, producendo indecenti confusioni di genere: ubbidienza e avvenenza diventano l’indispensabile tirocinio per candidarsi a posti di massima responsabilità. Diventano il burqa gettato sul corpo femminile, per umiliarlo sulle scene televisive e tramutarlo in  arma che ferisce tutti  e tutto. Contro questa cretinizzazione delle donne, della democrazia, della politica stessa, protestiamo. Quest’uomo offende le donne e la democrazia. Fermiamolo.

Michela Marzano

Barbara Spinelli

Nadia Urbinati

(Firma l’appello su Repubblica)

 

8 MARZO

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Quest’anno non è un rito. E nemmeno quella squallida distorsione che vedeva ristoranti e pizzerie pieni di amiche in libera uscita. No no no. Figuriamoci, a un passo da piazza Navona, dove si concluderà la manifestazione indetta dalle donne del sindacato, ci sarà la manifestazione della lista Ferrara.

Niente mimose, per favore.

PUNTO G

Dottore… Già che ci siamo… Mi dà pure una controllatina al punto G?

E speriamo che non diventi occasione di nuove discriminazioni, o maschilizzazioni ("io ce l’ho più spesso", "sì ma io ce l’ho più grande…")

LE STREGHE SON TORNATE

Sul lungotevere era tutto bloccato, nemmeno sul due ruote riuscivamo a passare. Quando ho capito che quel casino doveva essere proprio per la manifestazione ho smesso di dare il tormento a Sten perché trovasse il varco per svicolare nel traffico. Ero contenta così, anche se avevamo fatto tardi. Infatti all’altezza di viale Trastevere c’era un blocco dei vigili, che obbligava ad attraversare il ponte. Noi invece abbiamo parcheggiato e proseguito verso il Ministero della salute. Il sit-in si stava trasformando in corteo non autorizzato, spontaneo e arrabbiatissimo. Ho incontrato subito mia madre con due sue amiche e mia sorella e mi sono unita a loro, quasi alla testa dell’improvvisato corteo. Sten ha preferito seguirci un po’ ai margini, perché “questa è la vostra manifestazione”. Aveva ragione, era bello che ci fosse anche qualche maschio solidale, ma le vere protagoniste della protesta dovevano essere le donne, donne di tutte le età che finalmente hanno reagito alle orrende provocazioni di questi tempi oscuri. Non mi era mai capitato di partecipare a un corteo non autorizzato, (Sten ogni tanto si avvicinava e mi diceva “se ci perdiamo di vista e vi mettono dentro telefonami…”), e mi sembrava così buffo farlo insieme a mia madre, a pochi metri dalla polizia schierata che via via arretrava ed era costretta a farci proseguire, nonostante il traffico bloccato e l’ira degli automobilisti. Però dalle finestre dei palazzi partivano gli applausi, e gli slogan del vecchio repertorio si alternavano a quelli che io e mia sorella ci siamo inventate per rinnovarlo, e indovinate un po’ chi era il nostro bersaglio preferito? Io e Sten però appena arrivati a Largo Argentina siamo dovuti tornare indietro, ed era proprio il momento di maggior tensione. E se mi caricano la mamma? Ma no, avevo visto il senatore Massimo Brutti e poi ho saputo che c’era anche Franca Rame a intercedere per evitare ulteriori tensioni.

Quando sono andata a prendere Lula ho detto a mia padre che siamo proprio toste noi femmine della famiglia. E lui mi sembrava orgoglioso.

 


Come una funambola

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