Un sogno. Prima una passeggiata lungo il sentiero del parco maremmano, una casa a picco sul mare, agitato e chiuso tra rocce impervie e minuscole baie sabbiose, simili a quelle dell’isolotto zanzibarino dove abbiamo soggiornato a giugno. Una bambina cade in acqua, la vedo sommersa dalle onde, e mi preparo a tuffarmi per salvarla. Ma lei, senza scomporsi, con poche eleganti bracciate si avvicina alla riva. Non ha bisogno di me. Dopo, in mare aperto, abbordo una barca a vela, arrampicandomi dal pulpito di prua. L’equipaggio mi accoglie e continua a conversare. Dai discorsi che fanno capisco che sono medici. “Sì”, confermano, “siamo medici. Oncologi, per essere precisi.” Toh, che coincidenza, dico io, e racconto la mia situazione. Loro mi ascoltano, continuando a veleggiare con tranquillità, e poi mi consigliano di andare all’estero, magari a Londra, dove sarò curata benissimo. “Ma no”, dico io, perplessa, “a Roma c’è il dottor Zeta, anche lui mi curerà benissimo.” E voi, mi chiedo svegliandomi senza agitazione, ma con un certo fastidio, che razza di medici siete se invitate la gente a farsi curare altrove?
Due giorni di condizione sospesa, con momenti di tensione rabbiosa, fatica, esplosioni violente. Questo è il momento dei problemi di comunicazione, e gestione delle relazioni con gli altri, che spesso non sanno come affrontarmi. Oppure sono io che apprezzo solo alcune modalità, il più delle volte proprie di chi ha già vissuto qualcosa del genere. Mi tocca arginare, spiegare, rassicurare, lasciar dire le cose che si dicono tanto per dire, lanciare occhiatacce per zittire chi vorrebbe parlare nel momento sbagliato (perché, continuo a ripetere, Lula ancora non sa, stiamo cercando di tenerla al riparo della tempesta, almeno finché sarà possibile), diventare aggressiva, spaventare Sten, programmare una chiacchierata con lo “psico”, abbandonarmi alla tristezza, precipitare giù, e poi risalire. Perché alla fine risalgo sempre. E la voce meravigliosa di Joni Mitchell (Blue), è stato un balsamo prezioso, e il cielo terso e freddo ha schiarito la mente, e una gran mangiata nel posto dove abbiamo festeggiato il nostro matrimonio, annaffiata da vino e risate, ha svagato allegramente i pensieri.
Musica, cielo, cibo buono, calore umano.
Brava, è così che si fa.
Sogno bellissimo e quella bambina sono sicura eri tu!
Scusa di tutte le “invasioni barbariche” é difficile anche chiederti, escono delle parole senza senso e mi sento tanto stupida ma sai cosa faccio la prossima volta che ti vedo ti do solo un lunghissimo bacio così capisci!!!! Cicci
Mela: sì, credo che si debba fare proprio così.
Cicci: ma io capisco tutto, basta uno sguardo. O parole al momento giusto, anche queste, adesso, vanno benissimo.
Ti penso,sei bravissima. Arriverai alla tua riva, direi anche con eleganti bracciate e un po’ d’acqua di mare nel naso. Baci yo-yo
cara, ieri abbiamo provato a telefonarci senza riuscirci! Non vorrei darti anche il peso delle telefonate, delle parole, forse hai voglia di un po’ di silenzio, di un po’ di tregua… ti penso in questo momento… G