Domenica c’è stata la Race for the cure, e non ne ho parlato né ci sono andata. C’era il tacito accordo, tra noi romane, che quest’anno sarebbe stato troppo difficile, perché il pensiero sarebbe andato lì, alla Race del 2011, sotto al sole caldo insieme ad Anna Lisa, e ai nostri compagni, mariti, che si erano conosciuti la sera prima durante una cena indimenticabile.
Il pensiero è andato comunque lì, e ci va ora, a un anno esatto dal post nel quale raccontavo quel fine settimana felice. Felice per noi, felice per Anna Lisa e per Andrea.
Domenica non sono andata alla Race ma ho danzato per lei e per l’associazione, che grazie alle offerte di amici e parenti che sono venuti a vedere lo spettacolo ha incassato una bella cifra.
Nonostante il dolore per tutto quello che è successo in questo terribile fine settimana è stato bello vivere un’esperienza che avevo vissuto solo una volta, e tanto tempo fa. L’emozione di ballare su un palco, la confusione del dietro le quinte tanto da farmi dimenticare, a un certo punto, di rientrare in scena (eh, eh, meno male che il pubblico non poteva notarlo), la tensione del giorno prima, le prove generali, i camerini, l’attacco con Aretha Franklin, il gospel di Revelations, la coreografia scandita dalla voce roca del Boss, sbirciare in platea per riuscire a vedere parte dello spettacolo, tanti Beatles, Piazzolla, Duke Ellington, Frank Zappa, Benny Moré, Aquarius, Nina Simone e pure Don Backy. Bello, bellissimo.
Qualche giorno prima mi ero detta, ma chi me l’ha fatto fare? Troppa fatica, troppe prove, sarò ridicola. Ma come mi è venuto in mente di farmi coinvolgere?
Ora lo so. Perché fa bene al cuore.
[Danziamo, danziamo, altrimenti siamo perduti… Pina Bausch]
Il tempo vola davvero…
Un abbraccio.
OrsaLè
Un abbraccio a te,
Un abbraccio a te, in ripresa spero!
Non si poteva andare alla Race senza l’Annina, ma tu hai trovato un modo stupendo per ricordarla.
Non si poteva no. Mi sono riguardata le foto 😦
Ho letto il tuo post…ho i brividi lungo tutta la schiena. E’ vero, il tempo passa, ma la mancanza e il dolore restano. Tu…continua a ballare, l’Anna avrebbe adorato tutto questo. Se vedessi com’era brava sul palco!!!Una volta abbiamo persino interpretato “Aggiungi un posto a tavola”, lo sapevi?e tutte le volte che nella mia mente canticchio le canzoni che cantavamo insieme io la sua voce la sento che vibra dentro di me. E allora penso che …tutto sommato…non puo’ essere andata cosi’ lontano.
Ti abbraccio cara.
Con tanto affetto, IrenA
IrenA cara, immagino che fosse bravissima l’Annina. Ho visto alcune foto di scena… Bella e brava. La sua voce squillante risuona in tutti noi, e ci sprona a non farci abbattere dalla tristezza. Un bacio
Che bella iniziativa.
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Mi stavo dimenticando. Twitto di qua twitto di là, vado su google ma la poesia io non la trovo.
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http://www.unosguardoalfemminile.it/wordpress/poesie-2/il-guscio
Han fatto un breve flash ad un tg, (non ricordo quale, in verità) domenica, sulla Race e così ho avuto modo di spiegare a mio figlio di cosa si tratta……e inevitabilmente il pensiero è corso a Voi e ad Anna Lisa….ottima iniziativa lo spettacolo. Il mio “applauso” virtuale, a Te….
Quest’anno mi pare che ci fosse davvero tantissima gente alla Race, ho visto anche io le immagini al tg, era una marea rosa 🙂 QUando sono stata coinvolta per lo spettacolo ho deciso che sarebbe stata un’ottima occasione per far conoscere l’associazione, e mia sorella, mia madre e Sten sono stati bravissimi nella raccolta fondi!
Cara Giorgia è splendida.
Parole brevi e colme di significato.
Uno squarcio di vita pesante e sofferto.
“Il tempo che non assolve e non condanna, ma giudica ciò che è stato…..”,
Quello che io percepisco nei tuoi scritti è, non so come dire, è come se tu la malattia l’abbia girata e rigirata come un calzino. Provo a spiegarmi meglio, a parte il viverla con la caparbietà dell’avere sempre la conoscenza di quello che ti stava capitando in modo scientifico, sembra tu ne abbia studiato la parte psicologica. Non tanto la tua, ma la sua, quella del cancro.
Credo, penso, forse mi sbaglio, ma il tuo contatto con la malattia è per assurdo, “viscerale”, io leggo tra le righe una partecipazione, quasi una condivisione di percorso con il cancro.
Non solo nel senso che c’era e di conseguenza andava affrontato, e quindi volendo o no era una condivisione imposta, no tu sembra l’abbia studiato, capito senza troppo giustificarlo, ci mancherebbe pure, ma l’hai analizzato in ogni sua più piccola sfaccettatura.
Come tu sia riuscita a fare un lavoro del genere, per me è un mistero, ma provo che sia una gran bella cosa. Complimenti davvero un abbraccio
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